Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Cultura messapica: la “trozzella”

Cultura messapica: la “trozzella”

Ogni popolo nel corso della Storia ha lasciato qualcosa che ne rappresenta autenticamente la sua cultura, l’identità. La “trozzella” è il vaso che, fra lo sterminato susseguirsi di civiltà nel Mediterraneo, indica il popolo messapico.

Ha un corpo ovoidale, con alte anse nastriformi che terminano con quattro rotelline, due in alto e due all’attacco col ventre. Solitamente prodotta nella tipica argilla chiara locale, veniva spesso decorata con pittura bruno-rossastra o rosso-nerastra. Il suo nome è la forma italianizzata della voce dialettale salentina tròzzula, che significa rotella. Probabilmente si tratta della trasposizione in ceramica dell’anfora in metallo munita di un sistema di corde e rotelle utilizzata per la raccolta di acqua da pozzi o cisterne. Il suo valore simbolico può essere inteso pienamente in considerazione delle condizioni climatiche e idrogeologiche della Messapia, terra priva di grandi fiumi, storicamente poco beneficiata dalle piogge. Gli archeologi lo hanno ritrovato in grande quantità nelle sepolture femminili. La trozzella si comincia a produrre a partire dal VI secolo a.C. e inizialmente è decorata con pittura monocromatica in stile geometrico. Poi in uno stile sempre meno rigido, arricchito da meandri, scacchiere, cerchi, rosette, stelle, volute, rami di edera, fronde di olivo, per finire con rare rappresentazioni umane, ed anche di animali. Sul significato di questo splendido e originale vaso, il prof D’Andria propone un ruolo di grande importanza svolto dalla “mater familias”, la donna, quale depositaria e trasmettitrice dei valori e della cultura della comunità, all’interno del contesto familiare. Sulle trozzelle si sono trovate raffigurate anche scene che propongono storie di stragi e di guerre, che in apparenza sono in contraddizione col mondo femminile. Ma, come si diceva, non solo le madri, ma anche le zie, le nonne, raccontavano ai figli, sin da bambini, le storie della mitologia mutuata dai Greci, che in questo modo si tramandavano di generazione in generazione. Fra queste trozzelle speciali, ce n’è una veramente affascinante, che merita un racconto a parte. Scoperta nell’agro di Grottaglie nel 1969 (secondo il prof. Santoro intorno al monte Salete), e donata l’anno successivo al “Ny Carlsberg Museum” di Copenaghen. Secondo lo studio del prof. Lombardo, sul lato A mostra lo scontro tra Enea e Diomede, durante l’assedio di Troia (come raccontato da Omero nel V canto dell’Iliade): si riconosce la figura della dea Atena, che era la protettrice del guerriero greco, che è raffigurato mentre punta la lancia contro l’eroe troiano, mostrato ferito e cadente al suolo. Alle spalle di Enea si vede Afrodite che, come leggiamo nell’Iliade, lo avrebbe poi tratto in salvo avvolgendolo nelle sue vesti. Sia l’immagine di Afrodite che quella di Enea sono contrassegnate dall’iscrizione che reca il loro nome. Sul lato B della trozzella vediamo la rappresentazione di un altro mito, ossia quello dei “Sette contro Tebe”, la scena della folgorazione dell’empio gigante Capaneo, ad opera di Zeus, armato del suo fulmine, dinanzi ad una delle porte di Tebe. Due personaggi, di difficile interpretazione, osservano la scena, mentre di Capaneo abbiamo anche l’iscrizione del suo nome. Da quando vidi per la prima volta questo vaso, non so perché l’ho subito associato al corpo di una donna. Una donna che allarga la braccia e le richiude sui fianchi col dorso delle mani. Quando una donna fa quel gesto, qui dalle mie parti, in Salento, sta sentendo il richiamo degli antenati, è un istinto. Sia se danza, come in questa immagine la ballerina Serena D’Amato, sia se è in casa arrabbiata a richiamare il figlio. Prende la forma del vaso simbolo della cultura messapica, la trozzella, mette le mani in quel modo, per esprimere se stessa, un voler dire: “a modo mio”. Mia figlia è stata soprannominata “trozzellina” da mia moglie, che non conosce tutta questa storia, ma è un istinto, appunto: mia moglie viene dalla valle del Devoll, in Albania, dove si produceva la ceramica ritrovata poi a Otranto, gli antenati erano gli stessi. E la stessa è la strada che lei ha fatto, per giungere fin qui, in Salento. Millenni interi, passati senza che un gesto possa svanire nel tempo. Cerchiamoli sempre, i nostri antenati. In questa epoca frettolosa loro ci parlano ancora, hanno da dirci ma non li stiamo a sentire. Facciamoli ballare, dentro di noi.

ALESSANDRO ROMANO (chi sono)

© Questo sito web non ha scopo di lucro, non userà mai banner pubblicitari, si basa solo sul mio impegno personale e su alcuni reportage che mi donano gli amici, tutti i costi vivi sono a mio carico (spostamenti fra le città del territorio salentino e italiano, spese di gestione del sito e del dominio). Se lo avete apprezzato e ritenete di potermi dare una mano a produrre sempre nuovi reportage, mi farà piacere se acquisterete i miei romanzi (trovate i titoli a questa pagina). Tutto ciò che compare sul sito, soprattutto le immagini, non può essere usato in altri contesti che non abbiano altro scopo se non quello gratuito di diffusione di storia, arte e cultura. Come dice la Legge Franceschini, le immagini dei Beni Culturali possono essere divulgate, purché il contenitore non abbia fini commerciali. I diritti dei beni ecclesiastici sono delle varie parrocchie, e le foto presenti in questo sito sono sempre state scattate dopo permesso verbale, e in generale sono tutte marchiate col logo di questo sito unicamente per impedire che esse finiscano scaricate (come da me spesso scoperto) e utilizzate su altri siti o riviste a carattere commerciale. Per quanto riguarda le foto scattate in campagne e masserie abbandonate, se qualche proprietario ne riscontra qualcuna che ritiene di voler cancellare da questo blog (laddove non c’erano cartelli o muri che distinguessero terreno pubblico da quello privato, non ce ne siamo accorti) è pregato (come chiunque altro voglia segnalare rettifiche) di contattarci alla mail info@salentoacolory.it

Cultura messapica: la trozzella

Leave a reply

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.