(A cura di Salvatore Musio) La questione della pochezza dei documenti medievali che poco supporta il lavoro degli studiosi della storia minima del nostro territorio è sempre aperta.
Pochi riferimenti molto spesso relativi a successioni feudali o fiscali e mai a edifici o luoghi di interesse, tranne che per i castelli regi, alcune chiese, abbazie o comunque realtà e città di una certa entità. Questo però non può demotivare la ricerca e non deve costituire un limite a quello che un’architettura è in grado di raccontare.
Nociglia costituisce la summa degli intoppi documentari medievali con esempi costruttivi e decorativi che rappresentano un unicum. La cappella bizantina della Madonna dell’Idri, il cui primo dei suoi cinque strati di affreschi è datato alla seconda metà dell’anno Mille, è il punto di partenza fondamentale per ricostruire la storia evolutiva del paese.
La posizione della piccola chiesetta sull’arteria pellegrinale verso il santuario di Santa Maria de Finibus Terrae fornisce una linea temporale rilevante sulla quale collocare alcune tappe nocigliesi, alle quali si aggiunge la posizione topografica preminente del paese (102 metri slm), con affaccio sul sottostante antico Bosco di Belvedere. È evidente che un luogo di continuo passaggio doveva avere una “sentinella” che fungesse da controllo e avvistamento. È pertanto quasi scontata la presenza del longilineo torrione che oggi offre diversi spunti di riflessione. Dall’alto dei suoi circa 18 metri (pari a un palazzo di cinque piani), dalla Torre di Nociglia si vedevano agevolmente (e ancora si vedono) le opere ossidionali di Supersano, Ruffano, Montesano e Scorrano, paesi situati dall’altro lato del Bosco. La struttura turrita, suddivisa in tre livelli serviti da un’unica scala spiraliforme ricavata nello spessore murario e con un’unica stanza per piano, si presenta oggi senza un fossato, anche se l’ingresso al primo piano, comune per quasi tutte le torri medievali, non lo esclude. Le due aperture al piano terra sono chiaramente postume e la loro “forzatura” è evidente dall’interno. L’assenza della scarpatura attorno al basamento, che cominciò a diffondersi nel Trecento, è una delle spie da considerare. Molto interessanti sono le volte delle due camere ai piani terra e primo contraddistinte da un grande arco a sesto acuto equilatero, caratteristica dell’opus francigenum che nell’Italia meridionale trovò la sua massima diffusione durante il governo degli Angioini (1266-1382).
Questa tipologia architettonica in Terra d’Otranto sviluppò un proprio carattere identitario in virtù delle commistioni tra le conoscenze francofone e le maestranze locali, da sempre abituate ad assimilare le influenze esterne. La stanza principale al primo piano è la più alta e l’unica con un caminetto. Sulle sue pareti si aprono delle finestre che originariamente consentivano l’illuminazione naturale, due delle quali tamponate dall’esterno per via di una sorta di rifoderatura applicata nei secoli al torrione, tant’è vero che c’è grande difformità tra tessitura e forma dei tufi tra interno ed esterno. Una di queste costituisce un pezzo unico dell’intera torre, sormontata da un concio in pietra calcarea sagomato con archetti pensili che disegnano il fiore del giglio di Francia, elemento decorativo per eccellenza della finestra gotica.
Di questa tipologia costruttiva due-trecentesca rimane ben poco nelle architetture non religiose del Salento, due rari esempi si riscontrano nella Guglia Orsini di Soleto e nella parte più antica del castello Risolo di Specchia.
Alla luce di tutti questi elementi utili a restringere la forbice temporale si può affermare che la Torre di Nociglia può essere agevolmente inserita nel cuore del Basso Medioevo, presumibilmente nella prima porzione del Trecento, in una fase storica che, più che l’incastellamento, ha visto costruire strutture turrite e piccoli presidi per un controllo capillare del territorio promosso in particolar modo dagli angioini.
Segni esoterici e valenze simboliche a Nociglia
(A cura di Luigi Ruggieri) Sulla scia di quanto detto finora ossia sul discorso di un edificio retrodatato, può essere spiegato anche un nuovo elemento riconducibile alla torre nocigliese: la scoperta di un simbolo esoterico presente all’interno della camera di sicurezza. Si tratta di un graffito raffigurante un “Alquerque”, inciso sotto la finestra della parete Est della torre (che punta là dove nasce il Sole).
Nel suo schema più diffuso, l’Alquerque ha un tavoliere formato da una griglia di quadrati che sono collegati fra loro da linee diagonali, creando così 25 incroci. La scacchiera ospita 25 posti e i due giocatori hanno 12 pedine a testa, bianche o nere. Il gioco è una versione più antica della Dama, infatti, l’Alquerque ha regole simili. Questo gioco fu praticato per millenni in Egitto e in Medio Oriente, e fu portato in Spagna dagli Arabi, che lo chiamavano “el–qirkat”: ne parla il “Libro dei Giochi” del 1283 di Alfonso X detto “il saggio”, re di Castiglia e di Leon, che ne mostra una chiara illustrazione. Ma oltre alla funzione ludica, questo tipo di figura divisa in quattro quadrati a loro volta divisi in otto triangoli ciascuno, per realizzare 32 triangoli complessivi, dovevano assumere una grande importanza poiché sono stati riprodotti dai Templari sui muri della torre Coudray di Chinon, la prigione dove nel 1307 furono rinchiusi 250 templari per alcuni mesi, e il Gran Maestro J. De Molay, per circa un anno. Durante la prigionia, i cavlieri templari, probabilmente consci di quello che li attendeva, vollero forse lasciare una sorta di messaggio alla posterità, incidendo sui blocchi di pietra delle mura delle torri una serie impressionante di graffiti. Si trovano “Croci potenziate”, “croci semplici”, “combinazioni di croci”, numerose figure umane dall’incerto significato, ed altri simboli misteriosi. Uno fra i più usati era il cosidetto “Centro Sacro”: Si tratta di un quadrato regolare, con iscritti otto raggi, che formano due “croci greche”. Ennesimo evidente il richiamo al simbolismo del numero otto.
Sopra, il “Centro Sacro” e il Centro Sacro in versione “Fiore della Vita a 8 punte o raggi. Questo segno è diffusissimo sulle pareti dei monumenti sacri, soprattutto dei posti più visitati dai pellegrini. Nociglia, proprio come luogo di passaggio, ne è piena!
Una variante del “Centro Sacro” è costituita da due o da quattro quadrati semplici, con gli otto radiali all’interno, affiancati in modo da formare un quadrato più grande. La figura è simile allo schema in cui gli astrologi dell’antichità inserivano lo Zodiaco, ma pure allo schema per il gioco dell’Arquerque. Diversi studiosi chiamano questo simbolo anche “Segno della Commanderia”, ritenendo che indicava la presenza, appunto, di una “Commanderia” (o “Commenda”) dell’Ordine dei Templari.
FONTE: L’Ordine Teutonico nel Salento: bilancio storiografico e prospettive di ricerca – Hubert Houben
Nei secoli passati il significato esoterico veniva presentato come essoterico e divulgativo. C’era il bisogno di correlare significati comuni di uso quotidiano a simboli più complessi con i quali s’intendeva rappresentare delle verità, dei valori e degli aspetti mistici riconoscibili solo da iniziati e non da tutti. Per questo, un semplice gioco diventa emblema. La valenza prettamente simbolica di questo segno, forse legata a pratiche apotropaiche, è sottolineata anche dal rinvenimento di numerosi esemplari tracciati in posizione verticale su colonne di pietra, massi rocciosi, tombe, stipiti di portali, riconducibili a luoghi di particolare concentrazione energetica o presenza divina. Il fatto che il tavoliere venga inciso in posizione verticale (come nel caso di Nociglia) esclude la sua caratteristica di gioco, assumendo invece un uso diverso. La presenza di Alquerque nel Salento la troviamo nella trecentesca chiesa di San Giovanni a San Cesario di Lecce, all’interno della quale vi è una tomba medievale su cui compare il tavoliere graffito accanto ad un altro simbolo significativo: “la Triplice Cinta”. Un Alquerque lo troviamo a Galatina presso la “Corte Vinella” su di un’antica scalinata artistica. E sempre su una scalinata troviamo la stessa scacchiera (anche se in posizione orizzontale) nel castello di Tutino (Tricase). Poi bisogna ricordare il frantoio ipogeo di Giuggianello, dove c’è una singolare tavola di pietra ricca di graffiti incisi da pellegrini e viandanti sulla cui superficie compare l’Alquerque; come pure all’interno della chiesa della “Madonna Assunta” sempre a Giuggianello. Ne troviamo un altro esempio sulla parete esterna della chiesa Matrice di Cannole e sulla parete esterna della chiesa di “Maria SS. Incoronata ad Acquarica di Lecce; una illustrazione se ne trova sui muri della chiesa dell’Annunziata a Galugnano. Infine bisogna segnalare l’alquerque presente su una delle pareti esterne della chiesa del “Crocefisso” a Muro Leccese.
La stessa figura è rimasta ancora oggi oggetto di considerazione nella moderna Massoneria e uno dei principali significati che ricopre il Centro Sacro (o Fiore della Vita) con tutte le sue varianti (Alquerque e Triplice Cinta) è quello del numero 8, il quale indica l’infinito, l’equilibrio e la giustizia… forse quel senso di giustizia auspicato da un prigioniero nella camera di sicurezza? Tornando alla datazione della torre si potrebbe teorizzare l’azione di un cavaliere che manualmente scolpisce l’arquerque, forse uno di quegli ultimi crociati destinati alle spedizioni trecentesche, come ad esempio quella della “Crociata Alessandrina” (ricordiamo l’intervento dell’Ordine dei Cavalieri Ospitalieri 1365) o la “Crociata Berbera” (1390) Se così non fosse si potrebbe anche ipotizzare che uno dei Gallone, ossia Giuseppe (1819-1898) Principe di Tricase e Moliterno, Conte di Nociglia e barone anche di altri feudi quali Belvedere, Torricella, Supersano, ecc. abbia voluto, come ultimo proprietario della torre nocigliese, lasciare un segno ermetico a dimostrazione della sua appartenenza alla struttura iniziatica denominata “ Ordine Osirideo Egizio”. Ai posteri l’ardua sentenza!
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