L’antica arte della ceramica rivive nello splendido Museo della maiolica di Laterza, uno scrigno incastonato nel sontuoso palazzo marchesale della città abbarbicata sopra la sua maestosa gravina. E’ un fatto raro e significativo che un cospicuo corpus di rare ceramiche venga messo insieme, dopo essere stato tenacemente ricercato, pezzo per pezzo. Ed ancor di più che esso sia poi visitabile e fruibile da tutti.
Questa sorta di miracolo è accaduto per merito di un grande collezionista: Riccardo Tondolo. Per decenni egli ha svolto il compito analogo degli amanuensi medievali, salvando ogni pezzo che incontrava sul mercato dell’antiquariato e costituendo un mirabile insieme dei capolavori delle fornaci storiche laertine.
Così, oggi lo storico palazzo racchiude questo pregevole angolo di storia cittadina, un’arte che è un vanto nel panorama meridionale…
Laterza costituisce il centro ceramico salentino facente parte dell’antica Terra d’Otranto che può vantare una fioritura di maiolica artistica tale da farlo annoverare fra i più importanti centri di produzione italiani dell’età barocca. Geronimo Marciano scrive sul finire del ‘500: “Si fanno in Laterza pregiatissimi vasi di creta, simili a quelli di Faenza”.
La testimonianza, anche se magari riportata con eccessivo entusiasmo, conferma che anche prima del ‘600 questa arte era ben radicata nelle botteghe della città.
Interessante anche la testimonianza di un viaggiatore attento come l’abate Pacichelli, che alla fine del’600 osserva che con la “finissima” creta locale si fabbricavano a Laterza “delicati e dipinti vasi”.
Ad attestare la rinomanza delle fabbriche laertine prima della metà del ‘600 è l’inventario dei beni del vescovo di Lettere (in provincia di Napoli), Onofrio De Ponte, redatto nel 1675. Nel documento il prelato dichiara che nel 1650, gli furono donate “due credenze di faienza fatte nella Terra della Terza, una istoriata à modo di porcellana, et un’altra bianca con l’insegne di Casa D’Aponte”.
Certamente i feudatari di laterza, la famiglia di origine ispano-napoletana dei Perez Navarrete dessero impulso all’attavità ceramica, e abbiano promosso la commissione da parte di altre famiglie patrizie che hanno fatto eseguire gli importanti piatti stemmati prodotti in città.
Curiosamente, a chi scrive, alcune di queste figure riprodotte su questi vasi, ricordano gli affreschi della famosa “locanda spagnola” di Laterza… chissà se non ci sia veramente qualche connessione!
Comunque sia, questi esemplari sono tutti da osservare, fin nei dettagli.
In questo piatto da parata (sopra), opera del XVII secolo, vediamo raffigurata una celebre scena mitologica, ossia il Giudizio di Paride. Siamo niente meno che alle origini della famosa guerra di Troia, nata appunto per via del giudizio che il principe troiano dovette dare alle principali divinità dell’Olimpo, Era, Atena e Afrodite, su chi fosse la più bella!
Altro personaggio olimpico: Orfeo che suona la sua celebre lira! I temi classici erano molto cari agli artisti laertini.
Qui sopra vediamo una scena che ci riporta ad una feroce ma tradizionale operazione dei cacciatori dell’epoca: quella di castrare il cane. L’usanza consisteva nell’asportare con un morso l’ultima vertebra della coda dell’animale.
Ora siamo nel ‘700 ed il tema diventa biblico: la scena è tratta dall’Antico Testamento e raffigura Susanna al bagno, tormentata dai due vecchioni.
Splendido questo bacile da barba, realizzato con un gusto che richiama sempre più la capitale, Napoli.
La donna è soggetto privilegiato di questi artisti. Qui sopra, sulla sinistra, ritroviamo nella figura nuda l’inquietante figura della Fortuna, sempre dipinta in turchino, inginocchiata sulla ruota e con il capo pensoso e reclinato.
Splendido il San Michele Arcangelo qui sopra!
Bellissimo anche il San Vito vestito come un gentiluomo settecentesco. Nella mano sinistra ha la palma del martirio, mentre nella destra tiene un lungo bastone e due cani al guinzaglio.
Una Santa Chiara settecentesca, alta e severa…
…e non potevano mancare le rappresentazioni della Vergine Maria, anche diverse fra loro.
Chiudiamo la carrellata con una delle tante bellissime targhe qui custodite, questa proveniente quasi certamente da un ambiente curiale, come sembra indicare l’iscrizione. Sono tutte opere che denotano oltre la perizia dei ceramisti anche quella dei pittori. Un felice scorcio della storia delle arti in Terra d’Otranto.
(che ringrazia l’amico Nicola Zilio per il dono del catalogo del Museo, una preziosa ricerca a cura di Guido Donatone da cui sono tratte le notizie storiche).
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