“E di ver l’oriente un curvo seno, in guisa d’arco, a cui di corda in vece sta d’un lungo macigno un dorso avanti, ove spumoso il mar percuote e frange. Nei suoi corni ha due scogli, anzi due torri, che con due braccia il mar dentro accogliendo, lo fa porto e l’asconde. E sopra il porto, lunge dal lito è il Tempio. Ivi smontati, quattro destrier bianchi più della neve, che pascevano il campo, al primo incontro per nostro augurio avemmo”…
E’ Enea che racconta, tramite la divina penna di Virgilio nel terzo canto della sua Eneide, lo sbarco dell’eroe troiano in Italia, in fuga da Troia in fiamme. Ci ritornano alla mente ed al cuore queste righe, in questi giorni, dopo la preziosa scoperta avvenuta in Castro, sul sito che il prof Francesco D’Andria (Università del Salento) indica come il luogo da cui Enea avvistò il Tempio di Minerva, e i grandi cavalli bianchi che trottavano al pascolo…
Sono scavi che durano da anni, e ancora si spera continueranno, ma in attesa di ulteriori dati e scoperte, non possiamo non entusiasmarci al pensiero che gli antichi scrittori avessero ragione. «Dicono che i salentini siano coloni dei Cretesi. Presso di loro si trova il santuario di Athena, che un tempo era noto per la sua ricchezza…», scriveva anche Strabone (Geografia, L. VI). La statua uscita da tre metri di profondità nello scavo di Castro, potrebbe essere lei… Atena!
Dalle dimensioni del tronco, la statua, con addosso una veste finemente drappeggiata, doveva essere alta quasi quattro metri, scolpita in pietra leccese. Sembra riferibile al IV-III secolo a.C.
Sempre da questo scavo è emerso il coccio che vediamo sopra, che vediamo paragonato con un reperto che sembrerebbe avere analoga epigrafe. Nella interpretazione dello studioso Paolo Cavone leggiamo: [D]AOZ ATINAHAI <=> “(Sacello?) di Athena”. Un’epigrafe dal tratto elegante e dalle A con barra angolata, risulterebbe del pieno periodo ellenistico (IV sec A.C.). Paolo azzarda: DAOZ ATINA HAZ [ZAVOAS …], Hazzavoas, dal verbo messapico “hazavaθi” (che secondo il Santoro significherebbe “versare” o “offrire”), e spesso associato o sinonimo di “Tabara” (sacerdotessa)…
Lo scavo promette ancora sorprese, si protrae grazie ai finanziamenti della Comunità Europea e del Comune di Castro.
Senz’altro gli archeologi sono alla ricerca del famoso Tempio nominato dalle fonti storiche, e non è detto che non si riesca a rintracciarne le prove definitive. Già qualcosa di interessante è venuto fuori: nella foto sopra, un frontone di balaustra in pietra leccese, ritrovato all’interno di riporti di fine III secolo a.C. – Altezza 88 cm, spessore circa 25 cm.
La scoperta di questa statua si affianca a quella ritrovata dal Prof. D’Andria nel 2009, in base alla quale si formulò la teoria di Castro sede del tempio di Atena…
Si tratta di una statuetta di Atena in bronzo, vestita con l’elmo frigio, caratteristica dell’Atena di Troia. Un reperto databile IV sec.a.C.
La statuetta è conservata all’interno di un museo allestito all’interno del castello di Castro, dove già si accumulano i reperti fuoriusciti da questa grande campagna di scavi…
In questo suggestivo contesto, probabilmente intorno a dicembre 2015 si realizzerà un vero e proprio Museo, completo di tutti i reperti recuperati, che interessano anche altri periodi storici vissuti dalla cittadina.
Lo scavo interessa anche un’altra località a Castro, la Palombara, anch’essa di grande interesse…
Lo scavo infatti sta esplorando la Castro dell’Età del Bronzo…
Gli studiosi stanno ora studiando questi emicicli ritrovati ad un metro di profondità…
…considerando anche l’ipotesi di essere di fronte (foto sopra) alle fondamenta di un’antichissima torre!
Non possiamo che, da appassionati amanti di questa terra, ringraziare gli studiosi e gli archeologi che stanno lavorando in questa città per restituirci un pezzo fondamentale della nostra storia. La Soprintendenza Archeologica della Puglia, il Prof. Francesco D’Andria (direttore scientifico dello scavo), Amedeo Galati (direttore della squadra che ha ritrovato l’ultima statua), Alessandro Rizzo e Fabrizio Ghio (topografi dello scavo), la dott.ssa Laura Masiello (Soprintendenza Archeologica di Taranto), l’ingegnere Angelo Micello (che ringrazio per la concessione delle fotografie dello scavo) e tutti gli altri ragazzi per l’impegno e la professionalità profusa!
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