Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website La grotta di Polifemo a Sperlonga

La grotta di Polifemo a Sperlonga

Incastonato in un paesaggio mitologico, tempio omerico d’Occidente, sotto l’egida dell’aquila di Zeus, fra le onde del mare di Ulisse, e l’emblema di Tiberio, reggente dell’Impero di Roma, erede della città sacra di Ilio, sorge un luogo caro alla memoria d’Italia, e del Mediterraneo. 

Lungo la costa del borgo di Sperlonga, dove un tempo passava l’antica via Flacca, adagiata attorno ad un antro gigantesco, si trova la villa dell’imperatore Tiberio. In questa immensa grotta naturale furono scoperti nel 1957 dei gruppi scultorei di sterminata bellezza e importanza, che riguardano la vita di Ulisse, e tutto l’Olimpo di quel mondo antico. Si tratta di sculture che risalgono all’anno 180 a.C., un tempo incastonate all’interno della grotta, ed oggi protette nell’adiacente Museo archeologico. Le sculture furono frantumate in migliaia di frammenti, pazientemente ricomposti, forse ad opera di monaci che si erano installati nei resti della villa imperiale in epoca altomedioevale. La villa era costituita da diversi edifici disposti su terrazze rivolte verso il mare. Le prime strutture sono relative ad una villa di epoca tardo-repubblicana. La villa vera e propria conserva una serie di ambienti intorno ad un cortile porticato, tra i quali sono compresi ambienti di servizio, una fornace e un forno per la cottura del pane. Molto interessanti le piscine, con acqua salmastra, che erano utilizzate per l’allevamento dei pesci, attraverso un sistema di vasche ancora oggi funzionante. Agli inizi del I secolo d.C. venne aggiunto un lungo portico a due navate e la grotta naturale che sorgeva presso la villa fu inquadrata all’ingresso da un prospetto architettonico: era il tempo in cui i creatori di queste ricche dimore utilizzavano il paesaggio come scenografia naturale. La grotta comprende una vasta cavità principale, preceduta da una ampia vasca rettangolare con acqua marina, al cui centro era stata realizzata un’isola artificiale che ospitava la sala da pranzo estiva. La vasca comunicava con una piscina circolare (dal diametro di 12 metri), posta all’interno della grotta, dove era stato collocato il gruppo scultoreo che mostra la nave di Ulisse che affronta i terribili mostri di Scilla e Cariddi. Nella cavità principale si aprivano poi due ambienti minori: a sinistra, c’era l’alcova di Tiberio, un ambiente raffinato, in cui possiamo immaginare l’imperatore disteso sul suo triclinio a mangiare, mentre osservava la nave di Ulisse. E a destra un ninfeo con cascatelle e giochi d’acqua, in fondo al quale si apriva una nicchia che ospitava il colossale gruppo dell’accecamento di Polifemo. Di grande effetto scenico, nella sua composizione vediamo il ciclope ancora addormentato per l’effetto del vino fattogli bere dai Greci, e poi lui, Ulisse, che comanda i suoi uomini un attimo prima di sferrare il colpo decisivo, con un volto scolpito con grande potenza espressiva. Tra la piscina circolare e la vasca quadrata erano collocati due gruppi scultorei più piccoli: il rapimento del Palladio, e il gruppo di Ulisse che trascina il corpo di Achille, copia del quale, mutila e frammentaria è l’attuale statua del Pasquino, che possiamo vedere a Roma, divenuta essa stessa ormai un’altra storia dal Medioevo in poi. Una scultura con Ganimede rapito dall’aquila di Zeus era invece posta in alto, esternamente, sopra l’apertura della grotta. Fu in questo antro che avvenne probabilmente l’episodio narrato da Svetonio e da Tacito: nel 26 d.C. Seiano salvò la vita all’imperatore, proteggendolo con il suo corpo, durante un crollo di alcune rocce durante un banchetto, che uccise alcuni servi. In seguito la villa venne ornata con altre opere di scultura, che arrivano fino all’epoca tardo-imperiale. Alla fine dell’Impero Romano anche questa villa andò in rovina, e venne utilizzata da alcuni monaci che vi costruirono una cappella. Oggi, il Museo racconta queste antiche memorie, come un amante incorrotto dallo scorrere del tempo, che mira la sua donna con occhi commossi, che continuano a vedere, per sempre, il blu intenso e debordante di vita, del mare qui intorno e del cielo divino che lo copre.

ALESSANDRO ROMANO (chi sono)

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