Percorrendo la via vecchia Melendugno, partendo da Calimera, nello spazio di appena un chilometro mi si è aperto un mondo.
L’antico Salento rurale, che viveva e lavorava attorno a questa vecchia strada oggi quasi in disuso. Era il regno degli olivi, e come ogni regno c’era anche una reggia. Un frantoio, scavato interamente nella roccia, che indica chiaramente che ci troviamo nel 1500, quando questa tipologia costruttiva era dominante. Ma nei dintorni non c’erano solo le olive, ma anche i vigneti. Come ci fa intuire questa casa, sulla cui architrave d’ingresso c’è scritto, tradotto dal latino, una frase come se fosse la terra stessa a parlare, al viandante: “Se io ti dono molto raccolto, ti darò molto vino. E giustamente prima c’è il mangiare e poi il bere”. Reca la data 1715. L’interno è semplice e funzionale. La grande aula è dotata di una scala interna alla parete che portava sul tetto. La grande volta a botte ospita degli stipi, e soprattutto un camino, per cucinare e riscaldarsi. L’ambiente era vissuto, si trovano molti graffiti sulle pareti, come navi, un arcaico gioco del tris, e poi, a destra e a sinistra del camino, due personaggi, un uomo ed una donna, quasi come fossero i padroni di casa ad accogliere i viandanti accanto al fuoco. Lungo questa strada si arriva poi ad uno degli insediamenti rurali più affascinanti che ho mai visto nel Salento. Quella che sembrerebbe una semplice “pagghiara”, è una torretta di difesa, attrezzata con una caditoia. Al suo interno anche qui degli stipi, un camino, ed una scala che porta al soffitto, sul cui vertice tutto sembra attrezzato per poter sorvegliare il territorio circostante. Guardando l’insediamento dall’alto, attraverso queste immagini di Roberto Leone, si vede meglio come la torretta doveva essere la prima costruzione realizzata. Poi, ad essa è stato addossato un altro edificio, che è tenuto insieme dal classico bolo cinquecentesco. Siamo quindi nel XVI secolo. Le pareti di cinta erano molto alte, e nell’ultima fase hanno inglobato un vasto terreno rettangolare, strappato alla foresta di querce che certamente ricopriva questo lembo di terra, e che conteneva vari ambienti e cortili, ad uso di una comunità autosufficiente. Il sentiero che giungeva qui era solcato da una strada carraia, ed ai margini era chiuso da un muro a secco composto da pietre anche molto grosse. Non siamo lontani dall’antico tracciato dall’antica strada Traiano Calabra, e non è improbabile che questo posto fosse un luogo di sosta, per uomini e cavalli. Le strutture sembrano essere state pensate per la difesa, e visto il periodo in cui probabilmente è sorto tutto è comprensibili, anche per via del sempre imminente pericolo di scorrerie turche. Tuttavia, questo luogo è sospeso da tempo ormai nell’abbandono. Sarebbe bello che gli studiosi se ne interessassero, almeno per ripulire le zone invase dalla vegetazione e studiare i reperti in ceramica che sono disseminati intorno. Un altro pezzo di storia del Salento attende di essere raccontato.
ALESSANDRO ROMANO (chi sono)
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