Non è la prima volta che condivido qui i graffiti che ritrovo in giro per il Salento, fra i borghi come nelle città. E non sarà nemmeno l’ultima. Il panorama dei graffiti di questo territorio, attraversato continuamente e per secoli da viandanti d’ogni tipo e d’ogni dove, merita una continua ricerca.
Anche stavolta ne metto insieme qualcuno fra i più singolari, con la speranza che qualche lettore possa aiutarmi nella decifrazione.
Le campagne sono il luogo ideale per scoprirne qualcuno nuovo, in un paesaggio che in buona parte non ha subito enormi trasformazioni.
Qui sono in agro di Martano, davanti ad una classica “pagghiara” del paesaggio salentino…
…rimasta praticamente intatta.
Proprio sull’uscio spicca questa figurina minacciosa (sopra), che sembra assolvere alle più classiche funzioni, in questi casi: cacciare via i visitatori indesiderati.
Accanto, c’è una figura più complessa…
…per farla risaltare meglio che ne ho tracciato i contorni sulla fotografia. Ma il suo significato è un enigma.
Anche qui ho fatto lo stesso lavoro…
…sembrano venir fuori spighe di grano…
…qui è tracciata solitaria, ma già mi sembra qualcos’altro, forse una lisca di pesce?
Qui il disegno è sempre più complesso ed enigmatico…
…con lo stile di un bambino (o di un uomo delle caverne), il misterioso abitante di questa pagghiara ha realizzato un affresco monumentale e assai criptico.
Anche qui. Credo la mano sia la stessa…
…e ricalcare la sua mano, non mi aiutata più di tanto.
Qui, siamo all’interno della chiesa matrice di Surbo, nello stretto vano che porta al campanile: è il luogo dove, ho appuntato in diverse altre chiese del Salento, si rifugiavano di solito i fuggiaschi, quelli che cercavano asilo. E spesso lasciavano graffiti. Qui sopra, una croce che sembra portarne addosso altre, forse a simboleggiare le tre croci sul Golgota. Insieme a diverse epigrafi, purtroppo praticamente illeggibili…
Però, in grande, ha voluto segnare l’anno, coi numeri latini: 1656. Ho cercato brevemente qualcosa di eclatante che sia successa a quella data, ma non ho trovato granché. Certo, una tremenda epidemia di peste funestò il Regno di Napoli proprio in quell’anno. Le vittime furono migliaia ovunque, ma la provincia di Terra d’Otranto fu miracolosamente risparmiata. La popolazione attribuì lo scampato pericolo all’intercessione di Sant’Oronzo, molto amato da queste parti. Ma si possono fare solo congetture.
Fra altri segni, epigrafi e croci…
…ed una massiccia struttura di forma quadrata, qui sopra…
…spicca questo grande graffito, che ho dovuto minuziosamente ricalcare in foto, per “vederlo”…
Il tratto è assai schematico ed essenziale, ma sembra effettivamente riconoscere un carro trainato da un cavallo e degli uomini, che trasportano dei conci di tufo: forse sono dei cavatori. Chissà se il prezioso cappellone di Sant’Oronzo, e le altre opere barocche presenti nella chiesa, non furono fatte proprio nell’anno qui segnato, e ricordato dai maestri che vi lavorarono?
Questo graffito invece si trova sopra una colonna della navata centrale della chiesa di San Niccolò e Cataldo a Lecce (anche in questo caso ho tratteggiato bene la fotografia per ricavare il segno, in quanto difficilmente leggibile ed in parte deteriorato): una figura per certi versi enigmatica, che si confonde con quello che pare essere il suo trono, alle spalle. Un re, o un religioso?
Qui siamo di nuovo nelle campagne, in territorio di Melendugno, presso l’antica chiesa di San Niceta.
Ho trovato molto curiosa questa incisione sull’architrave di accesso di questa pagghiara…
…un quadrato, con dentro una iscrizione, e chiaramente il simbolo di una croce.
E ora siamo in agro di Lecce…
…non lontano da masseria Litta, dove si trova questa bella pagghiara…
…spesso esse recano sull’accesso qualche segno graffito…
…in questo caso c’è una data: 1779.
E’ una bella costruzione, rimasta quasi intatta…
…con la cupola tenuta bene assieme dalla terra rossa argillosa…
…qui, sull’accesso c’è una grande croce graffita…
…e questa costruzione… che a ben guardare…
…sembra una chiesa: in cima ha una croce, ed anche all’interno di quella specie di rosone sulla sua facciata. Poi sembra esserci un’epigrafe, ma il segno è ormai molto vecchio e non si legge bene…
…anche qui, ho ricavato lettere senza senso apparente.
Però questi luoghi hanno sempre il loro fascino…
…conservano ancora fra le loro pietre l’odore selvatico della vita che un tempo qui vi si conduceva, e che nonostante tutto richiedeva alla loro gente di trasmettere memorie.
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