Lo stemma di Trepuzzi mostra tre pozzi in bella evidenza, memoria lontana del primo insediamento agricolo che evidentemente era ben fornito di acqua. Quei tempi sono ormai lontani, era il 1190, quando re Tancredi divenne conte di Lecce e assegnò tutti i casali del suo contado al Vescovo di Lecce, che divenne anche pastore di Trepuzzi dopo la donazione.
Però la cittadina, e il suo territorio, che di solito non sortiscono interesse in chi la attraversa, offre diversi spunti di interesse agli appassionati di storia…
…anzitutto, mi è finalmente capitato di entrare in questa cappella, che essendo proprietà privata è sempre chiusa.
E’ dedicata a San Giuseppe Patriarca, di proprietà della famiglia Petrucci, risale alla seconda metà del XVII secolo. Dalla visita pastorale del 1680 del vescovo Pignatelli si evince che i lavori di costruzione iniziarono probabilmente prima del 1666 per volere del sacerdote Giuseppe Petrucci.
Questa cappella è legata ad un evento prodigioso, che la tradizione descrive come un vero e proprio miracolo operato dai Santi Medici…
…che soccorsero il sacerdote, che, caduto maldestramente dal tetto, non riportò alcuna ferita. La scena è raccontata da una tela custodita nella sagrestia alle spalle della chiesetta…
…una tela seicentesca, ricca di dettagli, che meriterebbe un sapiente restauro.
L’interno è ad una sola navata, coperta da una bella volta a botte lunettata. Custodisce due acquasantiere con decorazioni tipicamente barocche, due statue settecentesche, in cartapesta, di San Giuseppe e dei santi Medici.
L’altare è adorno della tela raffigurante il Sogno di San Giuseppe, opera firmata da P. Calavita e datata 1667.
All’esterno, sull’angolo sulla destra della facciata, si può ancora osservare il punto in cui crollarono, sotto il peso del sacerdote caduto, i conci del cornicione, che non furono mai più rimessi a posto.
Lungo la strada che porta verso la grande chiesa matrice, c’è invece un’altra cappella, molto graziosa…
…al suo interno, l’affresco della Madonna del latte…
…e, molto stranamente, in un reliquiario, alcune ossa dei Santi Martiri di Otranto. Non ho trovato ancora nessuno che mi sappia spiegare il loro percorso e la loro presenza, qui.
Trovo affascinante l’edicola monolitica che si trova all’uscita del paese, in direzione mare, quella che porta verso la grande chiesa di Cerrate…
…l’affresco del Crocifisso fa bella mostra di sé.
Nei dintorni, diverse masserie ci riportano al tempo passato di questa terra…
…di qualcuna non è rimasto nemmeno il nome, nei ricordi della gente, come questa nelle foto…
…purtroppo completamente abbandonata…
…le cisterne sono zeppe di rifiuti…
…le antiche cucine, divelte…
Eppure, ai suoi tempi era una casa ricca: qui, al piano superiore, questo affaccio ad arco è davvero imponente…
…il muro di recinzione è impastato col tipico bolo cinquecentesco…
All’esterno, lungo la via, una piccola cappella ha perso anche il suo affresco, purtroppo…
Non molto lontano, un’altra masseria…
…completamente circondata da enormi olivi monumentali…
Questi alberi, credo siano i più vecchi della zona…
…continuano a produrre, come da secoli e secoli, le loro olive, a dispetto del batterio che sta portando il disseccamento negli ultimi anni.
Molto interessante, la croce monolitica sistemata recentemente dalla ProLoco presso la chiesa di nuova costruzione…
La seicentesca cappella di Sant’Antonio abate, originariamente appartenente all’Ordine Costantiniano, ospita un pregevole affresco…
…ma il monastero di Sant’Elia è forse il luogo simbolo di questo scorcio della Valle della Cupa, zona abitata da antichissime comunità di monaci eremiti, che qui si insediarono in tempi indefiniti…
…anche sotto i Normanni, il luogo crebbe…
…fino poi ad essere completamente ridefinito dal barone di Campi, Luigi Maria Paladini, nel 1575, che favorì l’insediamento di una comunità di Cappuccini…
Il complesso è molto grande…
…ed al suo interno, nascosto sotto una botola, nasconde quella che sembra l’ultima testimonianza dei monaci che giunsero qui per primi: una cripta…
…un ambiente angusto, al quale è impossibile accedere, difficile anche da fotografare: si intuisce la presenza di diversi vani scavati nella parete rocciosa, dei loculi, che forse servivano da sedili…
Qui sopra, l’accesso del nuovo convento…
…ed uno dei suoi tanti ambienti, tutti sapientemente voltati…
Appena fuori il complesso, resiste un piccolo bosco di querce, quello che una volta da qui arrivava fino a Lecce (da Oria), e che pian piano fu abbattuto, a partire dai Normanni…
In questo bosco persistono alcune grotte, di cui alcuni abitanti anziani di Trepuzzi mi riferiscono fossero i luoghi delle loro avventure da ragazzini incoscienti, che qui venivano per le loro esplorazioni…
…oggi, il terreno cede, e non è consigliabile inoltrarsi lì dentro, anche per un matto come me!
Forse queste grotte, furono il primissimo rifugio dei monaci che giunsero qui, secoli fa.
Il tappeto di foglie di querce, l’aria sana che si respira, rende questo luogo un paradiso di serenità…
…tornando verso il monastero, si vedono altre tracce del lavoro che un tempo animava quest’amena contrada…
…rimasta in un atavico silenzio…
…che rende ancora più speciale, questo angolo incontaminato della valle…
…un luogo che raccomando, ai cercatori della pace e del tempo perduto.
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