Continuando il mio cammino a piedi, quasi ottocentesco, in onore ai famosi “Bozzetti” che scrisse il grande studioso salentino Cosimo De Giorgi, mi ritrovo in piena campagna dell’agro leccese, non lontano dalla marina di Torre Chianca, alla ricerca delle tracce della vita e del lavoro che qui si svolgeva da secoli, fino all’abbandono sopravvenuto inesorabilmente nell’ultimo secolo.
Un paesaggio attraversato dalla storica “via del carro”, che le fonti raccontano continuamente solcata dai carri che trasportavano i prodotti agricoli che da qui partivano per Lecce o i porti del Salento, dopo essere stati prodotti.
Qui sopra siamo a Masseria Paladini, un nucleo di due torri accorpate assieme successivamente (la più antica risale al ‘500), svetta assieme alla torre colombaia…
…fino a tempi recenti, sull’esterno della colombaia faceva mostra di sé lo stemma dell’antica famiglia Guarini. Purtroppo è stato trafugato. Miseria e nobiltà accompagnano la storia delle pietre del Salento!
Qui siamo, non lontano dalla prima, a Masseria Barrera, accanto alla sua aia…
…anche questo insediamento è il risultato dell’unione di due massicce torri, che dovevano servire a difendere l’abitato dalle frequenti scorrerie di cui soffrivano queste campagne nei secoli XV-XVIII. La più antica è addirittura della seconda metà del ‘400. In origine qui c’era anche un frantoio ipogeo, ed una delle vasche di raccolta dell’olio (trasportata poi dai proprietari in altro luogo) reca con sé la data 1481 in un graffito.
Il pozzo di Masseria Barrera.
Qui invece siamo a Masseria Mendule…
…nei muretti a secco che la circondano restano ancora diverse nicchie…
…la torre è ancora in ottimo stato, sorvegliata da ogni lato dai “bombardieri” di 500 anni fa, le caditoie da cui gli assediati gettavano ogni sorta di deterrente atto a scoraggiare l’assalto…
Il tempo pare essersi fermato ad allora…
Una imponente torre colombaia svetta accanto al corpo centrale della masseria…
…un tempo aveva lo stemma della famiglia Riccio, che la eresse. Purtroppo anche questo è stato trafugato, l’immagine sopra fu scattata dal prof. Antonio Costantini circa 30 anni fa, è pubblicata nel volume edito da Congedo che illustra le masserie del Salento.
Dall’alto della torre si possono osservare le masserie confinanti… guardando verso l’interno…
…e verso il mare…
Il comignolo osserva l’avanzare del progresso, che stringe in una morsa inesorabile questi che furono a loro volta gli avamposti del progresso della città nelle campagne, tanti anni fa…
…la perfezione delle loro volte è ancora oggi ammirevole…
…anche se sotto di esse, non si ciba più nessuno, né uomini né animali…
…nel ‘700 la masseria era riportata fra i beni di Ignazio Penzini dei baroni Tramacere: probabilmente questo stemma sopravvissuto era il suo, si trova proprio sulla facciata principale.
Lasciando la masseria si percorre una strada lastricata, ancora in buono stato di conservazione…
…probabilmente è proprio quella originale!
La percorro interamente. A tratti è in ottimo stato…
In questo tratto si vede come il margine sia stato scavato nel banco roccioso affiorante. Il centro conserva i segni delle ruote dei carri.
Laddove il fondo non era di roccia fu lastricato sapientemente.
A destra e a sinistra della strada, muri a secco e pagghiare si seguono armoniosamente…
…qualcuna anche particolare…
Nel silenzio del deserto circostante incontro un contadino, che mi dice che sono arrivato a Masseria Tracasci… questa proprio non la conoscevo!
Quel che si vede dalla via è un ambiente un pò diverso dal solito…
…parrebbe quasi un riparo per i viandanti… ma non sono riuscito ancora a trovare alcuna notizia su questa masseria…
…nella sua vasta corte interna c’è un altro caseggiato, in fondo… ed una strada carraia che arriva sin qui…
…e non poteva sfuggirmi, con le sue pietre vecchie e odorose di umido, la discesa per un frantoio ipogeo!…
Interamente scavato nella roccia, la sua volta è ancora in ottimo stato e non teme cedimenti. Però l’ambiente versa in un totale stato di abbandono…
E’ molto grande. Ogni volta mi sorprendo a pensare alla maestria di quei mastri-scavatori che ricavavano ambienti così spaziosi, sotto la viva roccia sospesa sopra!
Ci sono ancora due macine, una più piccola, coperta dalla terra…
…sulle pareti, i classici segni delle croci, che i frantoiani lasciavano ovunque.
Le vasche di raccolta dell’olio sono andate in frantumi…
…però, in tanto degrado, si vede ancora la perfezione della loro opera di scavo, in ogni dettaglio, dalle vasche agli stipi di porte e finestrelle…
Un altro affresco del mio piccolo Salento di una volta, che ancora non vuole morire.
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