Giurdignano dei tesori storici e archeologici nasconde tra i suoi oliveti una delle sue memorie più importanti, non solo per la sua comunità ma anche per il resto d’Italia meridionale: l’Abbazia di Centoporte. L’Impero Romano d’Occidente era ormai crollato, ma dopo i primi decenni di disordine e sbandamento, questa parte di Puglia, il Salento, era stata riconquistata dai Bizantini.
E proprio all’inizio del VI secolo è da far risalire la costruzione di questa gigantesca basilica paleocristiana, in alcuni documenti riportata come Sant’Arcangelo de Casulis.
Nella foto sopra (tratta dall’Almanacco salentino pubblicato da Congedo Editore nel 1970) si può apprezzare il monumento come ancora si vedeva a fine 1800. Purtroppo è stato vittima di spoliazione da parte degli abitanti del circondario, che ne hanno tratto laterizi e materiali per il reimpiego, ed anche, a quanto pare, di veri e propri furti: memorie popolari narrano di “acchiature” considerevoli asportate al sito, importanti tesori purtroppo depredati.
I resti della basilica fanno ritenere che essa sia stata costruita sul modello della chiesa monastica di San Giovanni di Studion, a Costantinopoli, e pare fosse stata dedicata ai santi Medici Cosma e Damiano, particolarmente venerati dall’Imperatore bizantino Giustiniano.
Fu edificata a tre navate con abside e nartece monumentali…
Si chiama in questo modo perché pare avesse numerose aperture, fra porte e finestre…
Ciò che rimane dell’abbazia è una parte dell’abside, costruita con massi di pietra locale e i ruderi dei muri perimetrali. Questo imponente edificio, lungo oltre 31 metri e largo quasi 11, era dotato anche di un vestibolo, un locale posto all’ingresso.
La copertura, costituita da tegole, era a spioventi, con una parte più alta che copriva la navata centrale e due più basse nelle navate laterali. Le navate erano divise da una fila di colonne, così come si nota dalle fotografie storiche.
L’indagine archeologica lascia intuire come il pavimento non fosse mai stato, per qualche motivo, realizzato…
Tombe, sepolture e reperti hanno consentito la redazione di un monumentale saggio, pubblicato da Congedo Editore, da parte del prof. Paul Arthur e Brunella Bruno, che ricostruisce in maniera esemplare tutti gli aspetti di questo importante monumento.
Una visita in questo luogo suggestivo, immerso negli olivi e nella pace della natura, un tempo fulcro di un passato ricco e vitale, restituisce un momento strategico della storia salentina…
Questa grande cattedrale fra gli olivi non è da paragonare alle basiliche paleocristiane di altri luoghi d’Italia… questo pezzo di terra è un angolo dell’Impero Romano d’Oriente.
Post Scriptum
Segnalo agli archeologi e studiosi queste immagini che ho realizzato il 31 agosto 2020 nella campagna retrostante l’abbazia: a circa 60-70 metri dall’abside della chiesa, si trova un leggero rialzamento del terreno su cui emerge roccia affiorante…
…il sito è in parte recintato da questo muretto a secco, nell’immagine sopra si nota il fondale roccioso su cui è stato costruito.
La mia attenzione era stata attirata da quelle che sembrano alcune tombe medievali…
…alcune quasi completamente interrate…
…altre ancora a vista…
…ma poi ho notato quello che mi sembrava un complesso di canali scavati nella roccia…
…in realtà non sono canali, perché non conducono in nessun pozzo o cisterna: sembrano piuttosto lettere di alfabeto…
…come se si trattasse di un’iscrizione sulla terra…
Non conoscendo gli antichi alfabeti, non saprei distinguere se si tratta di greco antico o latino…
…ma credo che la questione possa avviare una dibattito: alcuni studiosi affermano si tratta di antichi impianti per la coltivazione della vite. Però un mio caro amico, produttore vitivinicolo, dice che è una pessima idea impiantare tralci sulla roccia viva: una così poca concentrazione di terra non gioverebbe alla produzione. Il dibattito è aperto.
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