E’ un patrimonio inestimabile, proprio perché non è stato stimato fino in fondo, quello che conserva Sava, nelle sue campagne, purtroppo trascurate da studi approfonditi, e di cui molto poco è venuto finora a galla, rivelando comunque tanta Storia, fra il lavoro delle comunità agricole e i devoti pellegrini che per secoli qui giungevano, in questa landa fertile in odore di santità.
Si, perché qui accadde anche un prodigio, un miracolo per i cristiani, una pietra caduta dal cielo che spezzò la catena di uno schiavo. Ma andiamo con ordine. Cominciamo questa passeggiata in una domenica di sole, a Sava, davanti appunto alla Cappella dello Schiavo…
…ci accompagna Gianfranco Mele, un savese che da sempre cerca di fare ordine nella ricerca sulla storia della sua Città. Qui siamo davanti ad una cappella il cui spazio retrostante è sempre stato murato: negli anni scorsi il muro venne abbattuto, e venne fuori questa pietra (che somiglia tanto al bethel di Zollino, che abbiamo visto recentemente)…
Fu posta qui tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000, in occasione di lavori di restauro, e fu asportata dai bordi di un terreno situato su una antica strada che collegava Pasano con le località Petrose e Bagnulu.
Certo, si trova lungo una via, questa che dalla cappella prosegue fuori città, verso gli antichi casali di Agliano e Pasano, che è stata frequentata da tempo immemorabile. Le mura della cappella conservano ancora le classiche croci dei pellegrini viandanti…
L’interno è piccolo e semplice, conserva un vano, sulla sinistra…
…dove è sempre stato conservato il masso caduto dal cielo… che ritroveremo più avanti!
Eccoci davanti al Santuario della Madonna di Pasano. Sorge sopra un’antichissima cripta, affrescata con pregevoli icone bizantine, che al momento ancora non si può visitare perché sono in corso i restauri. Il Santuario è stato più volte ristrutturato nei secoli. E’ legato alla storia di uno schiavo musulmano, acquistato a Otranto da un signorotto della zona, che in queste campagne lavorava le pietre, legato ad una catena di ferro. Passando davanti al Santuario, spossato e gravato da immane peso, si rivolse alla Madonna, implorandola di liberarlo da quella catena, ed in cambio si sarebbe fatto battezzare. Un masso cadde dal cielo e ruppe la catena…
… lo schiavo, incolume, fu liberato. Il masso del prodigio, con parte della catena, resta oggi conservato qui nel Santuario, non più nella Cappella.
E’ una vicenda che risale al 1605, testimoniata dal Vescovo di Oria Kalefati, che durante il 1700 consultò i documenti dell’epoca.
L’interno della chiesa è stato abbellito nei secoli dalle maestranze leccesi…
…ma l’opera più suggestiva è senz’altro l’icona bizantina posta sull’altare, realizzata su una lastra che era in origine nella cripta del primo tempio cristiano…
…è la Madonna Odegitria, “Colei che indica la Via”, ossia suo Figlio.
Partendo da questa chiesa, intorno, si può fare una suggestiva passeggiata nelle campagne, costellate degli elementi architettonici più disparati, riutilizzati e riciclati nella Storia, che qui vide muovere i passi delle genti secoli prima dell’Era Cristiana. Il famoso e possente muro che taglia queste campagne, noto come “Limitone, o paretone, dei Greci” forse altro non era che lo sbarramento dei popoli indigeni contro l’avanzare dei Greci di Taranto…
Qualche reperto interessante, venuto fuori da queste contrade, è giunto sui libri di storia, come quello pubblicato da Del Grifo, “Omaggio a Sava”, di Gaetano Pichierri.
In località Agliano esisteva un Santuario messapico dedicato alla Dea Demetra, culti che ci ricollegano alla non lontana Oria, ed al suo Santuario di Monte Papalucio…
Il paretone, però, divide gli storici. Per alcuni esso non è mai esistito, in quanto la sua lunghezza (avrebbe dovuto tagliare, secondo i sostenitori della muraglia medievale, il Salento dall’Adriatico allo Jonio, sarebbe stata dopo la Grande Muraglia Cinese ed il Vallo di Adriano in Scozia, la terza opera difensiva più possente della Storia) era effettivamente esorbitante. Ed in più, palesi tracce di una muraglia simile si sono trovate solo qui. Era solo, dunque, un’opera destinata a difendere i Messapi da questo versante, contro i Greci?
Interessante anche l’opinione che fosse invece una fortificazione d’epoca angioina, che correva lungo il limite dalla famosa foresta di Oria. Qui, vennero trovate delle monete, che risalgono proprio al periodo del Principato di Taranto…
…in particolare, delle monete di Roberto d’Angiò.
Il Casale di Pasano doveva essere molto ricco. Ancora oggi, in queste campagne, si può ammirare ogni sorta di “ricchezza” che ostentavano i possidenti dell’epoca. Qui siamo davanti ad una di quelle opere che ancora confondono circa il loro utilizzo: era una neviera? Quelle grandiose opere che per secoli conservarono la neve, in periodi storici decisamente più freddi, ed in cui si sviluppò un documentato commercio della neve in tutta la Terra d’Otranto. Oppure è una “semplice” cisterna d’acqua?
Qualunque cosa fosse doveva essere importantissima. Un omino graffito al suo ingresso, pare un uomo armato di lancia e scudo, sembra sorvegliare la struttura contro i malintenzionati.
L’interno è veramente grandioso! Lungo parecchi metri, ben foderato, ed ancora in discreto stato di conservazione.
Sull’esterno anche uno scudo, e croci graffite…
Tutto intorno, la zona è costellata di pozzi…
…scavati a regola d’arte, alcuni profondi. Sono la testimonianza di una grande disponibilità d’acqua…
… e di questo ce ne ricorderemo fra poco, nella scoperta finale…
Il Casale disponeva anche di una grande torre colombaia…
…anche questa ancora sorvegliata dal suo gagliardo omino graffito.
L’interno sembra veramente spettacolare, non è come le classiche colombaie.
Non lontano, una vasta e profonda fenditura nel terreno, ci apre davanti agli occhi la Grotta Grava-Palombara!…
L’ingresso è ripido, scavato ad arte nel banco roccioso…
…ci introduce in un mondo che non può non essere collegato in qualche modo ai culti che si svolgevano non lontano da qui, nei Santuari di Demetra e Dioniso…
La scalinata di accesso reca incise delle croci cristiane… ma questo indica solo il suo riutilizzo in epoca medievale…
E davanti a questo grande scenario, largo 16 metri e alto 6… ci vengono alla mente altre cavità, poste nei vicini territori di Erchie e Manduria…
…la Grotta dell’Annuziata (sopra, ad Erchie)… luogo che non è folle immaginare sito di culti messapici, e poi cristianizzato e divenuto chiesa-cripta nel periodo medievale, come dimostrano anche gli affreschi, che erano ben visibili fino a pochi anni fa…
…ma sopratutto, una grotta gemella… quella del celebre Fonte Pliniano, a Manduria, citato da Plinio il Vecchio nel secondo libro della sua Naturalis Historia…
Le somiglianze con la cavità di Manduria sono molte. A cominciare dalla sua pianta circolare, ed i suoi “sedili” esterni, che, scavati nella roccia, circumnavigano tutto il perimetro…
…e poi il lucernario, che si apre al centro.
In un dipinto di Giuseppe Pichierri che risale al 1974, si può vedere bene che al centro della grotta c’era anche il fonte! Con tutti i pozzi che abbiamo visto nei dintorni, non è difficile immaginare una fonte perenne, in questa grotta.
Ed in generale, camminando per questo ambiente, non si può non avvertire la stessa sensazione, di un luogo arcaico, di culti pagani, come si palpa a Manduria…
Sopra, vediamo un angolo della grotta, dove appare evidente un’altra opera di scavo, che si collega ad una piccola apertura del soffitto… a cosa serviva? Cosa si doveva calare, quaggiù?…
…lo scavo è veramente perfetto.
Dalle pareti affiora qualche fossile… la roccia è talmente friabile che sembra molto difficile aver potuto conservare delle iscrizioni che possano rivelare la sua origine messapica…
…magari un giorno, se ci sono, salteranno fuori! Intanto, lascio questo luogo monumentale pieno delle sue suggestioni. Cerco di trasmetterle, affinché la sua salvaguardia ed il suo studio, possa un giorno interessare gli storici e gli archeologi d’ogni dove!
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