“Lento all’ira” è un romanzo molto composito, un crogiolo di tutto ciò che ha incuriosito Alessandro Romano, e di tutto ciò che lui desidera, che ama, tutto ciò che lui è. In realtà io l’ho dovuto leggere due volte, c’è dentro tanto! Spazia dai simboli del mosaico di Otranto, per finire a masseria Mater Domini (Arnesano), per andare indietro ai Messapi, e per andare lontano, fra l’altro.
Perfino davanti all’immagine di un quadro del famoso paesaggista inglese ottocentesco John Constable. C’è veramente tutto! Provo a dare una definizione di questo libro: questo romanzo è il libro dei desideri. L’archeologo è lui, Alessandro. Probabilmente se fosse nato in un altro contesto, oggi avrebbe fatto quel mestiere! Perchè dentro di sè è curioso, rispettoso, e pieno di quell’impeto che ha dato a tutti i grandi archeologi del mondo la possibilità di scoprire cose nuove. Ha occhio, Alessandro. Insieme a lui ho cominciato 20 anni fa a fare documentari, ed ogni volta che ci capitava qualcosa di nuovo, io percepivo attraverso i suoi occhi quanto lui voleva sapere, di più. Poi tornava a casa e studiava. Questo è un libro studiato. Si capisce che il suo intimo desiderio era fare l’archeologo, e non è detto che non ce la farà, perchè Alessandro è capace di tutto. Io non avrei mai pensato di dover venire un giorno qui, a presentare un suo libro. Lui vuole fare conoscere agli altri non quello che lui conosce perché vuol darsi le arie, o perché vuol far vedere di sapere. Lui, siccome gode molto a conoscere queste cose, vuole fare godere gli altri. E allora lui utilizza degli stratagemmi che sono propri di chi ha studiato scrittura, lui non ha studiato scrittura però utilizza le cose che ti insegnano ai corsi di scrittura. Lo stratagemma letterario che Alessandro utilizza per spaziare ancora di più (rispetto all’epoca in cui è ambientato il romanzo, nel Salento dell’ultimo trentennio dell’Ottocento) sono le doti medianiche che si scopre avere Donato Zappo, il personaggio principale del romanzo, che semplicemente “toccando” oggetti appartenuti ai suoi antenati (ma anche di gente a lui sconosciuta) comincia un viaggio con la mente che lo porta a rivivere la vita di tutta questa gente, e così scopriamo Arthus, un cavaliere messapico, che ci mostra una “mappa” della sua terra, e poi finiamo nel medioevo con Arturus, che incontrò Carlo Magno nella Valle dell’Idro. C’è una Storia massima, che noi leggiamo sui libri, e c’è una storia minima, che è quella che ti fa conoscere il quotidiano di una civiltà, la sua gente. Lui ha inventato una storia minima per farci conoscere la storia massima. E’ una storia, una fiaba, che parla del bene e del male. E’ come se lui voglia farci accettare l’idea che a volte anche il male può vincere. Ed è l’ultima parte della sua vita che alla fine Donato Zappo svela attraverso il suo diario. La stessa menomazione del personaggio principale sarà la sua redenzione finale. Donato nella sua masseria fa convivere animali, persone, la chiesa, la scuola per i bambini, e tutto quello che ha colpito Alessandro, che come se fosse un anello che va bene ad un dito, entra nella storia, fa parte della storia con una tale naturalezza che ti sembra che senza sforzo abbia messo insieme tutta questa massa enorme di tante “cose” diverse (Silvia Famularo).
E’ la storia di un romanzo, ma non solo questo. Alessandro Romano è colui che sa indicarti i paesi semplicemente guardando i loro campanili da lontano. E’ colui che di ogni pietra sa raccontarti una storia. Colui con il quale non ci sono minuti di silenzio, perché tutto è comunque una scoperta. Ha gli occhi di una meraviglia su ogni cosa. Sa addentrarsi, nel vero senso della parola, nei cunicoli della storia del Salento, scopre grotte, frantoi ipogei dimenticati. Il romanzo è un’avventura romanzata ma che ha moltissimo di verità storica, e da questo emerge il suo lavoro di ricerca scientifica che fa tutti i giorni sul territorio. L’intero libro è costellato di personaggi realmente esistiti, ma anche di luoghi e avvenimenti. C’è dunque un doppio binario di lettura che rende il libro ancora più prezioso, è un compendio di storia salentina. L’intera storia è narrata in prima persona, anche se queste prime persone sono diverse e non una sola, e questa è una tecnica interessante. Poi c’è anche una tecnica molto raffinata, che ho ritrovato in pochi altri libri, come Gioconda Belli (“La donna abitata”, 1988, pubblicato in Italia nel 1995, tradotto e pubblicato in tutto il mondo, solo in Germania ha venduto oltre 600.000 copie) e Chiara Ingrao (“Il resto è silenzio), vale a dire l’alternanza di più voci e più epoche diverse (Tiziana Colluto).
LENTO ALL’IRA è un libro dal sapor di cioccolato, così denso, tanto da creare una colla tra tutti i personaggi presenti, il grande collante che tiene unita tutta la congregazione nella Masseria Tridente è Donato Zappo. Personalmente, paragono Donato ad un corimbo, ad un Elicriso, a quel tipo di infiorescenza nella quale tutti i fiori terminano alla stessa altezza: alla qualità dell’Anima. C’è un qualcosa di desueto nella glossa di questo libro, un atletismo di eventi ed un ermetismo in alcune pagine che in me, ha destato stupore, emozione ed ammirazione. Tanto da chiedere, per aiutarmi a presentarlo, un accompagnamento musicale di Kena e Charango al docente di Lingua e Civiltà Spagnola Prof. Sergio Leo che, gentilmente, ha accettato l’invito. E dalla sua musica prendo spunto per definire Alessandro il “condor del Salento”, perchè lui vola alto e tutto osserva, sopra la sua terra (Ada Cancelli).
Con Alessandro ho fatto bellissime esperienze, abbiamo setacciato insieme il Salento per anni. Ma l’ho lasciato operatore tv e regista, ed ora lo ritrovo scrittore, con mia immensa gioia. Sapevo della sua passione per la narrativa. Con la sua scrittura lui riesce a tirar fuori aspetti poco noto, poco chiari forse anche a se stesso. E’ una forma di catarsi, di evoluzione. Lo ritrovo infatti “maturo”. “Lento all’ira” è un romanzo bellissimo, nella sua essenzialità ricco di emozioni, che il lettore percepisce a pelle. Puoi commuoverti, in alcune pagine preoccuparti, spaventarti, perchè nei cicli e i della Storia, tutto ritorna. Ritroviamo molto di ciò che è successo in passato, nell’attualità. Il Salento diventa protagonista in bellissime pagine che aprono un universo. Alessandro ha inventato la “video-scrittura”, derivata quasi dal suo lavoro. Poi, quando si trova nel suo mondo incantato, davanti ad una masseria abbandonata, una pietra, un affresco, non sa manco lui cosa scrive: quello che succede a Donato Zappo, vittima di allucinazioni, ad Alessandro succede veramente. E così io l’ho visto tante volte, con la telecamera addosso, letteralmente incantato. Un uomo visionario, che riesce a dipingere in quell’istante un passato che non ha vissuto. Nel corso degli anni ha raccolto nozioni, finché non ne è diventato pieno, non sapeva più che farsene, quindi ha creato un personaggio, un mondo, una comunità, una masseria, che racconta una storia salentina (Stefania Della Tomasa).
Per tentare di illustrare la potenza espressiva del romanzo “Lento all’ira” di Alessandro Romano recentemente pubblicato da Edizioni Esperidi è opportuno che io ricorra alla narrazione di un episodio accaduto non poco tempo fa. Chi mi segue sa bene in cosa consiste il mio mestiere, scrivere e leggere sono le due principali attività. Ebbene durante un incontro del progetto denominato “Sottofondo letterario” che consiste nel leggere ai pazienti che sostano nelle sale d’attesa degli studi medici ho deciso di portare con me il libro sopra citato insieme ad una ricca selezione di testi. Circostanze come quelle che si creano durante questo genere di laboratori di lettura sono del tutto anomale in quanto offrire un servizio letterario per giunta in un contesto così insolito non può che lasciare interdetto il soggetto coinvolto. Spesso quindi succede che le persone incontrate non amino la lettura e non abbiano alcun interesse ad ascoltare le mie proposte tuttavia il potere disarmante dei libri riesce a far crollare i pregiudizi che affollano la mente della gente troppo spesso impegnata in altre attività spesso futili e lontane anni luce dalla cultura. La mia missione può avere un senso se tra le mani ho il libro giusto ossia la storia perfetta tale da attirare l’attenzione dell’ascoltatore. Se poi la trama è narrata con una scrittura nitida, scevra da cavillosità, favorendo l’esplorazione dei luoghi descritti, conducendoci per strade remote di un tempo passato e solo sognato dagli scrittori e dai poeti allora vuol dire che l’obiettivo è stato raggiunto. “Lento all’ira” di Alessandro Romano è un esempio concreto di un’esperienza letteraria caratterizzata da un successo notevole in un pubblico composto da non-lettori, da persone che ritengono la lettura superflua se non inutile, da uomini e donne che della storia del giovane archeologo Karydis che si imbatte in Donato Zappo, vero protagonista del romanzo, potrebbero provare il più totale disinteresse e invece accade in un pomeriggio d’autunno che un nutrito gruppo di ascoltatori rimanga incantato da una lettura le cui parole divengono suoni che si alzano enfatici nell’aria e fluttuano nella sala per oltre un’ora durante la quale presento le avventure di Leonida che nella seconda metà dell’Ottocento giunge dalla Grecia nel Salento per scoprire l’antica civiltà messapica. Accade perfino che tra i presenti ci siano famiglie provenienti da Arnesano e che conoscano la masseria Mater Domini, luogo dove si svolge parte della storia, e ragazzi che hanno studiato la cultura messapica e che ad ogni dettaglio scaturito dal libro provino un appagamento del proprio intelletto tant’è ipnotica e potente la scrittura dell’autore. L’acribia semantica e il rigore concettuale del romanzo si manifestano nell’eco di una tensione intelligente che risulta essere costante pagina dopo pagina. Il testo autentico e coinvolgente offre con un lessico carismatico dei colpi di scena come il ritrovamento di un vecchio diario che conduce l’archeologo ad una nuova scoperta riguardante il mondo sconosciuto di Donato Zappo. Con questo libro Alessandro Romano ha ricostruito il passato del Salento donando luce a quei dettagli, resti di tesori che si palesano nelle architetture più preziose ma anche nei ruderi abbandonati. Con la sua scrittura Romano fa rivivere la ricchezza di una terra che ha molto da raccontare e spetta solo a noi metterci in ascolto esattamente com’è accaduto durante il laboratorio di lettura che ho svolto nella sala d’attesa dello studio medico dove il pubblico da semplice ascoltatore è diventato contemplatore di bellezza (Paola Bisconti, testo tratto dal sito sullestradedeilibri.com).
“Lento all’ira e grande nell’amore”, era il verso di un salmo responsoriale (allora non sapevo fosse a cura del re Davide) che da giovane imberbe chierichetto ero chiamato a leggere, guarda un po’, nei matrimoni, subito dopo la prima lettura che in genere era di spettanza della sempre commossa sposa. E “Lento all’ira” (“grande nell’amore” è sottinteso) è l’ultimo lavoro letterario del mio amico Alessandro Romano. Per come l’ho visto io, “Lento all’ira” (ma veloce nella lettura: 123 pagine, note dell’autore incluse) non è la semplice opera romantica di un viaggio nella storia e nella geografia della terra nostra, e dunque non necessariamente la ricerca delle radici, del diritto di cittadinanza, delle tradizioni e della cultura della terra che fu dei Messapi; sì, ci sta anche tutto questo per carità (e addirittura ancora una volta – che goduria – anche la leggenda trasposta di Cosimo Mariano da Noha e le sue Casiceddhre che stavolta sono la riproduzione in miniatura di Masseria Tridente), ma qui siamo di fronte al dialogo profondo tra Leonida Karydis, archeologo alla Schliemann (quello della città di Troia e delle altre civiltà sepolte) e il buon Donato Zappo (un cognome che è anche voce del verbo). Questo dialogo, che avviene anche attraverso la lettura del diario dello Zappo, è il vero scavo archeologico nelle viscere di un’anima lenta all’ira per formazione, e grande nell’amore per indole. Spesso Donato Zappo finisce per essere lo specchio nel quale si riflette l’archeologo ricercatore venuto dalla Grecia dei miti, sicché Zappo e Karydis sono alla fin fine due personaggi in cerca del loro autore. Così, pagina concettosa dopo pagina concettosa, realizzi che gli ingredienti indispensabili per una vera grande Rivoluzione non sono mai il furore o peggio ancora l’odio, bensì i loro antonimi, vale a dire la virtù dei forti non disgiunta dall’amore che, si sa, è causa efficiente che “move il sole e l’altre stelle”. Queste e non altre sono le condizioni necessarie e sufficienti per fronteggiare i vari baroni Arciero di ieri e di oggi, epigoni del capitalismo che continua a rapinare Salento e dintorni, idolatri del plusvalore che da sempre è un furto, vassalli di un neo-feudalesimo più oscurantista che pria, spalmatori di multistrati di cemento e asfalto, importatori di tubi e di fonti fossili (come il gas azero), sicari del diritto di parola contraria, estensori di fogli di via, comminatori di multe prefettizie, giornalisti da passeggio, e dunque registi attori e comparse della trasformazione della nostra terra antica e bella in una scena del delitto. Dio solo sa quanto vorrei che per una volta sola non scrivessi una recensione elogiativa dei libri di Alessandro Romano, ma una stroncatura bell’e buona, un po’ come a suo tempo Umberto Eco ne scrisse sul conto di Ken Follet (“Oggi ho riscritto il capolavoro del Manzoni affinché la generazione più giovane non si annoi leggendo le sciatterie nanesche come quelle di Ken Follet”); e parimenti quanto mi piacerebbe che Alessandro Romano mi rispondesse per le rime come Ken Follet fece a sua volta con Umberto Eco (“A Eco preferisco Dan Brown”). E questo non solo in termini di copie vendute (cinquanta milioni “Il nome della rosa”, per dire, e quindici milioni “I pilastri della terra”) ma perché mi accontenterei di essere l’ultimo tra gli scrittori, piuttosto che – come vado vieppiù convincendomi – il penultimo degli scriventi (Antonio Mellone, testo tratto da noha.it).
Il Salento è la tela bianca su cui Alessandro scrive ma anche riscrive la storia di questo suo personaggio, Donato Zappo. Non è un romanzo che si legge tutto d’un fiato. Ha bisogno di pause, di riflessioni. Mentre lo leggevo, solleticata dalle nozioni di storia, arte, paesaggio, geologia, andavo parallelamente a spulciare libri e fonti per verificare la finzione e la realtà. E’ un libro che si legge, che appassiona, che intriga, che ti fa venir voglia di andare alla pagina successiva, ma anche a tornare indietro. Conosciamo Alessandro Romano da appena due anni ma basta guardarlo negli occhi per comprendere che è una persona generosa, e ha declinato questa sua qualità in tutti i campi della sua vita. Ci limitiamo al campo che ci compete ma tante sono le parole che potremmo spendere per l’Alessandro padre, marito, amico, professionista. Per passione e per lavoro si occupa da sempre del suo territorio: è un ricercatore a tutti gli effetti in quanto legge, studia, e sopratutto ricerca letracce del passato negli angoli più nascosti del nostro Salento. E poi, sapete cosa fa? Li regala alla comunità scientifica e non: condivide questo suo immenso patrimonio di sapere con tutti. E non si arrabbia nemmeno se qualcuno si arroga il diritto della scoperta! E cosa è questo, se non essere generosi? In Lento all’ira, Alessandro Romano ha voluto narrare di un uomo e lo ha collocato a casa sua, nel Salento, in una masseria, tra gli uliveti e il mare. E anche in questo romanzo ha voluto essere generoso, descrivendo gli amati luoghi salentini, gli antichi personaggi che hanno reso mirabile questa terra, e, sopratutto, nobili sentimenti e altissimi ideali, forse oggi dimenticati. Buona lettura di una storia, in cui, siamo sicuri, ognuno ritroverà un pezzo di sè. (Roberta Marra, Edizioni Esperidi).
Alessandro Romano è uno di quei personaggi che quando lo incontri hai l’impressione di conoscerlo da sempre. Traspare subito il suo altruismo, la sua modestia e la grande passione per la Storia della propria terra. Ho iniziato ieri notte a leggere il suo romanzo. Già noto che la masseria Cippano, luogo della mia infanzia, fa da concentratore raccogliendo le molteplici forme culturali del nostro Salento, un po’ come fa Borges nel suo Aleph. Ora mi aspetto di trovare quei personaggi che quelle forme hanno creato (Raffaele Santo).
Ho finito ieri ‘Lento all’ira’… mi é piaciuto! Alcuni capitoli moooooolto coinvolgenti, e veramente interessanti i riferimenti storici e il contesto rurale di quei tempi. In questo romanzo si riflettono le tue grandi passioni e si ‘sente’ l’amore incondizionato che hai per quella terra e la sua cultura (Stefania Faggioni).
Io al tuo posto avrei incentrato tutto il romanzo sul fenomeno di preveggenza di Donato, quando fai parlare in prima persona i vari personaggi credo sia la parte migliore, ricorda un po’ Antologia di Spoon River (Aldo Conte).
Ciao Alessandro. Tra ieri notte e stanotte ho appena finito di leggere il tuo libro Lento all’ira. Ti volevo ringraziare. Il lavoro è ben fatto e si sostiene con un vero e proprio torrente impetuoso di caratteri, volti, storie, paesaggi, riferimenti storici e letterari, voci e rumori. Il racconto é avvincente anche se a tratti appare compresso in considerazione dell’abbondanza dei temi che in più punti mi han fatto pensare che forse avresti potuto dare maggiore spazio e profondità al testo. La prima impressione che mi resta é comunque simile al piacere che ho provato nel guardare le figure del barocco leccese passeggiando in città in un tramonto estivo: un testo solido come la pietra a grana fina che esalta la luce e i contrasti, un immaginario rigoglioso e singolare e tuttavia allusivo e attraente per le figure e le forme, una potente unitarietà delle figure e delle forme data dalla spinta verso il centro della storia e delle storie, una vera forza centripeta che tutto riporta alle radici e alle loro origini anche lontanissime. Sono dall’infanzia quel che si dice un lettore forte. Con gli anni ho affinato i miei gusti e continuo ad esplorare il mondo dei libri consapevole che mai riuscirò a saziare la mia sete. Romanzi e racconti contemporanei ormai ne leggo pochi mentre molto del mio tempo va sulla saggistica e verso una miriade di interessi particolari che ai più potrebbero apparire minori. Se tu potessi vedere la mia attuale biblioteca capiresti subito da te come al di là dei blocchi classici sui quali qualunque libreria si fonda, ormai una buona parte dei miei libri costituisce una personale wunderkammer letteraria delle mie affinità. Ci sono i blocchi fondativi ripresi e ricostituiti dopo naufragi e terremoti e fughe in egitto : la storia per prima ed in particolare quella medievale e della chiesa; la filosofia e il pensiero in particolare la mistica occidentale; i libri di viaggio; alcuni testi scelti su astrologia ed esoterismo; le letterature divise per lingua ed epoca, grosso modo per ciascuna l’antico, il periodo di mezzo ed il moderno (contemporaneo come ti ho detto, poco o nulla); dominano in questa parte francesi inglesi americani latinoamericani russi scandinavi ma con tanti sconfinamenti in aree e paesi meno noti; c’è poi uno spazio a parte per le opere latine e greche; una sezione orientale con prevalente attenzione al buddhismo tibetano e alla storia asiatica. Poi saggi storici, di critica letteraria, fi argomento scientifico e semplicemente divulgativo, guide di posti, musei, città e paesi che ho visitato. Una quantità di volumi sulle isole e sui paesi del mondo. Diverse collezioni ed edizioni di FMR comprate a rate con indicibili sacrifici. Tanti libri di arte e di mostre visitate. Una sezione dedicata ai fumetti. Un’altra dedicata a Sellerio, molti, ma non solo, gialli e cose introvabili di argomenti ed autori i più diversi. Poi alcuni autori quelli che amo e che tengo vicini sempre: Borges e Bioy Casares, Umberto Eco, Osvaldo Soriano, Fosco Maraini, Elemire Zolla, Bruce Chatwin, Alfredo Cattabiani, Jodorowsky, Robert Byron, Tullio Avoledo, Jacopo da Varagine, Giorgio Sfrantze e il Patriarca Fozio, Bufalino, Consolo e Sciascia. Potrei aggiungerne ancora. Come avrai notato mancano quasi completamente i grando classici dell’800 e del primo 900. Si é che questa e la mia quarta anzi forse la quinta (e spero anche l’ultima) biblioteca della mia vita. Ho avuto altre raccolte in cui anche questi testi fondamentali erano presenti e purtroppo lì son rimasti a centinaia dopo separazioni, divorzi e disastri vari d’ogni tipo. In seguito pensai che non era più il caso di ricomprarli per la seconda o terza volta. Per un motivo economico e poi pure per lo spazio. Ecco perché dei grandi russi che pure han fatto parte della mia formazione non troverai un titolo da me ma magari autori minori come Leskov o Gonciarov. Lo stedso per i francesi i tedeschi e gli inglesi. Ti ho voluto descrivere queste cose per farti capire che da stanotte un piccolo posto tra i miei preferiti è riservato alla tua opera: questo tuo racconto, l’altro che non ho ancora e magari ciò che in futuro ti verrà di creare e pubblicare. La mia vita é stata complessa e difficile, di sicuro non meno faticosa e stressante della tua, credo. Tuttavia mai è mancato un libro nella mia valigia, nella mia ennesima anonima stanza di albergo, nella mia scrivania, nella tasca della giacca. La lettura e la spinta insopprimibile alla conoscenza non mi hanno mai abbandonato ed oggi devo a questo legame gran parte della effimera felicità dell’anima spesso stanca e triste sotto il peso dell’età e della lontananza da tanti affetti. Mi piacerebbe tanto poter discutere con te del tuo libro, capirlo meglio, entrarci più addentro. Ho molte domande che farei. E non sono per niente sicuro delle risposte che mi immagino. Chissà magari un giorno sarà possibile. Ho abusato della tua pazienza. Ti ringrazio ancora e saluto fraternamente. Riccardo Serrao.
“Ma quanto ancora sai scrivere così bene??? complimenti, Alessandro, è molto bello! Scrivi divinamente. Donato è affascinante. Ho letto tutto, anche le note finali, cercavo altre pagine dopo, ma niente, allora ho realizzato: porca miseria, è finito davvero! E ora? Mi tocca aspettare pazientemente il prossimo!”. Elisabetta Palmiero.
Alessandro Romano intervistato da Annalisa Nastrini per il magazine “Salento Dove” (leggi qui).
Il romanzo ha avuto la Menzione Speciale del Premio Nabokov 2017, Golden Books Awards 2018, Premio Maria Cumani Quasimodo 2018, UnicaMilano 2018. La prima edizione è esaurita. Il romanzo è consultabile presso la Biblioteca “Bernardini” di Lecce, Biblioteca “Annibale De Leo” a Brindisi, e Biblioteca Civica di Verona. Oggi è disponibile in una nuova edizione, che comprende in raccolta tutta la saga di Donato Zappo, il romanzo “Tsunami lento” e due racconti inediti, e si può richiedere direttamente scrivendo alla mail: sandrolento@gmail.com
LENTO ALL’IRA raccontato dai luoghi di ambientazione (sopra) e in una clip-trailer di 2 minuti (sotto).
FOTOGALLERY
Lecce, 3 agosto 2017
Castiglione d’Otranto, 11 agosto 2017
Casamassella, 20 agosto 2017
Leverano, 23 settembre 2017.
Lecce, 6 ottobre 2017 (Libreria Adriatica).
Salice Salentino, 7 ottobre 2017 (Galleria “La Colonna”).
Veglie, 23 marzo 2018.
Il romanzo ha una pagina facebook, LENTO ALL’IRA
… ma anche un sito web, questo dove state leggendo, ispiratore continuo di storie per il suo autore, moltissime già pubblicate, ma tante altre che sono… in cottura! Tornate sulla home di questo sito, o seguiteci sulla pagina facebook. A rileggerci presto!
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