Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Il Museo Diocesano di Otranto

Il Museo Diocesano di Otranto

Preziosa memoria della città di Otranto è il Museo Diocesano, che recentemente è stato riaperto al pubblico, con tutto il suo carico di storia e di fede.

Si trova proprio di fronte alla Cattedrale, dal lato opposto della piazzetta. Vi si entra in un’atmosfera vivida di secoli di vita cittadina. La scala di accesso al primo piano accompagna il visitatore con una serie di stemmi nobiliari, scolpiti in pietra, che risalgono ai secoli XVI e XVII. Il primo appartiene alla famiglia napoletana Della Gatta, giunta in Italia dalla Francia e stabilitasi in Sicilia ai tempi di Carlo d’Angiò. Le bombarde, che vediamo sul pavimento, sono un triste ricordo del bombardamento dei Turchi su Otranto del 1480. La Sala dei Santi si caratterizza per una preziosa serie di sculture seicentesche, che raffigurano appunto dei santi cristiani, come Tommaso d’Aquino o San Paolo Apostolo. E poi due santi teatini, la cui presenza rimanda alla successione sulla sede idruntina di alcuni vescovi provenienti da questo ordine. C’è anche una piccola scultura che raffigura Irene di Tessalonica, a cui è intitolata la chiesa dei Teatini a Lecce. La Sala del Battistero e degli Angeli è forse la più scenografica. In essa tutto il soggetto iconografico ruota attorno ad angeli e cherubini, che tanta fortuna hanno avuto fra il Rinascimento ed il Settecento nella decorazione delle chiese. A questo periodo risalgono infatti tutti i frammenti qui raccolti. La Sala degli antichi mosaici accoglie i reperti musivi di età tardo cristiana rinvenuti negli anni 80 del Novecento in occasione del restauro del mosaico della cattedrale otrantina. Furono estratti a pochi centimetri di profondità. Come per il mosaico di Pantaleone, anche queste tessere risultano essere pietre estratte da località vicine a Otranto: le tessere bianche con venature verdi vengono da Santa Cesarea Terme, quelle nere dal canale del Rio, a Tricase. I disegni e gli schemi sono quelli in uso nel Mediterraneo fra il IV e il V secolo d.C. In questa sala possiamo ammirare la Stele di Glyka, che costituisce l’unica iscrizione bilingue, in greco ed in ebraico, sinora rinvenuta in Otranto, da sempre luogo crocevia di scambi fra Oriente e Occidente. Il reperto riveste un’eccezionale importanza, in quanto ci dice che gli Ebrei erano presenti in città già dal III secolo d.C. Il testo riporta un’epigrafe sepolcrale, in cui c’è scritto, in greco: “Qui giace Glyka, figlia di Sabino e Neilè, che hanno trovato riposo prima di lei”. E chiude poi, in ebraico: “Che essi riposino con i giusti”. Nella Sala della Eucaristia i reperti raccolti hanno in comune il tema eucaristico. Di particolare pregio è il paliotto, opera marmorea rinascimentale di Nicolò Ferrando, discepolo del grande Nuzzo Barba, che abbiamo imparato a conoscere dai presepi di Santa Caterina a Galatina e della Madonna della Gallana a Oria, e dallo splendido Arcangelo Michele della chiesa di San Francesco a Gallipoli. Tutto questo ci fa comprendere il valore artistico dei maestri che operavano a Otranto ed in Salento. Sempre in questa sala si trovano frammenti architettonici opera di un altro grande artista, Gabriele Riccardi, che tante meraviglie ha lasciato a Santa Croce, a Lecce, ma anche nella cattedrale di Otranto, dove si trovano le quattro colonne che ci raccontano dei gloriosi e santi Martiri. Altri paliotti sono qui conservati, tutti memorie della cattedrale idruntina. Le opere lapidee cinquecentesche lasciano il posto alle “cinquecentine”, preziose stampe del XVI secolo, molte delle quali provenienti da botteghe veneziane, di cui la più importante è l’opera stampata dai prestigiosi torchi tipografici del celebre Aldo Manuzio, nel 1592. Grazie alla singolare marca tipografica, raffigurante l’ancora con delfino ed il motto “Festina lente” (ossia “affrettati, ma con calma”), i suoi libri vennero conosciuti in tutta Europa, con il nome di “edizioni aldine”. Personalmente ho avuto il piacere di ricordare questo personaggio, che fu il primo editore in senso moderno della Storia, nel mio romanzo cinquecentesco “Hippikon”. Nelle due sale successive ci immergiamo in una pinacoteca, sempre proveniente dalla cattedrale, che ci presenta dipinti seicenteschi a tema religioso, così come vestiario vescovile e ostensori. Fra le tele più intense c’è la Madonna di Otranto, su cui spicca la chiesa in fiamme. Preziosissimo è il kiriale settecentesco, sempre proveniente dalla cattedrale, che era usato nelle celebrazioni e recentemente restaurato. Quando venite a Otranto, venite qui a visitare questo luogo straordinario: il Museo Diocesano, come un tempo la città faceva fra Oriente e Occidente, vi terrà sospesi nel mezzo, del vasto mare della cultura del Mediterraneo, di cui Otranto era un faro.

ALESSANDRO ROMANO (chi sono)

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