Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Gli affreschi del convento di Maruggio

Gli affreschi del convento di Maruggio

Ho sempre trovato stimolante la visita agli antichi chiostri di Terra d’Otranto, luoghi secolari, ispiratori di pensiero e serenità, ma anche custodi di storie lontane nel tempo: essi fanno riecheggiare la Storia davanti ai nostri occhi, oppure rassicurano l’anima con episodi traboccanti umana bontà, o accrescono la sensibilità artistica con le loro meraviglie d’arte e architettoniche.

Questa è la volta di Maruggio, una piccola visita in questo antico borgo della provincia tarantina, anch’esso toccato dalla venuta dei frati francescani, ad inizio del Cinquecento, come gran parte del Salento…

…che ci hanno lasciato una bellissima eredità pittorica: gli affreschi custoditi nel chiostro del convento di Santa Maria della Grazia.

Attorno al pozzo, situato al centro di un quadrilatero di rara perfezione, si snodano le scene più celebri della vita di santi francescani, accompagnati nei medaglioni da altri frati, Papi e molte figure che in qualche modo ebbero a che fare con la storia dell’Ordine creato dal poverello di Assisi. Furono create a partire dai primi anni del Seicento, e poi ritoccate o aggiunte da mani successive nei secoli seguenti.

Gli affreschi del convento di Maruggio

 

Cominciamo con il sogno che fece Papa Innocenzo III (1198-1216), che “vide”  un uomo povero e piccolo che sostiene sulle spalle il Laterano cadente. Il poverello è San Francesco d’Assisi. L’iscrizione posta sotto di lui recita: “Qual Atlante novel Francesco…del catolico cielo il dorso inchina per ripar della fè Dio lo destina forte senza bastion è vinto”… Il Santo è paragonato al mitico Atlante, condannato a reggere sulle sue spalle le colonne che separano la terra dal cielo. Per l’anonimo poeta, Francesco è destinato da Dio a “inchinare il dorso”, quasi un “riparo” della fede nel “cielo catolico”.

Qui siamo davanti alla decapitazione di sette frati francescani ad opera di Saladino, sultano di Aleppo nella parte estrema del Marocco, al confine con la Mauritania. Una tragedia realmente accaduta, nelle tante missioni svolte dai frati nei loro viaggi.

Anche qui siamo davanti ad un altro episodio dell’epopea missionaria e del martirio dei seguaci di Francesco: la crocifissione di sei frati.

Questo affresco è molto rovinato, ma anche qui non è difficile riscontrare altri martirii francescani.

Qui vediamo la morte di Santa Chiara, avvenuta l’11 agosto 1253 nel convento di San Damiano in Assisi.

Qui l’affresco è quasi distrutto. Si nota, in alto al centro, un carro tirato da cavalli a briglia sciolta, appartenente all’affresco sottostante.

Qui vediamo l’apparizione di Gesù Bambino a Sant’Antonio di Padova.

Questa lunetta ci riporta la figura del Cardinale S.Bonaventura, una delle colonne del Francescanesimo, ritratto in atteggiamento di scrivere sotto ispirazione divina.

Qui vediamo Dionigi, il re del Portogallo, in pericolo di morte, che viene aiutato da San Ludovico di Tolosa, vescovo francescano.

E qui siamo nel bel mezzo di una delle battaglie che personalmente mi hanno molto appassionato, e che videro lo scontro campale dell’Europa cristiana contro i Turchi nei secoli XV-XVI. In questa scena è ritratto San Giovanni da Capestrano. Egli fu compagno di S.Bernardino da Siena nella diffusione e riforma dell’Osservanza. Fu grande predicatore e sopratutto lottatore contro i Turchi, viaggiò in tutta Europa, portando la sua focosa parola. Dopo la tragica caduta di Costantinopoli nel 1453, divenne un vero e proprio soldato. Sullo sfondo di questa scena, si vede la città di Belgrado, assediata dal turco nel 1456, nel momento più decisivo per la libertà dell’Europa, dopo la caduta dell’Impero Bizantino. Ad aspettare i musulmani c’era Janos Hunyadi, l’eroe ungherese che da anni si opponeva ai turchi come in Albania faceva Skanderbeg. L’assedio si trasformò in una battaglia di grandi dimensioni che Hunyadi terminò con un improvviso contrattacco che conquistò il campo turco, costringendo il sultano, già ferito, a togliere l’assedio e ritirarsi. Si dice che l’assedio di Belgrado decise la sorte della cristianità. La campana di mezzogiorno fu ordinata durante l’assedio da Papa Callisto III per invitare i credenti a pregare per la battaglia e ancora oggi ricorda la vittoria in tutto il mondo.

Ed eccolo, San Bernardino da Siena, mentre con un prodigio ridona la vita ad un bambino ucciso da un toro.

E qui ritorna la Battaglia di Belgrado, in un’altra scena, in cui vediamo San Giovanni da Capestrano, imponente, con la bandiera crociata nella mano sinistra e una luce sulla fronte. Curioso il frate accanto a lui che spara con l’archibugio inginocchiato quasi con… devozione!

San Giacomo della Marca resuscita un bambino, a Brescia, intorno al 1462. Accadde che durante il periodo di predicazione in città, al santo si legò un bambino di nome Corrado. I suoi genitori ammiravano molto nel frate non solo la parola ma anche la grande bontà e spirito di povertà. Corrado da lui aveva imparato l’Ave Maria. Trovandosi accanto all’abitazione della sua famiglia, una casa di ebrei, il bambino giocava spesso col loro figlio, e a questi finì per insegnare la preghiera imparata dal frate. Il padre ebreo, accortosi di questo, preso dall’ira afferrò Corrado e gli squarciò la gola. Poi ne nascose il piccolo corpo nel camino. Il santo lo riportò in vita, e il padre ebreo chiese perdono e si convertì. La storia è narrata da un’opera rimasta inedita e manoscritta, “Il miracolo del fanciullo risuscitato a Brescia”.

San Pietro d’Alcantara, in estasi verso la croce, contribuì a rinfocolare lo spirito di Francesco a metà del Cinquecento, nella sua Spagna.

San Francesco Solano, battezza in terra peruviana, a cavallo fra Cinquecento e Seicento.

San Giacomo della Marca, in volo, col bastone, fra gli angeli. L’immagine è fantasiosa, ma nello stesso tempo richiama sia la realtà storica dei grandi viaggi apostolici del Santo attraverso l’Europa nord orientale, sia tradizioni nei suoi riguardi che hanno il sapore di leggende sacre.

Uno dei più celebri prodigi di Sant’Antonio di Padova, recatosi a Rimini per incontrare gli eretici, e disputare con loro sulla fede in Cristo. Essi non vollero ascoltarlo (infatti nella scena si turano gli orecchi) ed allora Antonio parlò ai pesci, che vennero a galla per udirlo.

Questo affresco è molto rovinato: si tratta del perdono di Assisi: Gesù e la Vergine in alto, e Francesco in ginocchio a implorare la grazia. E’ un motivo ricorrente della iconografia francescana.

Qui siamo di fronte alla famosa “cucina degli angeli”, che ricorda l’episodio avvenuto a S.Diego d’Alcalà, mentre era cuoco nel convento di quella città: alcuni angeli prestarono aiuto al converso durante il suo servizio.

San Pasquale Baylon (1540-1592) adora il Santissimo Sacramento.

Un gruppo di indigeni si disseta alle acque che sgorgano dalla roccia battuta da un bimbo accompagnato da un santo francescano.

Un santo francescano innanzi al profeta Elia.

Questa è un’immagine molto rara nell’iconografia francescana. San Francesco ha in mano una spada insanguinata, mentre nell’altra tiene la Regola. Di fronte San Paolo, con uno sguardo minaccioso. Alle loro spalle, un uomo decapitato giace penzoloni sul letto grondante sangue. Si tratta di un’allegoria: richiama i periodi di lotta nella storia dell’Ordine, tra i Conventuali (chiamati frati della borsa perchè possedevano averi) e gli Osservanti, legati alla povertà ma accusati dai primi come frati della Bolla e non obbedienti al preteso unico Provinciale.

Qui vediamo uno dei tanti miracoli di Sant’Antonio di Padova: una donna inferma sta per alzarsi dal letto perchè guarita dal santo taumaturgo, tra la meraviglia della figlia, che si vede inginocchiata ai piedi del letto.

Il teologo francescano beato Duns Scoto, cantore della Vergine Immacolata. In basso, a destra nella scena, si nota una figurina assai curiosa…

…che, armato di martelletto e incitando al silenzio, accoglie il visitatore nel chiostro. Era forse l’autoritratto burlone di qualcuno che qui ci lavorò, in qualche mansione. Non ci è dato sapere. Al termine di questa visita ringrazio l’amico Aldo Summa per avermici accompagnato…

…e sopratutto per avermi fornito di questo meraviglioso libro, una grandiosa ricerca firmata don Pietro Cesare, che analizza non solo il convento e la chiesa ma anche tutto il contesto storico di Maruggio, che non mancherà di interessare l’appassionato. Da qui ho tratto le notizie che ho condiviso con voi!

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