Percorrendo una delle più antiche strade di Brindisi, la via Lata, all’incrocio con via Santa Lucia, nella parte alta della città, nel popoloso quartiere antico, troviamo la chiesa di S. Lucia. E’ una chiesa molto interessante per il suo vetusto aspetto, per la sua bella chiesa superiore della SS. Trinità, per la sua preziosa minuscola chiesa inferiore e perché, fino da un primo colpo d’occhio,
fa presagire subito, a un complesso monumento importante che testimonia di molte antiche vicende brindisine, e mostra notevoli forme d’arte.
La facciata mono-cuspidata, la cui semplicità di linee è interrotta solo dalla lunetta che sormonta il portale. Presenta l’accesso costituito da una scala a due rampe che ha sostituito una scala semi-ovoidale preesistente, simile a quella della chiesa di San Paolo Eremita. Si ritiene sia stata eretta nel XIII secolo, ed è un tipico esempio di architettura romanica che precorre e si include col linguaggio gotico. La chiesa è dotata di cripta e in origine doveva esservi annesso un monastero femminile di monache premostratensi, probabilmente le penitenti di cui è memoria in un documento del 1248, monache bianche dette dal colore del loro abito.
L’oscillazione tra tradizione culturale orientale e sollecitazioni d’ambito occidentale è il vero leitmotiv della decorazione pittorica della chiesa superiore della SS. Trinità – S.Lucia. La teoria di santi sulla parete meridionale è di un frescante meridionale della seconda metà XIII secolo.
Se in questi pannelli della fine del XIII secolo si avverte ancora l’eco degli eventi crociati e la rappresentazione del male viene ancora evocata sotto le spoglie del “nemico islamico”, nuovi moduli espressivi già suggeriscono i dipinti della contro-facciata e le pareti adiacenti, tutti parte, con ogni probabilità di un medesimo ciclo. Una successione di figure olosome impegna parte della contro-facciata: a destra dell’ingresso un pannello raffigurante San Vito di cui si individuano la tunica e il felonio rosso e in basso due cani in posizione rampante.
L’area presbiteriale sembra riportarci in un ambito culturale pregno di influenze medio orientali anche per le soluzioni iconografiche: la Santa paludata con copricapo a calotta, l’Arcangelo che indossa il loros imperiale (a cui si appoggia uno scudo con croce latina su campo scuro) e regge con la sinistra il sigillum crocesignato. Oltre allo scudo con croce latina, rimanda a un contesto crociato il Santo cavaliere, probabile San Demetrio che uccide con la lancia il nemico, che reca uno scudo a rotella e ha sul capo un elmo conico (elementi assimilabili ai guerrieri tartari o islamici) e impugna una lancia spezzata; il riferimento crociato deve intendersi nel senso di una trasmissione di repertori di immagini e motivi decorativi favorita da movimenti degli ordini cavallereschi e di popoli.
Sulla parete a sinistra della porta d’ingresso si trova un affresco raffigurante San Pietro Martire e storie della sua vita di autore frescante meridionale di fine XIII secolo-prima metà del XIV.
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