La fede è un assoluto che parte dal cuore così come le intuizioni geniali sono un assoluto che partono dalla mente. E quando cuore e mente si incontrano, si spalancano le porte dell’amore e del desiderio di conoscenza in grado di accendere emozioni e di proiettare verso mondi lontani nello spazio e nel tempo. Così, osando e perseverando con scrupolo scientifico e rigore scettico,
si verificano le scoperte che passano alla storia come quella del professore Mauro Perani, ordinario di Ebraico presso il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna…
…proprio lui, nel corso della redazione del nuovo catalogo dei manoscritti ebraici della Biblioteca Universitaria dell’ateneo felsineo (sede di Ravenna), senza saperlo, ha riscoperto il rotolo perduto, recante scritto il Pentateuco più antico del mondo.
Per volere divino il cosiddetto “Rotolo 2”, costituito da 56 sezioni cucite tra loro su un supporto in morbida pelle ovina lungo 36 metri e alto 64 centimetri, è stato ritrovato, restituendoci il testo completo della Torah ebraica, ossia i primi cinque libri della Bibbia: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Ritenuto di scarso valore, poiché si credeva che risalisse al secolo XVII, il rotolo, scampato allo sterminio ebraico, alle depredazioni e alle soppressioni napoleoniche, alle persecuzioni naziste e all’oblio degli studiosi, venne vergato tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo (1155-1225).
La datazione al XVII proposta nel 1889 da Leonello Modona, un ebreo originario di Cento, che, senza lode e senza gloria, svolse il ruolo di bibliotecario nella sede universitaria bolognese, aveva indotto in errore tutti, tranne il professor Perani, che, già ad un primo esame testuale e paleografico, ha iniziato a nutrire forti dubbi. A cominciare dalla grafia orientale, elegante, raffinata e ricca di orpelli, che non rispetterebbe le regole, codificate, prima che lo cogliesse la morte nel 1204, dal filosofo talmudista Maimonide.
Inoltre, la normativa rabbinica non viene rispettata visto che emergono prepotentemente caratteristiche grafiche proibite ai copisti per lo meno dopo la codificazione maimonidea. Per fugare ogni dubbio allora sono state eseguite dal Centro di Datazione e Diagnostica del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento e dal Radiocarbon Dating Laboratory dell’Università dell’Illinois due analisi al Carbonio 14. Entrambe hanno confermato l’antichità del rotolo, che, sul mercato, si aggirerebbe intorno al milione di euro.
Rimane un mistero come il manoscritto sia confluito nel patrimonio della Biblioteca Universitaria dell’Alma Mater di Bologna, che, nel fondo ebraico, vanta oltre a numerosi codici anche quello relativo al celebre Canone di Avicenna (ms. 2197), rinomato per le sue miniature, oltre alla collezione più importante di Corani in Italia. Alla luce di quanto emerso, questa incredibile scoperta, a cui ha contribuito il polo salentino del CEDAD diretto dal professore Lucio Calcagnile, lega indissolubilmente Bologna e la Torah. Non a caso a Bo-lan-yah, che, in dialetto ebraico, significa “in essa alloggia il Signore” nel 1482 fu stampata la prima edizione del Pentateuco ebraico. In uno degli articoli statutari di una confraternita caritativa ebraica il versetto di Isaia 2,3 che recita: “poiché da Sion uscirà la Torah” veniva parafrasato “poiché da Bologna uscirà la Torah”, facendo riferimento proprio all’editio princeps del testo più sacro per gli Ebrei apparso 62 anni prima nella città delle due torri.
Quando incontro Mauro Perani nel castello di Copertino in occasione del convegno, organizzato nell’ambito delle attività previste per il progetto DICET (living lab DI Cultura E Tecnologia) e dedicato a scienza e tecnologie innovative per la ricerca storico-archeologica e la valorizzazione del patrimonio culturale, il professore non perde l’occasione per sottolinearmi, che, a differenza dei frammenti, scoprire rotoli completi del genere sia difficile se non impossibile, poiché i manoscritti della tradizione ebraica, quando sono usurati non possono essere conservati o bruciati, ma devono essere seppelliti per non profanare il nome di Dio racchiuso nel tetragramma sacro.
Per questo motivo il patrimonio librario ebraico è andato irrimediabilmente perso per motivi religiosi o per motivi imputabili alle grandi persecuzioni come quelle della Santa Inquisizione. Quanto incide allora una datazione con il radiocarbonio e il ricorso alle tecnologie di diagnostica, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale per convalidare una scoperta o scoprire se un reperto sia autentico? Il mistero è svelato dal professore Calacagnile, che ha illustrato alcuni studi recenti, effettuati al CEDAD, assurti ormai a paradigmi. In virtù delle più moderne tecnologie disponibili in Italia, a cominciare da quelle nucleari presenti all’Università di Lecce, si può riscrivere la storia.
A spingere oltre le menti è subentrata la consapevolezza di quanto debba essere forte l’interazione tra i saperi scientifici e umanistici per una completa conoscenza del bene culturale e come sia necessaria la partecipazione di team multidisciplinari per lo studio del Patrimonio Culturale. Tra i casi di studio profilati: la Lupa Capitolina, ringiovanita di 17 secoli grazie alle datazioni effettuate al CEDAD, i Bronzi di Riace, e i numerosi studi su importanti personaggi del passato, come, ad esempio, Pico della Mirandola e Caravaggio, effettuati in collaborazione con il professore Giorgio Gruppioni, Ordinario di Antropologia dell’Università di Bologna, sede di Ravenna.
Ad aprire nuovi orizzonti nella sfera della datazione al radiocarbonio si somma l’importante innovazione tecnologica maturata nell’orbita del CEDAD. Essa è connessa con l’acceleratore di particelle Tandetron e consentirà attraverso una sorgente unica di datare materiali organici con pochissimi milionesimi di grammo, utilizzando direttamente il gas sprigionato dal materiale esaminato. Uno squarcio di luce che traghetta oltre le sponde del tempo.
Lory Larva
© Questo sito web non ha scopo di lucro, non userà mai banner pubblicitari, si basa solo sul mio impegno personale e su alcuni reportage che mi donano gli amici, tutti i costi vivi sono a mio carico (spostamenti fra le città del territorio salentino e italiano, spese di gestione del sito e del dominio). Se lo avete apprezzato e ritenete di potermi dare una mano a produrre sempre nuovi reportage, mi farà piacere se acquisterete i miei romanzi (trovate i titoli a questa pagina). Tutto ciò che compare sul sito, soprattutto le immagini, non può essere usato in altri contesti che non abbiano altro scopo se non quello gratuito di diffusione di storia, arte e cultura. Come dice la Legge Franceschini, le immagini dei Beni Culturali possono essere divulgate, purché il contenitore non abbia fini commerciali. I diritti dei beni ecclesiastici sono delle varie parrocchie, e le foto presenti in questo sito sono sempre state scattate dopo permesso verbale, e in generale sono tutte marchiate col logo di questo sito unicamente per impedire che esse finiscano scaricate (come da me spesso scoperto) e utilizzate su altri siti o riviste a carattere commerciale. Per quanto riguarda le foto scattate in campagne e masserie abbandonate, se qualche proprietario ne riscontra qualcuna che ritiene di voler cancellare da questo blog (laddove non c’erano cartelli o muri che distinguessero terreno pubblico da quello privato, non ce ne siamo accorti) è pregato (come chiunque altro voglia segnalare rettifiche) di contattarci alla mail info@salentoacolory.it
Leave a reply