A nord della città di Taranto si alzano le Murge, si susseguono lame e gravine, e diverse e grandi sorgenti naturali consentirono in antichità la costruzione di una delle più importanti e imponenti vie dell’acqua costruite dall’uomo in Puglia: l’acquedotto del Triglio. Un’opera colossale, lunga diversi chilometri, molti dei quali situati alcuni metri nel sottosuolo della gravina di Statte.
La parte iniziale, infatti, di questa grande opera ingegneristica, parte proprio dalle sorgenti accumulate dalle acque, nelle viscere di un’affascinante sito, immerso ancora oggi nella natura più incontaminata.
Questa gravina ha visto stanziamenti umani fin dalla notte dei tempi, e successivamente, nelle varie epoche, fu costantemente abitata…
…fra le varie emergenze storiche, segnaliamo un dolmen, una necropoli eneolitica (attraversata da una grande strada carraia), persino un rudimentale apiario incastonato nella parete della vallata.
Ovviamente, la gravina custodisce vari aspetti di civiltà rupestre, come la cripta che abbiamo scoperto la scorsa volta…
…in questa occasione scopriremo quello che c’è nascosto sotto questi “pozzi”, che si susseguono lungo il corso della gravina…
…che portano parecchi metri nel sottosuolo, dove si accede per uno stretto passaggio…
…che conduce in un impressionante tunnel dell’acqua! L’acquedotto del Triglio!
Ancora oggi conserva in alcuni punti un metro d’acqua, limpidissima e gelida. Il percorso si snoda per parecchi chilometri, nel sottosuolo (alcuni punti sono inesplorati), in alcuni tratti curva, probabilmente per rallentare il corso dell’acqua…
…o è voltato, quando si avvicina troppo alla superficie.
Il prof. Angelo Conte, in una suo recente studio (“L’acquedotto romano del Triglio da Statte a Taranto. Antica via dell’acqua in Puglia”, Edizioni Pugliesi) ribadisce quello che qualcuno ancora nega, e cioè che si tratti di un’opera di epoca Romana. “L’acquedotto del Triglio non fu costruito per l’abitato di Taranto, come si è sempre creduto, che non poteva mai raggiungere per la particolare conformazione orografica del territorio, ma per un molo esterno al porto, tornato alla luce nel 1900 in occasione dello sbancamento dello Scoglio del Tonno per la costruzione della nuova stazione ferroviaria e del porto mercantile”. Una ricostruzione che deriva da un attento studio della letteratura al riguardo, delle carte d’archivio, della documentazione fotografica del Gruppo Speleo Statte e dalla morfologia del territorio. Proprio i rilievi effettuati dagli speleologi di Statte nel corso di molti anni, ammette Conte, gli sono serviti a delineare “le fasi costruttive dell’acquedotto, le tecniche di scavo, le modalità di funzionamento dell’opera idrica, ma soprattutto, mediante esami comparativi con altri acquedotti romani gli hanno consentito di poter datare questa opera ad epoca romana e più specificamente in un periodo compreso fra la fine del I secolo a.C. e il primo secolo d.C.”, contraddicendo ciò che per secoli si è creduto, che cioè si trattasse di un’opera più antica, ma anche le ipotesi di chi, a seguito di rilievi sulla fondamenta, aveva anche ipotizzato un suo impianto precedente.
E’ logico pensare che questo acquedotto sia stato costruito per portare acqua ad uno scalo navale posto sul Mar Grande, verosimilmente nell’attuale vecchio porto mercantile. Nel suo libro, l’autore propone l’ipotesi ricostruttiva del percorso originario, che si può seguire nella sua cartina, facendo riferimento ai rilevamenti e alle fonti storiche.
La ricostruzione avanza poi nei secoli, ricordando l’intervento radicale voluto da Carlo V nel 1543, per giungere poi, al 1884 quando l’Amministrazione comunale decise di ripristinare tutto il condotto, per far giungere l’acqua alla base navale, all’Arsenale e al Borgo. Fino all’ultimo utilizzo: nell’agosto del 1943, quando i bombardamenti alleati distrussero i condotti al rione Tamburi.
Pare che il nome del rione tarantino “Tamburi” derivi dalla grande fontana che accoglieva l’acqua del Triglio, una tale portata da generare una cascata talmente rumorosa che a distanza se ne ascoltava il boato.
Un acquedotto che, perlomeno il tratto visibile oggi esternamente, fu senz’altro interessato dai lavori di ricostruzione di Taranto voluti da Niceforo II Foca, un grande imperatore bizantino, che fece rinascere la città dopo la distruzione dell’abitato, poche decine di anni prima, da parte dei musulmani di Qayrawan.
Nella foto sopra (ed anche sotto) si nota bene il canale nel quale scorreva l’acqua…
…ed ancora oggi lascia incantato il visitatore…
…affascinato dalla tenacia e l’abilità con cui le antiche popolazioni di questa terra assetata riuscivano a portare in città la cosa più importante per la vita.
(che ringrazia gli amici del Gruppo Speleo Statte)
© Questo sito web non ha scopo di lucro, non userà mai banner pubblicitari, si basa solo sul mio impegno personale e su alcuni reportage che mi donano gli amici, tutti i costi vivi sono a mio carico (spostamenti fra le città del territorio salentino e italiano, spese di gestione del sito e del dominio). Se lo avete apprezzato e ritenete di potermi dare una mano a produrre sempre nuovi reportage, mi farà piacere se acquisterete i miei romanzi (trovate i titoli a questa pagina). Tutto ciò che compare sul sito, soprattutto le immagini, non può essere usato in altri contesti che non abbiano altro scopo se non quello gratuito di diffusione di storia, arte e cultura. Come dice la Legge Franceschini, le immagini dei Beni Culturali possono essere divulgate, purché il contenitore non abbia fini commerciali. I diritti dei beni ecclesiastici sono delle varie parrocchie, e le foto presenti in questo sito sono sempre state scattate dopo permesso verbale, e in generale sono tutte marchiate col logo di questo sito unicamente per impedire che esse finiscano scaricate (come da me spesso scoperto) e utilizzate su altri siti o riviste a carattere commerciale. Per quanto riguarda le foto scattate in campagne e masserie abbandonate, se qualche proprietario ne riscontra qualcuna che ritiene di voler cancellare da questo blog (laddove non c’erano cartelli o muri che distinguessero terreno pubblico da quello privato, non ce ne siamo accorti) è pregato (come chiunque altro voglia segnalare rettifiche) di contattarci alla mail info@salentoacolory.it
Leave a reply