Entrare in un Museo è sempre un’occasione. Un appuntamento da non perdere, con la Storia, con te stesso, per te stesso ed il figlio che ti accompagna. Questo ho pensato, ritrovandomi a Brindisi, nelle sale della Collezione Archeologica “Faldetta”, una piccola e grandiosa macchina del tempo che ti cattura e ti proietta nel mondo degli antenati di Terra d’Otranto, nel cuore del Mediterraneo.
Ed eccoci così, fra miti e leggende, uomini ed eroi cantati da Omero, Eschilo, e gli altri grandi cantori dell’antichità, che attraverso semplici oggetti della vita quotidiana di migliaia di anni fa, come vasi, coppe e anfore, ritornano oggi fra noi, nell’epoca di Internet e dei viaggi spaziali.
Qui sopra infatti troviamo un pregevole reperto, che ci conduce direttamente nella “Orestea”, la celebre tragedia di Eschilo. Ma la collezione custodisce splendide opere vascolari, che imitano la ceramica attica a figure rosse, che si diffonde in Lucania, Puglia e Campania a partire dagli ultimi decenni del V secolo a. C.
La produzione apula, pur essendosi ispirata a modelli attici, sviluppò ben presto un proprio repertorio con caratteri stilistici e tematiche originali, decorate da scene molteplici, variando dalla sfera del mito e del culto a quella domestica e soprattutto traendo, come fonte di ispirazione, il teatro.
Nel periodo finale della ceramica apula, si diffonde una figura femminile ricchissima di dettagli, gioielli, pettinature ricercate, coi capelli raccolti sulla nuca e contenuti in un tipico fazzoletto ricamato.
Di reperti importanti ce ne sono tantissimi, ma alcuni hanno maggiore importanza, per gli storici e archeologi, come la giara a staffa che vediamo qui sotto…
Il contenitore, modellato al tornio, è realizzato in argilla beige, il bocchello cilindrico con orlo arrotondato è posto verticalmente sulla spalla, e le due anse a bastoncello raccordano il collo centrale, chiuso da un elemento discoidale, al corpo globulare. A partire dal collo sono presenti tracce di vernice nera, sulla spalla, in particolare, la decorazione vegetale è resa da linee e punti, mentre il corpo è decorato da fasce e linee parallele fino a raggiungere il piede a disco. Anche le anse sono verniciate. La giara a staffa era un contenitore adibito a contenere liquidi e rappresenta l’unico esemplare della collezione appartenente alla ceramica micenea. L’uso del gusto decorativo minoico, caratterizzato da elementi naturalistici fantasiosi ed eleganti, fu senz’altro d’ispirazione per la civiltà micenea, ma nella fase avanzata di questa cultura si denota un graduale distacco dall’arte cretese. La ceramica micenea si diffuse in tutto il Mediterraneo spingendosi fino in Occidente, tanto che in Puglia si attestano ritrovamenti nella fascia costiera ionica e adriatica (Punta Le Terrare, Torre Santa Sabina, ecc.) a dimostrazione anche del fatto che questi popoli fossero dei grandi navigatori e commercianti.
Sopra: l’Oinochoe era un contenitore utilizzato per versare il vino o l’acqua. E’ fatto di argilla e modellato al tornio, caratterizzato da un corpo globulare, una bocca espansa, un fondo piatto e un’ansa a nastro sormontante. L’Amphoriskos è una piccola anfora in argilla adibito alla conservazione di olii profumati e balsami. Sul suo corpo si susseguono linee e fasce parallele con punti disposti a scacchiera.
L’opera qui sopra è considerata dagli esperti il pezzo pregiato del Museo. Anche a livello artistico, una grande espressività! Tra i crateri di ceramica italiota a figure rosse spicca, per il suo notevole valore artistico e storico, un cratere di produzione protoapula del IV secolo a.C., attribuito dal prof. Arthur Trendall (noto specialista di ceramografia antica), alla cerchia del Pittore di Tarporley, che dipinge scene figurate in cui è ripetutamente raffigurata una maschera teatrale. L’eccezionalità è nella particolare e rara decorazione che il vaso reca: la raffigurazione di due maschere femminili.
Altro oggetto caratteristico di quei tempi era il cosiddetto Aryballos, qui sotto…
… anch’esso realizzato al tornio, in argilla. E’ costituito da un labbro a disco e un collo cilindrico collegato al corpo piriforme.
Tra i vasi unguentari si annovera anche l’Alabastron, per contenere l’olio che i giovani usavano per ungersi il corpo quando andavano in palestra e che erano soliti legare al polso con una cordicella. Questo esemplare presenta un labbro discoidale, un collo cilindrico che sfuma nel corpo ovoide con fondo concavo e un’ansa forata verticale. il labbro e il collo sono decorate con linguette e una fila di punti, il corpo invece ospita rosette e una Sirena.
Meravigliosi gli esemplari di trozzella, il classico vaso tipicamente messapico, quasi un’icona di questa cultura…
… di vario tipo, pregevolmente decorate.
Ma i reperti sono tantissimi, tutti da vedere…
…i personaggi mitologici affiorano ovunque, su questi fondi neri…
…seguiteci, in questa splendida carrellata!
Fra i tanti reperti, anche oggetti legati alla vita più pratica, legata al lavoro quotidiano, nelle sue varie forme…
Pregevolissima anche la sezione dedicata ai libri d’epoca, spesso di autori d’epoca classica…
Una sorpresa in più: il Museo conserva anche reperti derivanti dalla cultura indiana…
… rappresentata da questi volti, in piccole teste di statuine…
…fra cui questo bacio, nella foto sotto, con cui chiudiamo idealmente questo dono d’amore che una visita in questo scrigno il visitatore inaspettatamente riceve!
Il Museo è gestito, promosso e valorizzato dall’Associazione culturale di Promozione Sociale Le Colonne Arte Antica e Contemporanea. Si trova proprio davanti alle famose colonne romane, in cima alla scalinata Virgilio. Questa visita virtuale che avete qui osservato è solo un piccolo assaggio!
(che ringrazia l’amica Anna Cinti per l’aiuto concesso a realizzare questo reportage)
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