Peschiera… un nome strano, singolare… che risulta insolito riscontrare nelle fonti storiche. Di cosa si tratta? Con queste brevi righe, ritorniamo indietro nel tempo, fino al XIII secolo, al primo codice medievale: le Costituzioni Melfitane. Emanate da Federico II nel 1231 a Melfi, in Basilicata, esse fissano per la prima volta i termini della sepoltura, della macellazione e della macerazione. Stabilisce quindi i modi precisi dei maceratoi che nel Salento malarico diventano peschiere per l’immissione di specie ittiche riservate alla tavola del potente del luogo, con funzione però insettifuga.
Il primo ecologista della Storia vive tra Melfi, Foggia e Lucera. Mentre prepara le basi dell’invasione di Costantinopoli costruendo un centinaio di castelli, attribuisce ai miasmi la fonte delle epidemie che devastano i suoi eserciti e combatte gli impaludamenti forzati.
Va ricordato che il commercio di canapa e lino sono Monopolio Imperiale e quindi nei pressi delle peschiere troviamo sempre le splendide costruzioni dei funzionari, ormai rimaneggiate.
Le grandi peschiere, enormi vasche scavate nella roccia, collettanee della Storia altomedievale del latifondo che nel Salento in qualche modo sopravvive, sono ormai quasi tutte scomparse, ma ne resta ancora qualcuna. Quella più interessante, che vediamo in queste foto, si trova a Minervino di Lecce. La più estesa invece a Lequile.
Mi pare ovvio, sfatando un antistorico luogo comune, essere riuscito a spiegarvi che hanno indiretta attinenza con i pesci ma che la loro funzione attinga solo ed esclusivamente alla macerazione delle piante legnose, regolamentata ben otto secoli fa da Federico II di Svevia.
Testo di Alberto Signore (Presidente dell’Associazione “Amici dei Menhir”, www.amicideimenhir.it).
Fotografie di Alessandro Romano.
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