Lontano dalle odierne principali vie di comunicazione, sopravvive ancora oggi un’antica cappella fra le campagne tra Lizzanello e Castrì di Lecce, che ci riporta cinquecento anni addietro, in un tempo in cui i campi erano intensamente vissuti.
E’ una piccola costruzione, costituita da due vani voltati a botte e addossati, uno è un piccolo tempio, l’altro il ricovero del suo custode, più corto in lunghezza.
Due piccoli contrafforti laterali reggono la facciata della cappella…
…sulla quale campeggia uno stemma, dal quale possiamo capire che il tempietto era appannaggio dei frati Celestini di Lecce (che poi la cedettero al Capitolo di Cavallino), e che avevano una base anche nel vicino convento di Lizzanello, oggi ridotto purtroppo a un miserando rudere.
Sull’architrave di accesso si nota ancora una lunga iscrizione, purtroppo molto abrasa, che potrebbe darci ulteriori notizie, ma per la cui traduzione servirebbero le tecniche degli studiosi.
L’interno è piccolo e intimo, voltato a botte, che presenta un piccolo altare ed un affresco.
Al centro, la “titolare” della piccola chiesa, Santa Lucia, riconoscibile per gli occhi che reca nella mano destra. Gli affreschi datano la chiesetta alla seconda metà del XVI secolo, ma anche per lo stemma, che si trova raffigurato in alcune monete che erano in corso in quel periodo.
Sulla destra si vede San Biagio, che ha tra le mani il pettine uncinato, suo attributo iconografico…
…sulla sinistra invece San Celestino V, un papa, riconoscibile anche dalla tiara indossata.
Sull’altare si nota una pietra raffigurante il Golgota…
L’ambiente accanto doveva essere il ricovero del custode di questo tempio, dotato anche di un camino.
Le campagne salentine ci regalano spesso questi piccoli scrigni di storia minima e dell’arte locale. Qui sopra vediamo un altro esempio, un’identica cappella, delle stesse misure e voltata a botte, che presenta una Madonna con bambino, e due santi, fra giovani martiri e vescovi, che si trova nelle campagne fra Melendugno e Calimera (nota come cappella dell’Acona). In questo caso, come si evince dalla iscrizione presente in basso a sinistra sull’affresco, “Questa capella la fata fare Lio Montenaro de Martignano per suo voto 29 ottobre 1626”.
Piccole grandi testimonianze della vita della semplice gente che in queste campagne viveva e lavorava, andava e veniva, all’ombra della grande Storia, con autentica fede e devozione. Ringrazio per le notizie Stefano Cortese e Gianmarco Sperani, che mi hanno aiutato a comporre questo breve articolo.
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Grazie per la segnalazione. Ottima cosa ricercare tali chicche.Mi piacerebbe contattare l’autore per scambiare pareri a riguardo di alcune chiesette. Michele Mainardi.Arnesano.
Ciao Michele, puoi scrivermi quando vuoi alla mia mail: sandrolento@gmail.com