Uno dei luoghi più suggestivi ed affascinanti in assoluto, del Salento, rivela oggi un’iscrizione assai interessante, che chissà, potrebbe costringere gli studiosi a riconsiderare e reinterpretare il significato di questo sito incredibile di Giuggianello: i Massi della Vecchia. Un angolo di arcana bellezza, abitato fin da tempi antichissimi, come dimostrano i denti di squalo che spesso qui sono stati ritrovati, utilizzati come utensili nella Preistoria.
Un luogo ricco di leggende. E come insegnano i Greci, laddove c’erano miti, ci furono anche uomini. Anzi, prima gli uomini. Poi la Poesia ne ha reinventato le gesta, tramutando anche la loro storia minima in epopea. Che luogo fosse stato per gli uomini, questo, forse potrebbe dirlo un’iscrizione che l’archeologo Cristiano Donato Villani ha scoperto, consumata da chissà quanti secoli, sopra uno dei massi più imponenti di questo agglomerato naturale…
…l’immagine non viene benissimo, in fotografia…
…però, facendo attenzione, anche qui si può intravedere…
Per avere un’idea di insieme si è fatta con grande cura un’opera di trascrizione…
…e questo qui sopra è il risultato. Lo studioso Paolo Cavone ci ha dato una prima lettura. Anche se quasi illeggibile sembra si tratti di una epigrafe messapica molto antica (epoca arcaica, VI-V sec a.C.) in quanto è sinistrorsa (si legge da destra a sinistra) e compaiono caratteri presenti sono in epoca arcaica. Una trascizione più corretta dovrebbe essere: EAITEMAMOEHT che letta al contrario sarebbe “THEOMA METIAE”. Il termine Theoma ha a che fare con le divinità…
Qui sopra, Paolo ha ottenuto una trascrizione leggendo la foto in negativo.
Certamente un responso ufficiale spetta agli esperti di epigrafia messapica dell’Università del Salento ma eccitati come bambini davanti ad una caramella da scartare, non riusciamo a resistere alla tentazione di provare a togliere l’involucro dal tesoro… la parola “METIAE” potrebbe stare per METIS?… Metis secondo la mitologia greca era una divinità molto potente, figlia di Oceano e di Teti che rappresentava la saggezza, la ragione e l’intelligenza. Il suo nome significa “prudenza” ma anche “perfidia”. Fu lei a salvare Zeus da suo padre Crono (il “Tempo”, che divorava i suoi figli). Una profezia infatti aveva detto che uno della sua prole l’avrebbe scalzato dal trono, per cui Crono per stare tranquillo divorava viva tutta la sua immortale progenie. Metis, facendogli ingurgitare con un trucco una droga glieli fece vomitare tutti…
Metis era una divinità assai diffusa nel Mediterraneo… ed era la madre della dea ATENA…
Secondo il mito, Metis è stata la prima amante (e forse la prima moglie) di Zeus, ma la donna non si consegnò facilmente al dio, trasformandosi in mille modi cercando di sfuggirgli, prima di arrendersi. Un’altra profezia diceva che lo stesso Zeus sarebbe stato detronizzato da un figlio avuto da Metis. Perciò, dopo aver fatto infine l’amore con lei, la divorò. Nonostante tutto, Metis era rimasta incinta, anche se non di un maschio. Infatti, un tremendo mal di testa, costrinse Zeus disperato a chiamare Efesto, che, a dirla con un pò di ironia, non essendo stati ancora inventati gli analgesici, non trovò di meglio che spaccare la fronte al dio immortale: da quel taglio “nacque” ATENA!
Ora… una eventuale presenza in questo luogo di un culto arcaico di Atena, attraverso la madre Metis, potrebbe fornire una spiegazione del perché un paese delle immediate vicinanze sia stato chiamato Minervino, dal nome di Minerva, corrispettiva latina di Atena. Supposizioni. Oreste Caroppo ci fa notare una correlazione che egli ha stabilito tra il sito delle “rocce sacre”, ninfeion detto anche “dei fanciulli e delle ninfe” di cui parla Nicandro, con quello in questione sulla Serra di Giuggianello: questo parallelismo si basa sulla presenza delle grandi rocce ovviamente, uniche tali, nel contesto salentino, “sacre” quindi, e trasformate in are come dimostrano le coppelle su di esse scavate, ma anche sulla base di tracce etnografiche attuali che raccontano miti odierni simili a quelli arcaici dove le ninfe del mito di Nicandro si sono trasformate nelle attuali fate delle leggende popolari. E così come le ninfe trasformavano i pastorelli messapici in alberi, olivastri a sentir poi anche Ovidio che riprende il mito messapico-ausonico lì narrato, così le Fate del mito si dice che fatassero i fanciulli che lì si avventurassero.
Le rocce “naturali” dei Massi della Vecchia ci appaiono ora meno tali… ed in effetti, molte di esse presentano tracce di “frequentazione”, opere di scavo e lavorazione, come il complesso principale della foto sopra…
…ma anche questa sorta di “dea madre” che vediamo sopra: in apparenza, una donna distesa, incinta, con le braccia ricurve sulla pancia, e le gambe corte, come nelle classiche Veneri di Parabita.
Non dimentichiamo che ad un tiro di schioppo da qui ci sono i resti della torre che l’Universita del Salento scavò nel biennio 2005-2006: i reperti che qui furono ritrovati sono resti di ceramiche e vasellame d’epoca messapica. Dunque questa collina aveva un insediamento indigeno… i Massi della Vecchia erano forse un santuario?… un luogo di culto?… sarebbe auspicabile una seria indagine da parte degli esperti, uno scavo magari, che possa restituire la vera identità ad un luogo che è oggi comunque già un santuario della natura e della bellezza.
© Questo sito web non ha scopo di lucro, non userà mai banner pubblicitari, si basa solo sul mio impegno personale e su alcuni reportage che mi donano gli amici, tutti i costi vivi sono a mio carico (spostamenti fra le città del territorio salentino e italiano, spese di gestione del sito e il dominio). Se lo avete apprezzato e ritenete di potermi dare una mano a produrre sempre nuovi reportage, mi farà piacere se acquisterete i miei romanzi (trovate i titoli a questa pagina). Tutto ciò che compare sul sito, sopratutto le immagini, non può essere usato in altri contesti che non abbiano altro scopo se non quello gratuito di diffusione di storia, arte e cultura. Come dice la Legge Franceschini, le immagini dei Beni Culturali possono essere divulgate, purché il contenitore non abbia fini commerciali. I diritti dei beni ecclesiastici sono delle varie parrocchie, e le foto presenti in questo sito sono sempre state scattate dopo permesso verbale, e in generale sono tutte marchiate col logo di questo sito unicamente per impedire che esse finiscano scaricate (come da me spesso scoperto) e utilizzate su altri siti o riviste a carattere commerciale. Per quanto riguarda le foto scattate in campagne e masserie abbandonate, se qualche proprietario ne riscontra qualcuna che ritiene far cancellare da questo blog (laddove non c’erano cartelli o muri che distinguessero terreno pubblico da quello privato, non ce ne siamo accorti) è pregato (come chiunque altro voglia segnalare rettifiche) di contattarci alla mail info@salentoacolory.it
Veramente una scoperta molto interessante. Bravo Villani a te e a tutti coloro che hanno messo del proprio per leggere la nostra storia. Complimenti a tutti