Nel nostro Paese, i consumi che derivano dagli edifici rappresentano circa il 36% del consumo complessivo di energia, dato leggermente inferiore alla media europea (circa il 40%). A prima vista, sembrerebbe quindi che gli edifici italiani, dal punto di vista energetico, siano mediamente più efficienti rispetto a quelli degli altri Paesi europei.
Questo dato tuttavia non deve trarre in inganno e deve essere messo in relazione alle condizioni climatiche che caratterizzano il nostro Paese. Se si rapportano infatti i dati di consumo con i gradi giorno invernali, la qualità del parco edilizio italiano viene notevolmente ridimensionata. In un contesto in cui la maggior parte dei consumi energetici negli edifici è dovuto al loro riscaldamento, si deduce che il minore consumo degli edifici in Italia è sostanzialmente dovuto alla mitezza del clima, piuttosto che alla efficienza delle costruzioni. Tale situazione è legata soprattutto all’obsolescenza degli edifici.
Infatti circa il 70% delle abitazioni è stato realizzato nel periodo ante 1976, caratterizzato da assenza assoluta di legislazione energetica nel settore civile, che ha portato a realizzazioni prive di qualsivoglia attenzione in termini energetici, mentre nel periodo successivo al 1976 pur in presenza di leggi all’avanguardia (come la legge 10/91), la scarsissima attuazione delle stesse non ha portato comunque a livelli di efficienza soddisfacenti. Per quanto riguarda il consumo di energia primaria, considerando sia l’edilizia residenziale che quella non residenziale, la parte più importante del consumo è legata al riscaldamento degli ambienti (circa il 48%), cui segue il raffrescamento (con il 12%) e l’illuminazione (con l’11%). La restante parte invece riguarda la produzione di acqua calda sanitaria (ACS), la cottura e l’impiego di elettrodomestici o apparati elettronici. Per quanto riguarda gli edifici residenziali, il fabbisogno medio annuo per il riscaldamento, riferito al metro quadro di superficie utile (Epi o indice di prestazione energetica invernale) si attesta intorno a 180 kWh/m2a. In pratica l’EPI, indica il “consumo” per il riscaldamento annuo espresso per metro quadro di superficie utile dell’edificio (superficie interna pavimentata), ed è quindi espresso come:
EPI = Fabbisogno annuo di energia / superficie utile.
Tale indice, in termini pratici, ci consente di compiere valutazioni sia tecniche che economiche. Per dare un’idea concreta del significato di questi fabbisogni termici, ipotizziamo di dover fornire energia per il riscaldamento con impianto a metano, in un appartamento monofamiliare, da 100 m2 di superficie utile, con caratteristiche medie. Si considera una accensione dell’impianto tale da garantire un confort ottimale per tutte le ore del giorno e della notte. Considerando un Epi di 180 Kwh/m2a ed una superficie di 100 mq, ne consegue un fabbisogno complessivo annuo di:
180×100= 18.000 KWh
per generare 10 KWh è necessario circa 1 m3 di gas metano
Quindi, in prima approssimazione:
18.000 kWh / 10 = 1.800 m3 di gas metano che considerando un costo medio di € 0.80 per m3, corrispondono ad un totale di circa 1.440 euro/anno.
Facciamo ora un esempio con casa ad alta efficienza energetica : casa “TRE LITRI”.
Parlare di una casa “ TRE LITRI ” vuol dire che ogni metro quadrato di questa casa si riscalda per tutta la stagione invernale con soli TRE m3 di metano (o tre litri di gasolio).
QUINDI: Cento metri quadrati di questa casa si riscaldano per tutto l’inverno con:
3m3 x 100 mq= TRECENTO METRI CUBI di metano, pari ad una spesa di circa: 240 euro/anno.
Come possiamo vedere la differenza in termini economici è davvero rilevante e lo diventa ancora di più, se facciamo il confronto con una “casa passiva”. Ma cosa significa CASA PASSIVA ? Le prime case passive si sono sviluppate nel nord Europa in un clima molto più rigido rispetto al nostro; molti degli esempi esistenti si trovano infatti in Germania, Francia del nord, Austria, Svezia e Svizzera. Vi sono degli edifici conformi agli standard di Casa Passiva anche in Italia, ma questi si trovano principalmente in Trentino Alto Adige, regione caratterizzata da un clima piuttosto rigido. Da queste esperienze è nato in Germania lo standard Passivhaus, sviluppato dal Passivehaus Institut (PHI) di Darmstadt, che codifica le linee guida ed i requisiti generali per la realizzazione di case passive, senza tuttavia imporre o vincolare soluzioni tecniche specifiche. Una Casa Passiva, per essere certificata come tale, deve essere caratterizzata da un fabbisogno termico non superiore ai 15 kWh/m2a e da un fabbisogno energetico totale inferiore a 42 kWh/m2a, comprensivo di riscaldamento, acqua calda sanitaria ed elettricità utilizzata per illuminazione ed elettrodomestici. In generale, per quanto riguarda il riscaldamento invernale, una Casa Passiva in Italia consente un risparmio energetico di circa il 90% rispetto ad un edificio tradizionale e dell’80% rispetto a una casa standard, conforme ai più avanzati regolamenti edilizi. Tornando al confronto con la casa tradizionale, l’energia necessaria a riscaldare un appartamento di 100 m2 in un anno è equivalente a 150 m3 di gas metano o 150 litri di gasolio (equivalente a circa due rifornimenti di una autovettura). Una casa Passivhaus, dunque, rientra nell’obiettivo del “fattore 10”, ossia utilizza solo il 10% dell’energia richiesta da un edificio tradizionale. Le case passive sono caratterizzate inoltre da un alto livello di comfort. Esse utilizzano le fonti di energia presenti all’interno dell’edificio, come il calore del corpo umano o quello dei raggi solari che sono entrati negli ambienti. Le finestre, le pareti esterne, i solai di copertura ed il pavimento hanno valori di isolamento termico molto elevati, che consentono di trattenere all’interno il calore desiderato nella stagione invernale e viceversa di lasciare il calore fuori dall’edificio nella stagione estiva. Un sistema di ventilazione controllata fornisce costantemente aria fresca, senza causare spiacevoli correnti d’aria. I risparmi energetici enormi propri delle case passive si ottengono ricorrendo soprattutto ad una buona progettazione, a componenti per l’edilizia ad alta efficienza energetica ed al sistema di ventilazione controllata. Un altro principio importante è l’assenza di ponti termici in quanto l’isolamento è applicato in continuità senza “punti deboli”, in modo da eliminare le perdite di calore. Le Case Passive sono eco-sostenibili per definizione: usano poca energia primaria, lasciando le risorse energetiche disponibili per le generazioni future, senza provocare danni ambientali. L’energia aggiuntiva richiesta per la loro costruzione è quasi irrilevante in confronto con l’energia che permettono di risparmiare in seguito. Le case Passive consentono inoltre non solo di risparmiare denaro nel lungo termine, ma sono sorprendentemente convenienti anche nella fase di realizzazione. I maggiori costi necessari per l’acquisto di materiali di qualità superiore, richiesti dallo standard Passivhaus (stimati intorno al 10%), sono controbilanciati dall’eliminazione parziale o anche totale, degli impianti di riscaldamento e raffreddamento. Per costruire una casa passiva, è necessario considerare i seguenti aspetti già in fase di progettazione:
1) forma dell’edificio: tanto maggiore è la superficie che racchiude l’edificio, tanto più elevato è lo scambio termico con l’esterno e quindi le perdite termiche;
2) orientamento delle superfici vetrate: per sfruttare al meglio l’irraggiamento solare nei diversi periodi dell’anno; ad esempio sono ideali ampie aperture rivolte verso sud che permettono al sole di entrare durante l’inverno (quando il percorso del sole è più basso rispetto all’orizzonte) e sono facilmente schermabili durante l’estate (quando il sole è più alto), per evitare fenomeni di surriscaldamento;
3) utilizzo di fonti di energia rinnovabili: i bassi consumi elettrici di una casa passiva possono essere soddisfatti totalmente mediante l’uso di energie rinnovabili;
4) isolamento termico: un eccellente isolamento delle pareti, del tetto e del pavimento, impedisce al calore di disperdersi verso l’esterno nella stagione invernale e per contro riduce l’entità degli apporti termici nella stagione estiva;
5) ventilazione meccanica controllata: il flusso dell’aria viene regolato in modo tale da regolare la quantità di aria richiesta per avere le condizioni microclimatiche interne ottimali. Uno scambiatore di calore ad alta efficienza (>80%) viene utilizzato per trasferire calore dall’aria interna in uscita, con l’aria fresca in entrata, che viene purificata attraverso opportuni filtri;
I sistemi di ventilazione meccanica controllata inoltre offrono i seguenti vantaggi:
- Alto grado di efficienza energetica;
- Valori di rumorosità minimi (non percepibile);
- Elevate condizioni di comfort;
- Costante rinnovo d’aria in tutti gli ambienti;
- Facile manutenibilità;
- Nessun odore spiacevole;
- Nessuna corrente d’aria fredda proveniente dall’esterno;
- Assenza di rumori esterni;
- Aria filtrata, priva di pollini e di polveri fini;
- Forte riduzione delle spese per il riscaldamento;
- Nessun problema d’umidità in casa, neppure negli ambienti più soggetti (bagni, cucine)
serramenti ad elevati requisiti prestazionali: questi dovranno essere altamente isolati per evitare il più possibile le dispersioni di calore verso l’esterno (vetri tripli basso emissivi).
di Salvatore De Pascalis.
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