A Mottola, nel suggestivo scenario delle gravine, le chiamano grotte di Dio…
antichissime chiese scavate nella roccia con stupefacente abilità e tecniche sopraffine, decorate spesso con arte meravigliosa, che nulla aveva da invidiare ai più rinomati santuari e basiliche medievali. Siamo in periodo ben preciso della storia del sud Italia. La fine dell’Impero Romano aveva segnato l’inizio di una nuova era nel mondo. La mancanza di un’autorità statale, la decadenza delle città costiere per via degli assalti dei predoni, la recessione economica, spinse gli abitanti nell’entroterra. La roccia di questo territorio era facilmente lavorabile, inoltre esso era ricchissimo di grotte e cavità naturali. Quindi venne naturale alla gente di adattarsi alla natura e al momento storico…. Bisogna specificare però che la pratica di abitare in grotta in Salento è certificata già nel periodo preclassico. Poi fu abbandonata durante l’Impero, ripristinata subito dopo, ma non va considerata come sostitutiva: i villaggi in rupe coesistettero semplicemente con quelli costruiti in superficie…. La “civiltà rupestre”, come la definì Cosimo Damiano Fonseca, non va considerata alla stregua dei trogloditi preistorici, anzi, vide il fiorire di vere e proprie città. E non va identificata esclusivamente con l’arrivo dei monaci dall’oriente, perseguitati da Leone III dall’anno 726 d.C.
A Mottola c’è una concentrazione di siti da far appassionare il viandante… qui, siamo all’interno della chiesa di San Nicola, un luogo dove si venerava il santo di Myra ancora prima che le sue spoglie giungessero a Bari nel 1087… qualche anno fa, ebbi la fortuna di incontrare un gruppo di fedeli ortodossi provenienti dalla Russia, che qui dentro si riunì, assieme al sacerdote, celebrando la millenaria liturgia ortodossa con i canti ed i paramenti originari… Il villaggio rupestre di Sant’Angelo ci mostra una cripta scavata addirittura su due piani, una vera rarità da queste parti… Insuperate architetture ricavate dalla roccia stessa, si susseguono, nella chiesa di San Gregorio… nel villaggio di Petruscio… la bellezza abbagliante della cripta di Santa Margherita… queste immagini iconiche della civiltà rupestre hanno ormai varcato i confini nazionali…. Tuttavia, in questa occasione, assieme agli amici Gianluigi Vezoli e Fabio Daprile, abbiamo visiti alcuni luoghi meno noti e frequentati del territorio di Mottola… cominciamo dal santuario rupestre della Madonna del Carmine… La cripta originaria, forse rifugio di un eremita ,è stata molto rimaneggiata nel corso dei secoli. L’antro devozionale scavato nella roccia, regge la volta appoggiandosi sui alcuni pilastri monolitici. Sull’altare la cupola a base quadrata si eleva per otto metri e mostra sull’intradosso lo stemma della famiglia Palumbo, feudataria di Palagiano nella prima metà dell’ottocento. L’affresco sull’altare (che probabilmente ne nasconde un altro molto più antico) è datato 1654 e rappresenta la Vergine Odegitria con due angeli che le reggono la corona… Nel sott’arco della composizione, a sinistra, sono dipinte una tavoletta votiva, raffigurante una giovane donna di Grottaglie che implora la guarigione di una fistola di origine venerea, ed un San Gioacchino. A destra, un’altra tavoletta votiva rappresenta un giovane nobile “passionato malamente” con i pantaloni aperti sul davanti e la madre in fervente preghiera. Si tratta probabilmente della figlia e del nipote di Tiberio Domini Roberti, barone di Palagianello alla metà del XVI secolo. Sotto quest’ultimo ex-voto è raffigurato San Giuseppe. Sul pilastro è invece rappresentata una Trinità, attribuita al XVI secolo. Secondo la leggenda, il 22 aprile 1506 la Vergine del Carmelo apparve in sogno al chierico Francesco Pietro di Filippo, che riposava in una grotta, e gli ordinò di edificare, proprio in quel sito, una cappella a Lei dedicata, promettendo la sua potente intercessione per le grazie che i suoi devoti avrebbero richiesto. In seguito, alla sua devozione vennero attribuite una serie di guarigioni miracolose e soprattutto la protezione dei giovani dalle tentazioni della carne. Ancora oggi, da allora, durante i sabati di Quaresima, presso la cappella si svolge un affollatissimo pellegrinaggio di devoti… Qui siamo nei pressi della gravina di Corneto, nel territorio di masseria Tamburello. Possiamo ammirare un piccolo e incantevole scrigno dell’arte e della fede di questa terra. Si tratta di una chiesa a navata unica suddivisa da un grande arco trasversale in due campate in asse. La campata interna funge da presbiterio ed è munita di abside e di volta a finta cupola. L’altra campata comunica con l’esterno per mezzo di un ingresso laterale e costituisce l’aula della chiesa, con una splendida copertura a tettuccio a doppio spiovente cassettonato… una vera meraviglia architettonica… Le dimensioni sono alquanto ridotte, ma la struttura elaborata ed elegante pur nello spazio ristretto suggerisce l’intervento di maestranze di alto livello, forse le stesse che a Mottola hanno realizzato la chiesa di San Gregorio. Questa piccola meraviglia viene attribuita al XII secolo… I proprietari della masseria ci permettono di visitare quelli che erano gli ambienti della comunità che qui viveva e operava, secoli fa. Una grande stalla, per gli animali di grossa stazza. Ed un altra, dedicata a quelli più piccoli. Ed i resti di una piccionaia, dedicata all’allevamento dei colombi… Qui, siamo presso la Cripta di San Simeone in Famosa, nella contrada omonima, lungo la gravina di San Lorenzo. Risalente al X secolo, la chiesa conserva i due antichi ingressi, sormontati da un timpano triangolare ricavato nella roccia. L’interno, a pianta trapezoidale, presenta due absidi piane con altari addossati alla parete. La presenza di una tomba incassata nella parete e la rappresentazione del Cristo Pantocratore tra la Vergine e San Giovanni Battista indica la probabile funzione funeraria dell’abside sinistra. Le pareti presentano resti di alcuni pregevoli cicli pittorici, in particolare quello raffigurante scene dal Vecchio Testamento. Incastonata in una gravina di cui oggi la vegetazione impedisce di indagare facilmente le pareti, era probabilmente il cuore di un altro fiorente villaggio rupestre… un paesaggio che evoca una vita così antica e lontana da noi, di cui non possiamo comunque non percepire l’autentica fede che l’ha animata per secoli, in questo dolce paesaggio pastorale che richiama alla mente un Arcadia sempre sognata, e mai raggiunta, dall’umanità…
ALESSANDRO ROMANO (vedi chi sono)
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