Luogo simbolo del Salento ancestrale, crocevia di genti, popoli, culture diverse, che nei millenni l’hanno visitata con le loro imbarcazioni, la Grotta della Poesia (presso Roca vecchia, incantevole sito della marina di Melendugno) è uno di quegli angoli di questa terra che ne racchiude il senso più autentico, come sito d’incontro e luogo di culto, dove ancora oggi sono racchiuse le “voci” del passato.
Nel libro III dell’Eneide, Virgilio scrive di un luogo assai particolare, che in queste sue righe sembra riverberare, da quel tempo di miti ed eroi: “E di vèr l’Orïente un curvo seno in guisa d’arco, a cui di corda in vece sta d’un lungo macigno un dorso avanti, ove spumoso il mar percuote e frange. Ne’ suoi corni ha due scogli, anzi due torri, che con due braccia il mar dentro accogliendo, lo fa porto e l’asconde; e sovra al porto lunge dal lito è ‘l tempio.”
Questo è il luogo, sullo sfondo la successiva torre aragonese. In realtà si tratta di due grotte, chiamate Posia (dal greco, “sorgente d’acqua dolce”), note come grotte della Poesia. Queste ultime, in particolare, distanti circa 60 metri l’una dall’altra, sono delle cavità naturali, di cui è crollata la volta. L’acqua del mare giunge in ciascuna di esse attraverso un canale percorribile a nuoto. La più grande delle due ha una pianta ellittica larga circa 30 e 18 metri e distante dal mare aperto 30.
La Posia Piccola, invece, è larga 15 e 9 metri ed è un pò più distante dal mare. La sua notevole importanza in ambito archeologico è legata al rinvenimento, da parte dell’archeologo Cosimo Pagliara nel 1983, di iscrizioni messapiche, greche e latine, lungo tutte le pareti interne della grotta…
…uno studio meticoloso, con cui è stato possibile stabilire che la grotta fosse anticamente un luogo di culto del dio Taotor.
Non manca la classica figura della nave, a vela, che in quei tempi possiamo immaginare sovente darsi il cambio con innumerevoli altre imbarcazioni che costeggiavano questo litorale…
In questo suggestivo tempio naturale, in cui si ode solo il continuo frangersi delle onde assieme all’odore aspro del sale, il tempo si ferma, ed il respiro quasi si mozza in petto…
Una recente e preziosissima mostra archeologica all’interno del castello di Acaya, la dott.ssa Oronzina Malecore ha esposto anche i calchi di alcune di queste iscrizioni…
Non manca la croce cristiana, questo non fa altro che testimoniare come l’utilizzo di questo luogo (nel quale c’era anche una sorgente d’acqua dolce) si protrasse anche in epoca paleocristiana, e conservò la sua aura di “luogo sacro”…
Lo spettacolo della volta, minuziosamente incisa, con epigrafi che si intrecciano e si scavalcano, una sopra l’altra, lascia il capo sospeso in alto, la bocca aperta…
…sembra un tappeto di preghiere, un coro infinito che si alzava incessante, lanciato dai naviganti, che si affidavano alla divinità, affinché potessero avere una buona traversata in mare…
…un luogo che come pochi altri al mondo, oserei dire, si erge esso stesso come preghiera dell’uomo alla natura superiore…
Sopra la grotta, si intravedono i segni di altre strutture, ormai cancellate dal tempo… questo mare ne ha vista, di Storia! Trabocca negli occhi di quanti vengono qui, alla ricerca del loro passato.
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