Ho conosciuto Alfredo Calasso in punta di piedi, in una serata familiare di ritrovo, era una festività, di quelle che in Salento accomunano in una sola casa diverse famiglie, e amici, un’umanità variegata, e vincoli di sangue mischiati a ideali, percorsi, sogni, che la terra comune accomuna.
Pian piano l’ho conosciuto ancora meglio, da lontano, osservando le sue opere… che rivelano come per ogni vero artista ancora più vividamente ciò che la pelle sapientemente dissimula, occulta, distoglie, per canalizzare l’attenzione verso l’essenza. Alfredo è figlio di una terra antica, che sin dalla preistoria plasmava arte nelle sue grotte, dalle Veneri di Parabita ai cacciatori di cervi di Porto Badisco, passando per gli artigiani-artisti della Messapia dello Zeus di Ugento e le Cariatidi di Vaste, fino a quando il pensiero stesso sublimò essa, allorché Quinto Ennio e Marco Pacuvio “istruirono” la nascente potenza di Roma, dandole il bandolo della matassa per entrare nel cuore del Mediterraneo, culla della Civiltà. Una terra che da allora ha sfornato incessantemente nuove menti, che forgiarono la grande biblioteca di Casole, gli umanisti Matteo Tafuri e il Galateo, le glorie degli scultori barocchi, gli Zimbalo, e Cino, Riccardi, Penna, Buffelli e i Manieri. Genii talvolta sconosciuti, sino a quello enorme di Carmelo Bene. Alfredo cavalca questa sensibilità, questo habitat culturale, ne ha sentito l’odore sin dalla tenera età…
…sente vicine le sue donne preistoriche, è capace di dialogare con esse, di dar nuovo volto alla Venere di Willendorf…
…o combinare assieme con maestria gemelli diversi, che richiamano alla mente i conterranei e millenari olivi testimoni di questo humus, visti sopra un telo da telaio antico, di quelli che ancora nel secolo scorso le nostre nonne tessevano faticosamente piegate sopra ad un vecchio macchinario manuale.
Alfredo Calasso non ha mai affievolito l’istinto creatore che anima molti bambini, e crescendo la sua sensibilità si è ampliata se possibile ancora di più. Ha studiato presso l’Istituto d’Arte “G. Pellegrino” di Lecce, conseguendo il diploma di maestro d’arte e di maturità. In seguito si è specializzato , nella ceramica, nella scultura su pietra, su marmo, conseguendo laurea triennale e specialistica. Ha partecipato a diverse mostre, concorsi ed eventi, in tutta Italia, ottenendo premi e riconoscimenti prestigiosi.
Si è espresso con grande capacità espressiva, con svariate tecniche e materie. Affascinanti risultano i ritratti eseguiti a penna e con la tecnica del collage con i quali ha trattato alcuni temi del nostro tempo riguardanti la donna, il modo di convivere con gli altri e il modo in cui si vive. Il disegno spontaneamente creato dalla mano, incontra l’immagine prodotta con la macchina, assolutamente perfetta…
La tragedia della xylella, la malattia che sta disseccando gli olivi millenari del Salento, ha fatto da spunto per una serie di grande impatto, i disegni, eseguiti dal vero, di questa realtà ancora poco conosciuta fuori dalla Puglia…
Il nobile tentativo è stato quello di documentare, denunciare, e soprattutto esprimere, attraverso inchiostro nero e a volte bruciature della carta, il dispiacere per la perdita di questi monumenti della memoria e dell’identità di un popolo, e in una visione più ampia la perdita delle radici dell’uomo a cui ormai non sta più a cuore la sua casa… la terra.
Il Simposio di Land Art è stata per lui una delle esperienze più intense, in cui ha sperimentato come si può creare con rispetto, attraverso quello che la natura offre. L’esperienza è durata due settimane all’interno di un parco naturale, a Polcenigo (Pordenone), ha lavorato in squadra con un ragazzo cinese: insieme hanno unito la passione per gli alberi e le loro forme, alla grande tradizione orientale della lavorazione del bambù e dell’intreccio, in cui, in fondo, egli stesso ha percepito i richiami delle proprie origini, come la tradizione dei canestri, ed anche le tecniche costruttive dei carbonari calimeresi, che vivendo nei boschi per mesi costruivano la propria capanna in completa armonia con la natura. La struttura, effimera per via dei materiali, si auto sostiene totalmente senza aggiunta di materiali inquinanti.
La pietra, come pure la plastica, sono due materiali di lunga durata, totalmente contrapposti, uno naturale e l’altro artificiale… questo è un lavoro in cui Alfredo Calasso ha immaginato dei fossili di plastica…. Un invito a riflettere sulle azioni, soluzioni e sul futuro.
Riflessioni sulla natura dell’uomo…
Attraverso una performance ha ottenuto questo bassorilievo in terracotta, una sorta di rito rimasto impresso nel tempo che testimonia il legame dell’uomo con la terra.
Ha realizzato questa seduta/scultura per il simposio di Fanano in provincia di Modena, gli era stato assegnato il tema dell’architettura e cosi si è ispirato al sistema trilitico (un richiamo forse al dolmen salentino, la più antica forma di architettura) e alla colonna che sono archetipi di questa arte.
Questa scultura è il risultato di una riflessione sulla capacità dell’uomo di adattarsi a ciò che lo circonda e allo stesso tempo di trattare i materiali attraverso la tecnica, in questo processo lascia tracce di sé che raccontano la sua storia sin dai primordi. In questo caso, Alfredo ha scelto la ruota, elemento semplice e antico. Essa è simbolo delle genti di Carrara dove il marmo si trasporta da tempi antichissimi, la ruota di pietra è anche un simbolo del territorio pugliese, dove per secoli si è prodotto l’olio. Così si può dire che essa è un mezzo tecnico che racchiude in se, a livello di significato, una buona parte della storia umana. Egli ha voluto rappresentarla con le impronte delle mani, in movimento verso l’ignoto, mentre lascia una lunga traccia alle sue spalle, come allegoria del cammino dell’uomo.
Con le successive sculture si può dire che Alfredo Calasso abbia sperimentato pienamente la libertà della mano e la natura del materiale, infatti sono state realizzate senza alcun bozzetto o schema prestabilito, si sono formate durante la lavorazione. Egli ha riflettuto a lungo sul bisogno dell’uomo di esprimersi trasformando i materiali per arrivare ad un risultato talvolta non funzionale in senso pratico. Ha cercato quindi di soddisfare e soprattutto di capire questo bisogno dello spirito abbandonando ogni regola prestabilita della forma. Ha seguito l’istinto, che lo ha guidato sulla forma del blocco grezzo e informe e attraverso un lavoro non di non sopraffazione, ma in armonia col materiale è arrivato ad ottenere le Forme di Pietra.
La successiva scultura presenta un foro nella parte alta che collega le due facce, la faccia naturale del materiale e quella lavorata dall’artista. Egli ha fatto in modo che la forma e la texture richiamassero una torre, riflettendo sul rapporto uomo-materia e sul tendere dell’uomo, attraverso essa, verso qualcosa di spiritualmente più alto.
L’opera qui sopra mi ha ricordato per un attimo il monolite nero del film “Odissea nello spazio 2001” di Stanley Kubrick. E’ la Stele Nera. In questa opera la sua attenzione è totalmente rivolta all’aspetto spirituale dell’uomo, che egli ha indagato attraverso forme, materiale e simboli universali e archetipici.
L’Omphalos è una parola greca che significa letteralmente ombelico, essa indica il concetto di centro non solo materiale ma anche energetico e spirituale, indica anche alcune pietre considerate sacre dai greci nei tempi antichi, esse erano il centro del mondo, proprio come l’ombelico è al centro nel nostro corpo, e in esse era racchiuso il divino.
La pecora nera. In questo caso ha voluto usare la ripetizione quasi modulare, con l’applicazione di varianti di superficie e forma, per riflettere, attraverso la forma e la materia, sugli aspetti umani di similitudine ma soprattutto di differenza.
Qui si parla di due elementi semplici costituiti da due tavole di legno. La riflessione parte (attraverso l’estrema semplificazione delle forme) da un elemento meccanico come può essere ad esempio il maschio e la femmina di un qualsiasi perno, per arrivare ai riferimenti alle origini con la costruzione da parte dei primi uomini delle statuette/totem con fattezze femminili e maschili, e ancora una riflessione sugli elementi che si completano nell’equilibrio perfetto come lo yin e lo yang per alcune culture orientali.
Attualmente, Alfredo Calasso vive e lavora a Carrara, dove continua il suo percorso approfondendo le varie forme d’arte, scavando sempre più profondamente nel suo insito bisogno di ricerca tecnica e intellettuale.
© Questo sito web non ha scopo di lucro, non userà mai banner pubblicitari, si basa solo sul mio impegno personale e su alcuni reportage che mi donano gli amici, tutti i costi vivi sono a mio carico (spostamenti fra le città del territorio salentino e italiano, spese di gestione del sito e il dominio). Se lo avete apprezzato e ritenete di potermi dare una mano a produrre sempre nuovi reportage, mi farà piacere se acquisterete i miei romanzi (trovate i titoli a questa pagina). Tutto ciò che compare sul sito, soprattutto le immagini, non può essere usato in altri contesti che non abbiano altro scopo se non quello gratuito di diffusione di storia, arte e cultura. Come dice la Legge Franceschini, le immagini dei Beni Culturali possono essere divulgate, purché il contenitore non abbia fini commerciali. I diritti dei beni ecclesiastici sono delle varie parrocchie, e le foto presenti in questo sito sono sempre state scattate dopo permesso verbale, e in generale sono tutte marchiate col logo di questo sito unicamente per impedire che esse finiscano scaricate (come da me spesso scoperto) e utilizzate su altri siti o riviste a carattere commerciale. Per quanto riguarda le foto scattate in campagne e masserie abbandonate, se qualche proprietario ne riscontra qualcuna che ritiene far cancellare da questo blog (laddove non c’erano cartelli o muri che distinguessero terreno pubblico da quello privato, non ce ne siamo accorti) è pregato (come chiunque altro voglia segnalare rettifiche) di contattarci alla mail info@salentoacolory.it
Leave a reply