In Tra i sentieri di Puglia
on 6 Agosto 2017
Il culto dei morti fra le popolazioni Apule vide sorgere imponenti tombe monumentali, in lungo e in largo per la regione. La loro monumentalità ci rende subito l’idea del livello di società da esse raggiunto. Un rapido sguardo al panorama pugliese ci permette di notare parecchi punti in comune nella costruzione e decorazione di queste tombe, da un luogo all’altro.
Le scoperte sono state numerose, negli ultimi anni. Alcune tombe presentavano decorazioni figurate dipinte sull’intonaco delle pareti. La Tomba dei Cavalieri è uno dei primi esempi di pittura figurata venuti alla luce ad Arpi. Si tratta di una tomba a semicamera, tipologia attestata anche in Peucezia e Messapia e ritenuta di origine ellenica.
Sopra, la tomba a cassa “dei Cavalieri” ricostruita nel Museo Archeologico di Foggia.
I dipinti sulle pareti della Tomba dei Cavalieri (sopra).
L’Ipogeo del Cerbero di Canosa, che prende il nome proprio dalla figura del cane infernale disegnata sulla facciata secondaria. La sua scoperta risale al 1972. Tra le proposte di datazione vanno ricordate quelle di De Juliis ai primi del III secolo a.C. e di Bottini e Steingräber tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C.
Al momento della scoperta, l’ipogeo si presentava con una pianta a croce latina: vi si accedeva tramite un corridoio inclinato, provvisto sulla parete destra di un accesso ad un’altra camera sepolcrale: De Juliis ritiene che questa seconda camera sepolcrale sia posteriore all’impianto principale originario, visto che i lastroni che la costituivano erano di fattura più rozza, le pareti non presentavano dipintura e il sepolcro era vuoto, quindi non vi era stato deposto alcun defunto. La parete esterna della tomba è occupata quasi interamente dall’affresco pittorico: si tratta di una parete intonacata e delimitata da una fascia dipinta in rosso, interrotta dall’ingresso della seconda camera sepolcrale.
Il tentativo di rendere monumentale la tomba si configura proprio nella realizzazione di un naiskos dipinto a fungere da entrata nella tomba vera e propria: una doppia fascia decorativa rossa e nera incornicia il vano della porta di accesso alla seconda camera sepolcrale.
Qui sopra siamo all’interno di un complesso funerario composto da tre ipogei interamente scavati nel banco tufaceo.
Il primo complesso sotterraneo è formato da cinque gruppi, complessivamente di nove ambienti, che si diramano da un corridoio comune dando vita ad una struttura con pianta a croce latina.
Il secondo complesso è composto da due camere in asse, al termine di un corridoio di accesso a rampa, e di un ambiente scavato irregolarmente che si apre sulla parete sinistra. Il terzo complesso sotterraneo si compone di un dromos inclinato, che termina con un unico ambiente in asse, e di un secondo vano ricavato nella parete destra del corridoio d’accesso.
L’Ipogeo della Medusa ad Arpi risulta essere uno degli esempi più interessanti di architettura funeraria di ambiente indigeno dauno e, contemporaneamente, un documento estremamente significativo per comprendere il percorso storico della pittura parietale nell’ambito dell’ellenismo italico. Si tratta di una monumentale tomba a camera, preceduta da un lungo dromos: prende il nome da una testa di Medusa sul frontone posto sul prospetto; all’interno del vestibolo troviamo un pinax dipinto con una scena figurata.
Si trova in un’area abitata già dall’VIII – VII secolo a.C. L’Ipogeo della Medusa pare costruito intorno alla prima metà del III secolo a.C. e mostra segni di continuità di utilizzo almeno fino al II secolo a.C., periodo dopo il quale il monumento sembra abbandonato.
Continuando la carrellata fotografica dell’amico, il prof. Gianluigi Vezoli, non possiamo non notare l’imponenza di queste strutture funerarie, che non hanno nulla da invidiare a quelle più blasonate Etrusche!
Le sculture e le decorazioni pittoriche facevano parte della realizzazione di questi ambienti, come qualcosa di imprescindibile!
Anche nella parte a sud dell’universo Apulo, quello dei Messapi, sono state ritrovate tombe monumentali molto interessanti, anche se smembrate, come l’ipogeo delle
Cariatidi di Vaste, di cui restano ancora le statue in bella mostra, oppure
l’Ipogeo Palmieri a Lecce, salvatosi nella struttura ed in parte anche nella decorazione: esso forse più di ogni altro restituisce il mondo funerario dei nostri antichi progenitori ed il loro sacro rispetto per gli antenati.
(fonti: Luigi Marchese, “Viaggio nella Puglia preromana. Analisi delle scene figurate nella pittura funeraria apula”, e il sito web “Puglia imperiale” per l’Ipogeo Lagrasta. Fotografie del prof. Gianluigi Vezoli)
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Millenarie tombe monumentali di Puglia
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