La piana e la laguna sipontina sono i luoghi centrali per la storia della civiltà in Daunia, questa storica sub-regione situata nel nord della Puglia. I Romani fondarono Siponto, importante scalo mercantile, anche in età tardo antica e medievale fino all’abbandono nel XIII secolo in favore di un’altra zona, poco distante, dove il figlio di Federico II fece nascere Manfredonia, che da lui prese il nome.
Il castello che qui sorse, crebbe e cambiò varie volte aspetto, man mano che vi si assecondavano i padroni, fino a giungere all’aspetto attuale con gli Aragonesi.
Sopra una delle sue torri spicca la scultura dell’Arcangelo Michele, che del Gargano si può considerare da sempre il nume tutelare.
Dopo il saccheggio dei Turchi del 1620, la fortezza cominciò il suo declino, per rinascere alla fine del Novecento, quando lo Stato ne fece l’importante Museo Archeologico che oggi possiamo ammirare…
Nelle quattro sale che compongono questo viaggio che dire affascinante è poco, possiamo osservare la nascita e lo sviluppo della civiltà…
Si comincia con la Preistoria.
L’archetipo della femminilità feconda è efficacemente trasposto nelle statuine cultuali delle genti del neolitico. Erano solitamente di argilla e di piccole dimensioni, ed oggi vengono denominate genericamente “Veneri”.
Questa importante forma d’arte sembrerebbe testimoniare una sorta di centralità della donna nelle comunità dei primi agricoltori, che erano comprensibilmente sensibili al tema della fertilità, di tutte le forme viventi.
Alcuni esemplari furono rinvenuti presso il villaggio di Passo di Corvo, che si può considerare il più grande e forse il più antico villaggio europeo di agricoltori.
Da questo e da altri siti dei dintorni vengono le ceramiche che qui sono esposte. Si può ammirare anche un importante sepoltura maschile…
Nella sala successiva siamo all’interno dell’età del Bronzo, quando compaiono i primi abitati fortificati, e quindi ovunque si ritrovano armi e punte di lancia, ma anche i ricordi del lavoro femminile, che consisteva nel tessere, utilizzando ingegnosi pesi e misure…
Con l’Età del Ferro siamo nella terza sala, dove spiccano altre armi e monili…
Siamo ormai all’inizio della civiltà dei Dauni, la popolazione che a partire dal 1000 a.C. Abitò un territorio ben più grande dell’attuale provincia di Foggia. Con la terza e quarta sala del Museo ci si immerge in questo antico mondo lontano, e si resta perdutamente affascinati dalla solennità misteriosa delle stele daunie, lastre in pietra vivacemente incise e colorate, che evocano immagini umane maschili e femminili…
Qui, vi è la più ricca e famosa collezione al mondo, raccolta negli anni sessanta del Novecento grazie al lavoro dell’archeologo Silvio Ferri…
Le stele sono sculture di pietra, piatte, di grandezza variabile, create e diffuse da questo popolo sorto con l’arrivo di migranti dall’Illiria e fuso assieme alle genti locali. Ancora di dubbia interpretazione, le loro superfici sono interamente decorate. Rappresentano scene di vita quotidiana, e spesso forme di antichi rituali, di cui non tutto possiamo ancora sapere. Sono a forma di lastra parallelepipeda, da cui sporge superiormente la testa. Le dimensioni variano tra i 40 e i 130 cm di altezza, e, conseguentemente, tra i 20 e gli 80 cm di larghezza; gli spessori sono compresi tra 3 e 12 cm.
Nel museo sono custoditi circa duemila esemplari, ma solo alcuni di essi sono esposti al pubblico. La loro scoperta la si deve ai contadini, che rimasero attratti da questi “strani” reperti che emergevano dal suolo, e al fondamentale interessamento di un farmacista antiquario di Mattinata, Matteo Sansone che avendone riconosciuta la rilevanza storica interpellò così gli archeologi. Da allora in poi si salvarono ovunque centinaia e centinaia di reperti, nelle aeree dei centri antichi di Siponto, Salapia, San Paolo di Civitate, Arpi, Herdonia ed Ascoli Satriano.
A Bovino esiste anche un piccolo museo che ne espone i reperti più importanti (nella foto sopra, il Museo cittadino).
Il filologo Silvio Ferri, interpretò i reperti come aventi funzione funeraria e lesse le incisioni in chiave omerica. Ad oggi questa interpretazione è molto dibattuta e in alcuni casi screditata. A tal proposito, l’archeologa Maria Laura Leone scrive: “Primo: nessuno dei monumenti è stato trovato in un contesto comprovante la funzione sepolcrale originaria. Secondo: soltanto due zone hanno restituito un numero significativo di stele, mentre se fossero state effigi di morti importanti le avremmo trovate in tutte le necropoli daunie. Ogni città daunia avrebbe dedicato sculture funerarie ai suoi prestigiosi cittadini. Terzo: tutte le stele riproducono solo due entità specialissime, una maschile e l’altra femminile, piuttosto da collegare al pantheon daunio. Quarto: le sculture maschili sono numericamente molto inferiori rispetto a quelle femminili; e questo è strano, dal momento che i guerrieri sono più esposti alla morte. Quinto ed ultimo punto importante è che nessuno si è mai chiesto: “Dove hanno raffigurato, i Dauni, le loro divinità?” Ancora oggi, e non senza pigrizia intellettuale, molti continuano ad insistere sulla teoria funeraria e a riproporre acriticamente gli assiomi del Ferri privi di fondamento contestuale.»
Uno dei grafemi più ricorrenti è quello sferoidale spesso rappresentato rivolto verso il basso oppure quello di un cerchio o più cerchi concentrici con un punto al centro; le interpretazioni sono diverse: Ferri riteneva questi ultimi kymbala apotropaici, mentre la figura sferoidale ritenne rappresentare la melagrana; Nava e Rocco li interpretano come delle melagrane; D’Ercole li chiama “pendenti a melagrana”; Leone riconduce i grafemi al simbolo del papavero da oppio, e dopo un’attenta analisi sia degli elementi iconografici che delle scene, arriva all’ipotesi che le stele rappresentino momenti di un culto magico-rituale-terapeutico basato sull’impiego di questa pianta dalle note proprietà antidolorifiche e narcotiche.
Le steli sono completate da scene figurate che si riferiscono alla vita quotidiana, al mondo dell’oltretomba ed alle credenze escatologiche dei Dauni; sono ancora presenti diverse rappresentazioni di animali (volatili, pesci). Le stele sono divise in due categorie a seconda della presenza nella raffigurazione di armi, oppure di ornamenti. Nelle rappresentazioni con ornamenti, che si riferiscono sia a uomini che a donne, la veste ricopre tutto il corpo, tranne le braccia, ripiegate sul petto e coperte da lunghi guanti ricamati che giungono sino al gomito, e la testa, coperta da un alto copricapo conico che si allunga a coprire la nuca. Tra gli ornamenti sono presenti collane a più giri, grandi fibule a lunga staffa e con pendagli compositi sul petto, cintura con nastri triangolari affiancati da pendenti circolari o a forma di melograno.
I guerrieri presentano sul petto una (placca di protezione per la parte superiore del petto rettangolare con i lati concavi, che sostiene una spada, custodita nel fodero e disposta trasversalmente, con l’elsa sotto la mano destra. Le braccia sono sempre strette al petto. Posteriormente, alle spalle è appeso un grande scudo circolare, di tipo oplitico. Le teste sono in questo caso ricavate in un blocco separato e inserite sul collo per mezzo di un apposito foro; hanno forma sferica e alludono ad un elmo o altro copricapo. Le scene figurate sono rese con incisioni più sottili e rappresentano sia personaggi umani, sia animali, sia esseri fantastici, sia divinità teriomorfe (raffigurate con fattezze animali). Secondo alcune interpretazioni, sono incise le scene dei funerali, con processioni di portatrici di offerte con contenitori sulla testa, accompagnate da un suonatore di lira; si trovano anche rappresentazioni di attività quotidiane: pesca, navigazione, vari tipi di caccia, sia a cavallo con la lancia, sia a piedi con la fionda. Le stele di guerrieri presentano processioni di bighe o scene di combattimento, tra guerrieri appiedati o cavalieri, che sono state interpretate anche come giochi in onore del defunto. Spesso vi compaiono anche animali fantastici, rari invece nelle steli con ornamenti.
Non sono stati ritrovati relitti navali attestanti la marineria daunia, per questo assumono tanta importanza le raffigurazioni sulle steli. I navigli qui raffigurati potrebbero adattarsi pienamente alla forma delle navi descritte da Omero, sia per il disegno dello scafo che delle vele.
Caratteristi fra i simboli ripresi continuamente, sono la svastica e il fiore a sei petali, quest’ultimo rimasto diffuso nei secoli ed in varie culture…
La presenza di scene figurate, espressione del pensiero e del credo religioso dei Dauni, permette di ricostruire l’aspetto spirituale della loro cultura, andando oltre i pochi dati giunti dalle fonti antiche greche e latine, e arricchendo il quadro delle conoscenze, fornito dai ritrovamenti della cultura materiale.
Numerosissime “teste” di queste stele sono state recuperate e salvate successivamente, dai luoghi di “prelevamento” da parte spesso di contadini.
“Quando gli uomini sono morti, fanno la storia. Quando le statue sono morte, diventano arte. Questa botanica della morte è ciò che chiamiamo cultura”… per tutto questo, ringrazio gli uomini che ogni giorno di adoperano per la salvaguardia ed il trasferimento di queste memorie, alle future generazioni.
Per prenotare la visita al Museo è consigliata la richiesta on-line. Clicca qui per accedere. Non te ne pentirai!
© Questo sito web non ha scopo di lucro, non userà mai banner pubblicitari, si basa solo sul mio impegno personale e su alcuni reportage che mi donano gli amici, tutti i costi vivi sono a mio carico (spostamenti fra le città del territorio salentino e italiano, spese di gestione del sito e del dominio). Se lo avete apprezzato e ritenete di potermi dare una mano a produrre sempre nuovi reportage, mi farà piacere se acquisterete i miei romanzi (trovate i titoli a questa pagina). Tutto ciò che compare sul sito, soprattutto le immagini, non può essere usato in altri contesti che non abbiano altro scopo se non quello gratuito di diffusione di storia, arte e cultura. Come dice la Legge Franceschini, le immagini dei Beni Culturali possono essere divulgate, purché il contenitore non abbia fini commerciali. I diritti dei beni ecclesiastici sono delle varie parrocchie, e le foto presenti in questo sito sono sempre state scattate dopo permesso verbale, e in generale sono tutte marchiate col logo di questo sito unicamente per impedire che esse finiscano scaricate (come da me spesso scoperto) e utilizzate su altri siti o riviste a carattere commerciale. Per quanto riguarda le foto scattate in campagne e masserie abbandonate, se qualche proprietario ne riscontra qualcuna che ritiene di voler cancellare da questo blog (laddove non c’erano cartelli o muri che distinguessero terreno pubblico da quello privato, non ce ne siamo accorti) è pregato (come chiunque altro voglia segnalare rettifiche) di contattarci alla mail info@salentoacolory.it
Leave a reply