Nel cuore della foresta dell’Amazzonia c’è un sito rupestre, lungo circa 13 km, in cui esplodono vistosamente i colori di un immenso tappeto di pittogrammi.
Alcuni ricercatori vi hanno visto raffigurati mastodonti, bradipi giganti e altri animali estinti, il che ha fatto proporre una datazione a circa 12.000 anni fa. Il tutto assieme a uomini, probabilmente gli stessi che hanno vissuto in questo lembo della grande foresta. Siamo nella Serrania de la Lindosa, e i pittogrammi appaiono in ottimo stato di conservazione. La scoperta è stata fatta da un team di archeologi nel Parco Nazionale Chiribiquete nel 2019, ma è stata tenuta segreta per mesi, in modo da consentire la completa messa in sicurezza dell’area. Gli esperti ritengono che la vastità dei dipinti sia tale che occorreranno diverse generazioni per studiarli tutti. E molto studio occorre, infatti. Molte sono le cose inspiegabili, prendendo per buona la datazione proposta. Anzi tutto, si tratta di un sito allo scoperto, alla mercé delle frequenti piogge tropicali, quindi appare quanto meno miracoloso lo stato di conservazione delle pitture. Eppure, in un articolo, in Philosophical Transactions of the Royal Society, la teoria della megafauna estinta da tempo e raffigurata in sito, è tenuta ancora in conto. La questione nell’arte rupestre delle Americhe è la relativa scarsità di raffigurazioni della megafauna paleolitica. Sappiamo che gli esseri umani prosperano in questo emisfero da più di 21.000 anni. Dalla documentazione archeologica sappiamo anche che i primi esseri umani qui incontrarono e cacciarono la megafauna. Ma dove sono le raffigurazioni di questi animali nell’arte rupestre dei continenti? I mammut di Sand Island Utah sono i più conosciuti e forse i più controversi. Gli autori dell’articolo utilizzano l’analisi morfologica delle immagini per giungere alle loro conclusioni. L’arte rupestre è notoriamente difficile da datare e ci sono date incredibilmente antiche provenienti da resti archeologici fisicamente associati a Serranía de la Lindosa che si allineano con l’origine paleolitica dei pittogrammi. Ci sono manufatti di ocra rossa provenienti da siti che risalgono sicuramente a 12.000 anni fa. Ciò che manca è qualsiasi collegamento concreto tra i dipinti e quei manufatti in ocra rossa o qualsiasi spiegazione per la stupenda conservazione delle immagini. Quei dipinti in Colombia potrebbero avere davvero 12.000 anni? Non c’è motivo per cui non possano esserlo. Ma se lo sono, quei dipinti sono i dipinti all’aperto più antichi e meglio conservati dell’emisfero. Fino a quando qualcuno non riuscirà a datare direttamente i dipinti o a spiegare la loro straordinaria conservazione, le affermazioni sull’origine paleolitica saranno difficili da accettare. Osservando queste immagini non si può che restare affascinati. Ci sono forme geometriche, figure umane e impronte di mani, così come scene di caccia e persone che interagiscono con piante, alberi e animali della savana. Il sito è lontano dagli insediamenti moderni, ma era conosciuto da alcune comunità locali che hanno aiutato i ricercatori a esplorarli. «Sono immagini incredibili, prodotte dai primi abitanti dell’Amazzonia occidentale», ha dichiarato l’archeologo Mark Robinson (dell’Università inglese di Exeter). «Si trasferirono nella regione in un momento di estremo cambiamento climatico. L’Amazzonia si stava ancora trasformando nella foresta tropicale che conosciamo oggi. Per noi è incredibile pensare che cacciassero e vivessero in mezzo a erbivori giganti». La scoperta è stata fatta dai ricercatori di questa Università nell’ambito del progetto LASTJOURNEY, finanziato dal Consiglio europeo della ricerca. Quest’anno è stato pubblicato un articolo sulla rivista Quaternary International e prodotto un video documentario. José Iriarte, professore di archeologia dell’Ateneo inglese, ha aggiunto: «Stiamo parlando di diverse decine di migliaia di dipinti. Ci vorranno generazioni per registrarli tutti. Ci sono animali estinti, le immagini sono così naturali e ben fatte che abbiamo pochi dubbi che, per esempio, ci siano cavalli dell’era glaciale. È così dettagliato che possiamo persino vedere i crini». Molte delle immagini hanno le dimensioni di una mano, siano esse forme geometriche, animali o umane. Altre sono molto più grandi. L’esploratrice Ella Al-Shamahi è rimasta colpita da quanto in alto siano molte di loro. In un articolo del sito web Il Fatto Storico, dichiara: «Sono alta un metro e settanta e mi spezzerei il collo guardando in alto. Come scalavano quelle pareti?». Alcune delle pitture sono così in alto che possono essere viste solo con i droni. Iriarte crede che la risposta stia nelle raffigurazioni di torri di legno tra i dipinti, comprese figure che sembrano saltare da esse. «Queste pitture hanno un colore terracotta rossastro. Abbiamo trovato anche pezzi di ocra che hanno raschiato per realizzare i pigmenti». Ipotizzando se avessero uno scopo sacro o altro, ha detto: «È interessante vedere che molti di questi grandi animali appaiono circondati da piccoli uomini con le braccia alzate, quasi adorando questi animali». Osservando che le immagini includono alberi e piante allucinogene, ha aggiunto: «Per gli abitanti dell’Amazzonia, esseri non umani come animali e piante hanno un’anima, e comunicano e interagiscono con le persone in modi cooperativi o ostili attraverso i rituali e le pratiche sciamaniche che vediamo rappresentate nell’arte rupestre». Le comunità dell’epoca erano composte da cacciatori-raccoglitori che pescavano nel fiume vicino. Per esprimere la loro arte rupestre, “scavavano” i fianchi delle colline in modo da creare pareti lisce, sovrastate dalla roccia che le proteggeva dalle intemperie. Gli scavi hanno rivelato i resti di piccoli strumenti, oltre a ossa e resti di piante che mostrano un’alimentazione a base di frutta, piraña, alligatori, serpenti e capibara. Al-Shamahi ha aggiunto: «Non credo che le persone si rendano conto che l’Amazzonia è cambiata nel modo in cui appare. Non è sempre stata questa foresta pluviale. È ovvio che i cavalli e i mastodonti disegnati in queste pitture non potevano vivere in una foresta, sono troppo grandi. Non solo dicono che furono create da alcuni dei primi abitanti della regione – il che è di per sé semplicemente sbalorditivo – ma mostrano come potrebbe essere stato questo posto: più simile a una savana». Iriarte sospetta che ci siano molti altri dipinti ancora da scoprire: «Stiamo solo all’inizio».
Di seguito, alcuni documentari in lingua spagnola che documentano l’incredibile sito.
ALESSANDRO ROMANO (chi sono)
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