Fulcro cruciale dell’antichissima città spartana e poi medievale e rinascimentale, il castello di Taranto è un’autentica macchina del tempo, che ancora oggi restituisce al visitatore le immagini dei secoli passati, attraverso i suoi strati, ben visibili attraverso le sue pietre, i reperti disseminati ovunque, le tracce, distribuite per ogni ambiente di questa gloriosa fortezza.Oggi il maniero è gestito dalla Marina Militare Italiana, ed i suoi uomini si mettono gratuitamente al servizio dei turisti, accompagnandoli nei meandri del castello, che riesce a far emozionare anche il non appassionato di Storia.
Quello che risalta oggi agli occhi è la fortezza di epoca aragonese…
…ma basterà varcare la sua porta di ingresso, per andare molto più indietro nel tempo.
La piazza d’armi è enorme e assolata…
…la visita comincia da una delle sale più recenti, dove i militari custodiscono, fra gli altri reperti, alcuni preziosi libri d’epoca, risalenti ai secoli XVIII-XIX.
Ovunque, per il castello, si trovano resti e particolari architettonici giunti fino a oggi da epoche diverse.
Preziosa la collezione di monete, anche questa con reperti distanti fra loro centinaia di anni.
Fra gli elementi architettonici giunti fino a noi, epigrafi ebraiche del XIII secolo e altre rinascimentali.
In questo luogo si scava la memoria di Taranto fino alla sua fondazione: qui sotto si trovano i blocchi delle mura spartane della città, sopra di esse la nuova fortificazione bizantina, ed infine quella aragonese…
…ci sono due forni…
…quello qui sopra, di epoca aragonese, è praticamente intatto…
Altri reperti, che ci riportano alla vita quotidiana di 500 anni fa, come la classica pipa…
Qui si vede l’accesso al mare fatto costruire dagli spagnoli nel ‘500…
…e qui sopra, un latro ambiente della fortezza aragonese, di cui si apprezza la rustica volta che si alzava sulla sala dei marinai…
…costruita anche questa sopra ambienti molto più antichi…
…di cui si intravedono ancora i resti di una torre bizantina…
…oltre alle precedenti fortificazioni.
In ogni sala sono esposte ceramiche di varie epoche…
…sopratutto del ‘500, di cui apprezziamo, qui sopra, una bellissima… forchetta!
Qui sopra invece vediamo i resti di una donna, che fu trovata negli scavi archeologici nella prigione del castello.
Scorcio di un affaccio, con memorie di palle da cannone…
Le sovrapposizioni del castello. Qui sopra, una torre inglobata dal castello aragonese…
Qui, siamo al piano nobile spagnolo, una grande sala voltata, al cui lato di apre una piccola stanza, in cui è rimasto un affresco dell’epoca…
Adesso scendiamo all’altezza del mare. Il geniale architetto militare Francesco di Giorgio Martini (Siena, 1439-1501) che ebbe l’incarico di costruire il nuovo castello, lo rese veramente una… sorpresa agli occhi di eventuali visitatori provenienti dal mare: sorgendo infatti sopra la parte dell’attuale isolotto della città antica abbassato naturalmente rispetto al resto dell’isola, le navi sgradite che giungevano qui, NON si accorgevano della fortezza, se non quando gli erano ormai a portata dei cannoni!
Un cannone di epoca napoleonica…
…qui, siamo ormai a livello del mare, e ci apprestiamo a scendere nei sotterranei…
Le volte ci fanno comprendere che siamo negli ambienti di epoca angioina della fortezza…
…sorrette dal classico arco gotico…
Il pavimento, qui sotto, è costantemente umido, anzi bagnato, per via dei “citri”, falde sotterranee di acqua dolce, che scendendo dalle Murge sfociano nel mar Piccolo e nel mar Grande della città, arricchendo di acqua dolce questo braccio di mare tanto amato fin dall’antichità, e che per questo miscuglio con l’acqua di mare ha reso tanto prelibate le famose cozze tarantine (amatissime già dai Romani).
La sala circolare della polveriera, caratterizzata da una perfetta eco, che consentiva la comunicazione fra i soldati da un piano all’altro, pure attraverso il frastuono delle cannonate!
Qui sopra, siamo giunti in cima ad una delle torri del castello…
…e qui, siamo di nuovo a piano terra, nella cappella di San Leonardo. Sorge probabilmente sopra la precedente chiesetta che vide le nozze fra la principessa Maria d’Enghien e Ladislao di Durazzo, dopo che quest’ultimo non riuscì ad aver ragione di Maria con le cannonate, nel tentativo di prendere il suo fiorente Principato di Taranto…
…in questa scultura, che faceva da lastra di tomba, possiamo ben lavorare di fantasia, immaginando di rivedere la principessa guerriera!
La cappella custodisce un’altra lastra tombale, con un altro personaggio ignoto raffiguratoci sopra…
…e poi, una lunga serie di ceramiche invetriate (XIII secolo) che furono ritrovate in un silos posto sotto il pavimento dell’attuale chiesetta.
Qui sopra, lo stemma del re Filippo II d’Angiò. Pare fosse stato un sovrano generoso, o forse soltanto perché voleva ingraziarsi il Papa, lasciava sempre in dono ai poveri della città un cesto di viveri, che da queste parti di chiamano “panari”. Quando lui morì, l’usanza non trovò seguito nel successivo sovrano, e così nacque il detto, poi diventato comune a tutta la Terra d’Otranto: “abbiamo perso Filippo e panaru“.
Qui sopra, un altro ricordo architettonico indecifrabile: una scena di caccia col falco, che ben ci riporta col pensiero al grande Federico II.
Visto dal mare, il castello è ancora più imponente…
…e personalmente mi è capitato di vederlo anche con la celebre nave scuola Palinuro, ancorata accanto. Un vero e proprio viaggio nella Storia!
(che ringrazia gli uomini della Marina Militare, per la cortesia nella visita concessaci ed anche per tutto il lavoro profuso nella salvaguardia di questo monumento fondamentale della storia patria)
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