“Gnatia lymphis iratis exstructa”, così scriveva Orazio, “Egnazia, costruita sulle acque tempestose”, durante il suo viaggio compiuto alla fine del I secolo a.C. da Roma a Brindisi. E’ una recente interpretazione degli studiosi, che associa il termine lymphis iratis alle acque in tempesta dell’Adriatico su cui la città si affaccia.
Un mare definito dallo scrittore in altre opere come “iratum”.
Egnazia è una delle città Messapiche, e poi Romane, di cui tanto è giunto fino ai nostri giorni. Il suo circuito murario fu eretto nel IV secolo a.C. ed era lungo 2 km, difeso anche da un fossato.
In the second half of the 4th century B.C. the birth of Egnazia as a town is confirmed by the construction of a large, almost two-kilometre-long surrounding wall, erected with the opus quadratum technique and protected by a moat. The north end of the surrounding wall, traditionally referred to as “muraglione” (massive wall) and today and today stretching out into the sea, is slightly shorter than its original height of eight metres.
L’estremità a nord della cinta muraria, quella che vediamo in foto sopra, è rimasta quasi intera, miracolosamente, nell’altezza originaria che era di otto metri!
Sotto vediamo l’area sacra della città, l’acropoli, rivolta verso il mare. In età imperiale, l’edificio posto più in alto venne ristrutturato ed inserito al centro di un grande santuario.
In the Imperial Age, the building of Republican age in extensively restructured and located in the middle of a large sanctuary. The sacred area, facing the sea as if to dominate the bay of the port, is enclosed by a portico of the Doric order with quadrangular niches on the sides and a north-eastern entrance.
Sotto siamo davanti alla Via Traiana, che sfiorava l’area del Foro, un sito della città che non è stato ancora scavato dagli archeologici: la strada serviva ai carri che dovevano transitare, ed infatti in questa zona di maggior traffico i solchi risultano essere assai consumati, ma per un tratto anche ai pedoni che si dirigevano al Foro o alle adiacenti terme.
In its stretch crossing this crucial sector, the Via Traiana deviates slightly in order to reach the forum without entering it. The chariot ruts, so worn out as to be gradually replaced with a new couple of ruts, give us a clear idea of how this area of the town had the most intense traffic of carts, men and goods. The main road has a branch without a chariot ruts for the sole transit of pedestrians who had to enter the changing room of the thermal baths or walk up to the inside of the forum.
Accanto all’arteria viaria c’erano le terme, ed una città come Egnazia non poteva esserne sprovvista, anche se non era dotata di acquedotto (ci pensavano addetti a questo lavoro, ad attingere acqua alla grande cisterna). L’acqua, sia calda che fredda, scorreva sotto il pavimento, e vi era una squadra addetta anche alle fornaci, che tenevano costantemente in temperatura le acque.
The complex system for the functioning of the thermal baths originated in this service area and was activated by a large number of workers. Some of them death with the furnaces providing the hot air that would flow through the empty spaces underneath the floor: the largest of these furnaces communicates with the bath of the caldarium. A different furnace brought the heat into the same room, under a smaller bath. A third furnace served the tepidarium. Located in the middle of these two rooms, the laconicum reached the highest temperatures, suitable for the dry steam bath and generated by the convergence of several heat sources. Since Egnazia was not supplied by an aqueduct, the baths did not use by water pipes. Instead, some workers would constantly draw water from the large cistern located next to the main praefurnium.
Tutta l’accurata architettura di queste terme, e alcuni pavimenti a mosaico sopravvissuti, si possono ancora oggi ammirare nella visita.
Nel V secolo la città, divenuta cristiana, si dota di una basilica. Sotto ne vediamo il perimetro, che è sopravvissuto. E’ preceduta dal portico riservato ai catecumeni non ancora battezzati. Solo dopo aver ricevuto il sacramento, infatti, i fedeli erano accolti all’interno della chiesa come nella comunità cristiana. L’edificio presenta tre navate ed un’abside che invade un asse secondario perpendicolare alla Via Traiana.
A clear sign of architectural enhancement, in the town chanching throughout the 5th century A.D. is represented by the basilica, located south and not far away from the bishop’s church. The building has a nave and two side aisles divided by two rows of seven columns and an apse extending over a secondary axis perpendicular to the Via Traiana, through which the episcopal basilica could be accessed.
Legato all’intervento urbanistico dell’età di Augusto, il criptoportico è un corridoio sotterraneo (sopra vediamo la struttura dall’esterno) a quattro bracci, di pianta trapezoidale, con diversi pozzi-luce sistemati a distanze regolari. Il confronto con altre strutture simili in Italia meridionale lascia pensare gli studiosi che esso fosse legato ad un luogo sacro, un santuario. Anche se non restano tracce del resto delle strutture che lo dovevano comporre.
Le pareti sono rivestite di malta idraulica, e questo lascia supporre che questa cavità sia stata utilizzata per la raccolta delle acque.
Egnazia aveva una grande città dei morti. La necropoli è molto estesa e conta numerose sepolture, di tutti i tipi, vi si trovano le tombe a fossa, a semi-camera o a camera, interamente scavate nel banco roccioso. Le tombe a fossa risalgono al IV secolo a.C. e con ogni probabilità accoglievano al loro interno individui della stessa famiglia. Oltre a corredi funerari, sia maschili che femminili.
Nei secoli, purtroppo, si è verificata una spoliazione dei reperti contenuti in esse, per via dei ladri di tesori, che ne perforavano la lastra di copertura (i cui fori sono ancora visibili) facendo man bassa di ogni cosa.
Le tombe a semi-camera sono molto più grandi e spesso all’interno le pareti erano intonacate e decorate. Erano chiuse con grandi lastroni di pietra.
E qui arriviamo alla massima espressione della cultura funeraria di questa civiltà: le tombe a camera. Erano frutto delle classi sociali emergenti, che per i loro defunti costruivano un vero e proprio monumento, costituito da un grande corridoio di accesso, che introduceva alla cella che era molto ampia, e chiusa da due enormi ante di pietra, spesso incardinate.
L’interno era decorato e quegli affreschi riproducevano in tutto quello che era la vera abitazione della famiglia.
In età tardoantica l’area della necropoli continuava ad essere utilizzata per le sepolture (anche se erano differenti nella tipologia), come si vede nell’immagine sotto.
Un incanto è la visita alla “Tomba delle Melegrane”, recentemente restituita alla visita del pubblico, di cui è sopravvissuta la porta originaria, che ancora funziona benissimo, girando sui suoi battenti le pesantissime ante monolitiche.
Purtroppo anche questa fu razziata da ignobili cercatori di tesori e non ha restituito nulla del suo corredo. La sua decorazione però è incantevole! Riproduce, per mezzo del colore, i rivestimenti in marmo e le architetture tipiche delle abitazioni del periodo…
…come le fasce rosse sul soffitto, che simulano le travi in legno delle abitazioni. La presenza dei frutti che danno il nome all’ipogeo si spiega col significato delle melegrane, che auspicano la rinascita dopo la morte, e la vita ultraterrena.
Quello che avete visto qui è poca cosa rispetto ad una visita dal vivo! Perciò consiglio tutti gli appassionati, ma anche i semplici curiosi e gli amanti delle passeggiate fuori porta di recarsi qui almeno una volta: nell’immaginario delle antiche città domina Pompei, ma vi assicuro che una visita in questo sito, e il suo splendido museo, ripaga oltre ogni aspettativa. Visitate il sito ufficiale del Parco Archeologico e prenotate pure. Alla prossima avventura!
(Fonte delle notizie qui condivise sono i pannelli illustrativi del Parco Archeologico e le parole delle preparatissime guide, ad una delle quali approfitto per lasciare un caro saluto, a Pasquina Cuzzupè!)
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