(WITH ENGLISH TEXT)
“Via Guglielmotto da Otranto. Teologo e poeta, XIII secolo”. Si leggeva a fatica. Da quella strada passavo molto spesso, ma quel nome, come tanti altri della toponomastica cittadina, non mi diceva assolutamente nulla né stuzzicava la curiosità di giovane studente.
Poi un bel giorno, non so per quale motivo, mi sono messo sulle sue tracce. Enciclopedie, testi monografici e perfino i motori di ricerca sul web riportavano una biografia piuttosto scarna con pochissimi accenni sulla sua produzione poetica (in pratica solo un sonetto).
La scarsità di informazioni era da tutti imputata alla furia distruttrice degli occupanti di Otranto che, radendo al suolo l’abbazia di San Nicola di Casole, dove il nostro aveva studiato e vissuto e dando alle fiamme l’archivio della Curia Otrantina, avevano disperso al vento la memoria e le tracce della sua esistenza e delle sue opere. Si dovettero attendere i primi decenni del Seicento e il ritrovamento casuale, fra gli scarti di un archivio del Vaticano, di un codice manoscritto dell’inizio del tredicesimo secolo, il Canzoniere Vaticano Barberiniano Latino, per farlo riemergere dall’oblio in cui era caduto. Tra le decine e le decine di poesie del volume, l’attenzione degli studiosi coevi si concentrò per la chiarezza della lingua usata, la metrica e l’argomento trattato proprio sull’unico sonetto di Guglielmotto.
Diversi intellettuali cercarono di ricostruire la biografia per poter datare con certezza le opere e quindi stabilire il ruolo avuto nella nascita della poesia italiana. Pensate che per il sonetto Ostia sacrata una teoria ne ha attribuito la paternità a Dante Aligheri. Secondo un’altra scuola di pensiero, per la profondità dell’argomento trattato e la semplicità con cui è presentato, il sonetto sarebbe stato scritto da un anonimo teologo, di scuola toscana. In tempi più vicini a noi le ricerche sono riprese per merito di alcuni studiosi locali. Purtroppo anche in questo caso sono venute fuori correnti di pensiero assai diverse.
Una tra le più attendibili ipotizza che Guglielmotto, di umili origini, nacque a Otranto, dove in tenera età si fece notare per la sua viva intelligenza tanto da essere ammesso a studiare presso l’abbazia di San Nicola di Casole. Appena diciassettenne, entrò in convento, completò i suoi studi di teologia ed imparò molte delle lingue parlate del suo tempo (latino, greco, arabo, ebraico, siciliano, francese). Lo ritroviamo a Casole quando (nel 1219) è nominato abate padre Nicola da Otranto (Nettario da Otranto dopo i voti). Costui, religioso di grandissima cultura, portò il cenobio casolano ai massimi livelli aprendo una scuola di poetica greca e latina.
Anche il nostro fraticello fa parte di questo ristretto circolo culturale e usa con estrema maestria entrambe le lingue dei dotti. Ma lui è un figlio del popolo e forse contesta il fatto che sapere e conoscenza siano un monopolio di religiosi e potenti. Controcorrente, vuole che i suoi messaggi giungano anche a coloro che eruditi non sono. Ecco allora che inizia ad usare lo strano vernacolo autoctono parlato dalla povera gente della sua terra natia: quello che ne vien fuori è racchiuso nel suo sonetto Ostia sacrata.
Un punto su cui gli esperti non sono ancora d’accordo è la cronologia della biografia di Guglielmotto e delle sue opere. Secondo alcuni il sonetto risale addirittura attorno al 1221. Pensate che a scuola ci viene insegnato che il primo componimento in volgare è il “Cantico delle Creature” di San Francesco scritto tra il 1221 e il 1226 mentre il primo vero poeta volgare è Chelo d’Alcamo, esponente della scuola siciliana, autore della celebre “…rosa fresca aulentissima…” datata tra il 1231 e il 1250. Se le ricerche dovessero confermare la data, attualmente ancora desunta, del 1221 per Ostia sacrata allora essa diverrebbe la prima opera letteraria in volgare e noi potremmo a ragione vantare che la lingua italiana è nata nel Sud e precisamente tra le mura dell’Abbazia di Casole a Otranto.
(Articolo tratto dalla rivista “Salento Review” del 15-9-2014, per cui ringraziamo il direttore Gabriele De Giorgi per la gentile concessione. L’immagine degli amanuensi è invece una riproduzione del disegno di Giorgio Albertini, esposta all’interno dell’Archivio di Stato di Lecce, per cui ringraziamo la direzione per la cortesia)
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Guglielmotto d’Otranto, a man from Salento at the origins of the vernacular.
Poet and theologian of the 13th century, he may have been the first to use what later the italian language.
The lack of infos on this man is associated to the occupans of Otranto who destroyed San Nicola di Casole’s abbey, his home and school, together with the Curia of Otranto’s archives, burying his existence. Only in the 17th century a manuscript of the 13th century was rediscovered, the Canzoniere Vaticano Barberini Latino. Several men tried to reconstruct the biography to assign a date to his works and determine his role in Italian poetry. In more recent times, researches have resumed thanks to some local scholars, with different results. One among the most reliable says that he was born in Otranto: noticed for his intelligence as a boy, he was admitted in the abbey of San Nicola di Casole. At age 17, he embraced the basilian rule, completing his studies in theology and learning many languages of the time. Appointed abbot father Nicola da Otranto in 1219, he also opened a school of Greek and Latin poetry. He wanted his messages to reach everyone, and so started using the vernacular spoken by the poor people of his land: the result is his sonnet, Ostia sacrata, which some say dates back to 1221; if so, it would be the first piece of literature in the vernacular.
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