Da appassionati di Storia del territorio oltre che da maniaco bibliofilo sono veramente felice quando entro in possesso di libri (e quindi della conoscenza che essi custodiscono) che non si trovano più in commercio, pur se realizzati cinquant’anni prima con un amore e dedizione oggi difficilmente riscontrabile. E’ il caso di una preziosa serie di Congedo Editore.
Si tratta dell’Almanacco Salentino a cui Mario Congedo lavorava sin dalla fine degli anni 60 del Novecento, insieme a pregevoli studiosi, mettendo insieme un panorama straordinario di notizie, storia e curiosità varie. Lui stesso, nella prefazione di uno di questi, scriveva di questa “vecchia tradizione che si rinnova per i romantici incorreggibili, innamorati della propria terra, cui, pur nel frenetico ritmo della vita di oggi, piace, almeno ogni tanto, abbandonarsi al piacere insopprimibile di guardare al passato, dove c’è almeno il seme di una cultura o di una civiltà”. Parole profetiche, per molti di noi!
Sfogliando il secondo tomo della foto sopra, mi sono imbattuto in un articolo di Rosario Jurlaro, dal titolo appunto “Greci nella Brindisi Romana”, che molto mi ha lasciato pensare a questa nostra terra, alle commistioni che l’hanno sempre animata, formata, aiutata in questo dalla sua splendida posizione nel cuore del Mediterraneo. Condivido di seguito alcune righe di un articolo, e di un libro, che meritano sempre memoria e riconoscenza.
“L’epigrafe bilingue greco-latina che ricorda il filosofo epicureo Eucratida, il quale teneva in Brindisi una pubblica scuola, e che era stato tanto apprezzato da meritare dopo morto la sepoltura in luogo pubblico destinato alle autorità cittadine, era già nota sin dai tempi del Manuzio. L’età in cui operò questo filosofo è rimasta incerta, né da sola questa testimonianza epigrafica avrebbe mai potuto motivare un discorso sulle cause del bilinguismo greco-latino in età Romana a Brindisi. Il filosofo era greco, forse aveva insegnato in greco, ed il suo epitaffio poteva essere stato espresso nella sua lingua per rispetto alla sua memoria. La teoria che esprimeva il fenomeno della latinizzazione del Salento ad opera dei Romani, con questo solo documento epigrafico brindisino, essere intaccata minimamente.
Stante l’esiguità degli altri reperti (che qui si riproducono), non si poteva avviare il discorso per una ricerca sulla componente demografica dal tempo della sua conquista da parte dei Romani a quello della caduta dell’Impero. Che molti orientali abbiano avuto, per motivi di commercio, dimora in Brindisi è pacifico. Lo conferma anche la presenza di un tal Ypato, negoziante della Bitinia, del quale si conserva l’urna cineraria nel Museo. La prima idea che, in Brindisi, fin dall’Età Repubblicana, vi fosse stata una popolazione mista, si rileva dal Corpus Inscriptionum Latinarum del Mommsen ove si parla dei figuli che operavano in agro di Brindisi, precisamente in contrada Apani. Nell’anno 1952, in via Liguria, venne alla luce un’epigrafe di cui si è occupato Cosimo Pagliara. E se pure non si vorrà considerare voce greca quella con cui si propagandavano, qui i fichi della Carie mentre i soldati di Crasso erano in Brindisi per la spedizione contro i Parti, ancora un indizio sulla presenza in loco della lingua greca la dà Aulio Gellio, che nel III secolo d.C., passando da qui, comprò vari libri di autori greci. Lo stesso Gellio riferisce non senza ironia, che in Brindisi vi era un esperto di lingua latina al quale la popolazione, certamente poco pratica di quella lingua, si rivolgeva per avere l’esatta accezione di alcuni termini. L’esperto, a detta di Aulio Gellio, non era proprio un esperto.
Mancava però un documento che non fosse l’epigrafe sepolcrale di carattere privato per poter parlare di bilinguismo in questa città. Questo si è avuto occasione di scoprirlo grazie alla collaborazione dell’amico Vincenzo Minunni, in un disegno di Albino Luigi Millin, conservato nel gabinetto delle stampe della Biblioteca Nazionale di Parigi. Esso riproduce il frammento di uno dei due tori stilofori in marmo (coi resti di iscrizione bilingue), che stavano alla base del protiro ed all’ingresso di quella cattedrale romanica brindisina che fu demolita a metà del XVIII secolo (immagine sotto).
Le dimensioni dell’epigrafe, che si può calcolare comparando la scultura con quelle coeve, non sono inferiori a due metri di larghezza, un metro di altezza e cinquanta centimetri di spessore, e lasciano pensare ad un testo di notevole importanza. L’epigrafe, dedicata certamente ad un imperatore, potrebbe però andare attribuita ad un ampio lasso di tempo: dall’ellenizzazione dell’Impero alla sua caduta. Resta, pertanto, sempre aperta, la determinazione dei tempi in cui, più o meno, i Greci assunsero in Brindisi il ruolo di protagonisti imponendo il bilinguismo anche negli atti e nelle memorie pubbliche.
Il discorso andrebbe ricondotto all’argomento per cui la ricerca è stata compiuta. Argomento di carattere medievalista, che potrebbe aprire un’indagine nuova sulle origini dei grecismi nei dialetti salentini e sulla più tarda latinizzazione degli stessi dialetti, ad opera degli evangelizzatori che, forse per primi, dall’Africa settentrionale, nel V secolo, introdussero qui i libri sacri in traduzione latina”.
(tratto da “Almanacco Salentino 1970-1972”, Congedo Editore, da un articolo di Rosario Jurlaro)
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