La CRIPTA DEL PECCATO ORIGINALE è un oratorio rupestre che rappresenta una delle più antiche testimonianze dell’arte rupestre del Mezzogiorno d’Italia. Matera in età romana fu solo centro di passaggio ed approvvigionamento.
Nel 664 d.C. essa passò sotto il dominio longobardo e venne annessa al Ducato di Benevento.
I secoli IX e X furono caratterizzati da aspre lotte fra gli stessi Longobardi, i Saraceni ed i Bizantini, che tentarono più volte di impadronirsi del territorio; la città fu distrutta dalle truppe di Ludovico II, imperatore dei Franchi, proprio nel tentativo di cacciare i Saraceni. Dopo l’insediamento dei Normanni avvenuto nel 1043 la città conobbe un periodo di pace. Nei secoli seguenti, fra carestie e terremoti, Matera fu a lungo città Regia. Nel 1663, in epoca spagnola, Matera uscì dalla provincia di Terra d’Otranto, di cui fino ad allora era parte integrante, diventando capoluogo della Basilicata e sede di Regia Udienza (foto tratta da Wikipedia).
Famosa per l’insediamento rupestre dei Sassi, Matera è un vero tesoro del rupestre. Poco distante dalla via Appia, attraversando il silenzioso sentiero di Pietrapenta, alla periferia della città, tra vigneti e campi di grano, si giunge alla CRIPTA DEL PECCATO ORIGINALE, una cavità naturale a strapiombo sulla Gravina di Picciano.
Pur essendo differente per aspetto e dimensioni rispetto alla ben più nota Gravina di Matera, la Gravina di Picciano, presenta attrattive e peculiarità che hanno concorso in maniera determinante a classificare l’intera area come rientrante nel Parco della Murgia Materana.
L’origine della chiesa, scavata nella roccia, è collocata nel periodo compreso tra l’VIII e il IX secolo e vi si accede attraverso un piccolo sentiero che culmina su una cengia a ridosso della rupe, dove è stato ricavano un moderno ingresso tamponato.
Probabilmente il cenobio e la grotta appartenevano all’ordine benedettino, come testimoniato da alcuni elementi che caratterizzano il ciclo di affreschi presenti al suo interno. Successivamente abbandonata, la chiesa viene menzionata sugli appunti di Domenico Ridola, chiamata come grotta dei Cento Santi dal racconto di un pastore, che l’aveva utilizzata come ricovero per se stesso e per i propri animali.
L’antica Cripta venne ritrovata il 1º maggio 1963 dai soci del circolo La Scaletta e sottoposta a lavori di restauro. Dato il lungo periodo di abbandono è difficile definirne la struttura originaria: si presenta come un unico ambiente sulle cui pareti sinistra e di fondo è dipinto un ciclo di affreschi, opera di un unico artista, chiamato Pittore dei Fiori di Matera, forse un benedettino. Per il valore teologico e artistico del compendio pittorico la chiesa-grotta è stata definita la Cappella Sistina della pittura parietale rupestre.
La pittura è di chiaro stampo longobardo, con pochi riferimenti all’arte bizantina, dovuti all’arrivo in Italia nel periodo di papi orientali, e alla pittura romana, nella linea del disegno semplice, nei ricchi abiti e nei volti espressivi. La pittura è stesa su un sottile strato di sottofondo (malta, calce?) che segue l’andamento ondulato delle pareti.
Questo straordinario ciclo di affreschi, realizzato cinquecento anni prima di Giotto, evidenzia i caratteri tipici dell’arte benedettino-beneventana riassunta stilisticamente dalla temperie culturale longobarda.
Il prezioso ciclo, per anni aggredito da muschi, licheni e cianobatteri, è stato recuperato grazie al progetto della Fondazione Zétema, con la consulenza dell’Istituto Centrale del Restauro e i finanziamenti di importanti Fondazioni.
Sulla parete sinistra, in tre nicchie, sono affrescate rispettivamente tre triarchie (in foto un mio fotomontaggio).
Quella degli Apostoli, ossia dei santi Pietro, Andrea e Giovanni.
Quella delle Vergini Regine, ossia la Madonna con Bambino o Basilissa e altri due soggetti femminili.
E quella degli Arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele.
L’umile frescante, ricordato come il Pittore dei Fiori di Matera, ha illustrato sulla parete di fondo il racconto biblico dei primi capitoli dell’Antico Testamento relativo alla Genesi, in particolare alla Creazione e al Peccato Originale, a cui la chiesa deve la denominazione.
A sinistra della grande composizione c’è una figura divina in piedi con aureola crociata che con un gesto del braccio si rivolge ad un giovane (lo Spirito Santo ?) con le braccia aperte. E’ la creazione della luce e in alto, tra altre parole, è scritto Fiat lux.
Segue la stessa figura con Nimbo crociato che si rivolge al giovane che stavolta ha le braccia verso il basso. In alto è scritto Fiat Tenebris, la creazione delle tenebre.
Segue la grande figura con nimbo crociato vicina ad una palma con un giovane nudo accanto: è la Creazione di Adamo.
Un elemento interessante che si trova a metà sulla cornice del grande affresco, è il cerchio Divino circolare rosso, che rappresenta Dio Padre Creatore.
A destra la Creazione di Eva, e la Tentazione del serpente e il Peccato Originale.
Dal Disco esce la mano divina che ,da Adamo nudo, crea Eva dalla sua costola.
Quindi c’è l’albero col serpente che gli si è attorcigliato, la tentazione di Eva che mangia il frutto proibito e la stessa Eva che offre il frutto (rappresentato da un fico e non da una mela ) ad Adamo. Da notare che mentre durante la creazione i corpi di Adamo ed Eva sono nudi, durante la Tentazione e l’avvenuto Peccato Originale essi tentano di coprirsi pudicamente con foglie.
Le condizioni del resto della grotta erano tremende, senza pavimento e scavata da canali di scolo delle acque, è una fortuna che abbia mantenuto intatto questo tesoro pittorico. Ora naturalmente è messa in sicurezza.
La Cripta è chiamata anche dei Cento Santi per il gran numero di figure sacre, ai piedi dei quali risalta un lungo campo di fiori rossi, i cisti, fiori tipici dell’altopiano murgiano, la cui vita media dura un giorno. Sulla grande parete di fondo, in basso a sinistra rimane un’ultima scena, probabilmente posteriore, che rappresenta l’abluzione delle mani da parte di un vescovo. Sempre circondato da un prato di cisti rossi.
Gianluigi Vezoli
Testo adattato da : http://
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