Conobbi Isidoro Mattioli nel 1995. Mi ero diplomato, ed in attesa di vedere dove mi portasse la vita, lavoravo in una bottega di barbiere, appena dentro Porta San Biagio. Lì dentro, per la prima volta sentii parlare della Grotta dei Cervi di Porto Badisco. Con la faccia insaponata, Isidoro mormorava di qualcosa di fantastico, che non riuscivo a capire pienamente. Vent’anni dopo per me è ancora così.
Isidoro mi ha raccontato decine e decine di volte quei giorni, di lui e dei suoi quattro amici, cui capitò la ventura della grande Scoperta, il 1 febbraio 1970. Neanche lui stesso si raccapezzava ancora. Me lo sussurrava allucinato, di come, una volta entrati là dentro, passarono ore… ore… ore… in silenzio, a guardare le pitture, attoniti, senza più parlare, avvertire stimoli o bisogni corporali, senza sapere se fuori era giorno o notte. Stando attenti a non inciampare, col terreno pieno zeppo di terrecotte e reperti accatastati a migliaia!
Sono passati tanti anni, eppure ancora non esiste una pubblicazione che porti alla conoscenza, illustrata, di tutti quei reperti, purtroppo dimenticati in magazzini sparsi per l’Italia. L’immagine della foto successiva, per me personalmente è stata un colpo al cuore! Proviene dalla Grotta. Che mirabili fattezze! Quanta maestria avevano accumulato i nostri progenitori, in quel villaggio? Chi era quella donna, cosa rappresentava?…
Pino Salamina, il fotografo che per primo fece gli scatti di quegli stupefacenti pittogrammi e che recentemente ci ha regalato un libro fotografico, che insieme alla monografia del prof. Graziosi è l’unica pubblicazione su questa incredibile Grotta, ancora supplica: “fate la copia, come a Lascaux, in Francia! Fedele, nella stessa baia, e con un museo accanto”. Sarebbe veramente bello! La Grotta è troppo fragile per fare affluire gente, ma una riproduzione realistica sarebbe un toccasana, per gli appassionati, e anche per l’economia della zona. Mi fa tenerezza, Pino, ormai anziano, che sussurra la sua speranza con un filo di voce ancora!
Sono venuto a Badisco, da solo, nella tempesta, a sentire l’odore del mare, il silenzio della baia. A guardare quel che vedevano i miei antenati, a provare a sentire quello che forse noi non abbiamo ancora capito. Ma è difficile sentire, oggigiorno.
Volevo vedere il mare, quello che a loro forse tanto spaventava, visto che nei loro pittogrammi non ce n’è un minimo accenno. E a ben guardarlo, certi giorni d’inverno, ne avevano ben ragione.
Qui le onde ricreano la natura a loro piacimento. La scogliera sembra un lido rivoltato da Titani, preso di mira da un lancio di massi giganteschi, senza apparente armonia. Salvo ricrederti, ammirando la Marmitta del Gigante. Un mio caro amico, Diego De Pandis, appassionato ed esperto sommozzatore mi raccontava di una scoperta che fece qui davanti, sott’acqua…
Una grande caverna sottomarina, si apre in un certo punto. Ne ha viste tante, lui, in tanti anni di immersioni. Capacissimo di scendere fino a cento metri di profondità. Ma quell’antro… me lo ha raccontato con un filo di voce, con un tono che mi fece accapponare la pelle… “Puntai dentro il faro, per fare luce… ma la luce non toccava parete… si intuiva che era una grande grotta… ma qualcosa mi ha spinto fuori, e non ci sono entrato… e va bene, si, ho avuto paura!”… Parole che fanno onore ad un uomo assennato. Non si sfida così l’ignoto. Lui è convinto che quello sia il vero ingresso alla Grotta dei Cervi. Quello che usavano gli antenati, seimila anni fa, a “piano terra” rispetto agli ambienti dipinti, dove oggi si accede scendendo di parecchio in profondità.
Chi lo sa. La Grotta ha tanti misteri, ne sono convinto, ancora da svelare. In fondo anche Maria Corti, in un suo racconto, immaginava il suo personaggio, Basilio, pescatore otrantino, che veniva via mare a guardare i pittogrammi, entrando all’interno della grotta con la sua barca. Chiacchierando con un amico geologo ho appreso che il livello del mare qui a Badisco ha raggiunto il livello attuale proprio 6000 anni fa, la data dei pittogrammi. La fantasia mi spinge ad immaginare che gli abitanti di questo villaggio, che forse odiavano davvero il mare, abbandonarono il loro santuario perché il mare cominciò ad alzarsi proprio in quel periodo, e ne ebbero paura. L’ingresso originario alla Grotta fu sommerso per sempre. Fantasie, forse! Un luogo come questo ha pochi paragoni al mondo che possano reggere così tanta Storia e Leggenda tutta sulle sue spalle!
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Siamo al 45 anniversario e penso che, valutando come sono andate le cose fin qui, conviene puntare su qualcosa di minimale ma concreto. Lasciamo perdere la ricostruzione che avrebbe sul paesaggio un degenere effetto impattante e puntiamo piuttosto sull’antiquarium localizzato o ad una mostra permanente dei reperti della grotta nel Castello di Otranto. Invito il sindaco di Otranto a considerare che Supersano, Muro leccese, Maglie e altri comuni del leccese hanno a cura la loro storia e un loro antiquarium. Otranto, avendo la storia che ha, non può pensare di uscirsene col Museo diocesano. Serve ai turisti e serve ai locali. In alternativa ci sarebbe da considerare il fatto che pare che, in via ufficiosa alcuni anni fà, da alcuni documenti presenti nell’archivio storico del Comune di Uggiano, la Montagnola sia di pertinenza di questo comune e di conseguenza anche le grotte. E’ il caso di rivolgersi al Sindaco di Uggiano?