Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Presicce, borgo d’incanto del Capo di Leuca

Presicce, borgo d’incanto del Capo di Leuca

Presicce è uno di quei piccoli borghi del Capo di Leuca, ultima propaggine del Salento meridionale, dove il viandante che ci capita la prima volta non riesce a spiegarsi tanta bellezza, tanta intimità, in un paese così piccolo. E’ il profumo della Storia.

Un cervo che beve da una fonte, ha sempre campeggiato sul gonfalone cittadino, sembra ricordare la grande abbondanza di acqua in questo territorio, racchiuso fra due piccole valli in cui certamente, sin da tempi remoti, la vita umana ha fatto casa.

Dal 2019 il Comune di Presicce si è fuso con quello adiacente di Acquarica del Capo, formando una realtà più che mai interessante.

Nel 1088 Presicce entra a far parte del Principato di Taranto, da qui si sa che il feudo passò tra le mani di diverse famiglie nobiliari tra cui i Securo, i De Specola, i Gonzaga, i Brayda ed ai Principi Bartilotti.

Nel cuore del borgo svetta il palazzo ducale. Le più antiche notizie dell’edificio sono di epoca normanna, ma a difesa dei primi nuclei abitativi pare che in età bizantina era stata creata una fortificazione. L’attuale Palazzo Ducale, quindi, ingloba le testimonianze di oltre mille anni di storia.

Un edificio ricco di dettagli architettonici che non sfuggiranno ai vostri occhi.

La chiesa madre di Sant’Andrea Apostolo sorge sullo stesso luogo dell’antica parrocchiale distrutta dal famoso terremoto del 1743. La facciata si presenta maestosa nel suo elegante stile barocco. All’interno vi sono nove altari; gli otto laterali sono decorati da pregevoli stucchi. L’altare maggiore, in marmi policromi, è di scuola napoletana. Numerose sono le opere pittoriche di vari artisti salentini (Catalano, Riccio, Tiso, Lillo): il quadro del protettore Sant’Andrea, che sovrasta il coro in legno, è datato 1601 e firmato da Giovan Battista Catalano; questo dipinto si trovava già nella vecchia chiesa parrocchiale. Altri dipinti: Mosè salvato dalle acque, i Santi Medici, il Trasporto dell’Arca dell’Alleanza. Entriamo dentro e ammiriamo questa meraviglia!

Questo dettaglio di una delle tele mostra un avvenimento che i presiccesi hanno conservato nella loro memoria: un assalto predone in questo territorio.

L’opera che mostra Sant’Oronzo, patrono di Lecce, mostra un dettaglio interessante…

…il profilo della città di Lecce, di cui si riconoscono immediatamente i campanili del Duomo e dei Teatini.

Ed ora conosciamo uno degli aspetti più tipici della storia del borgo: i frantoi ipogei!

Il clima caldo e il terreno fertile hanno permesso ai presiccesi di sviluppare il settore agricolo, intensificando particolarmente la produzione di vino e soprattutto d’olio d’oliva, principale fonte economica del paese nei tempi andati. Intorno al XI-XIII secolo si diffuse l’uso di scavare frantoi ipogei a grotta. La loro presenza suggerisce che Presicce avesse un’economia fiorente e consente di ricostruire le tappe del suo sviluppo: i primi furono costruiti sulle pendici della Serra di Pozzomauro; in seguito, le attività iniziarono a spostarsi a valle. La maggior parte dei trappeti si concentra lungo l’asse viario che collegava i primi due nuclei urbani dal quale si snoda l’intero paese. In passato, in piazza Villani, erano presenti banditori che fissavano il prezzo sul mercato. Tra i commercianti vi era il veneziano Pietro David, noto per i suoi rapporti commerciali in tutto il mondo. La tipologia dei trappeti di Presicce è semplice: sono scavati nella roccia tufacea, il pavimento in è terra battuta, vi erano torchi “alla genovese” o frantoi “alla francese”. Le modeste dimensioni degli ambienti, inadatte a contenere nuovi frantoi e torchi, non consentirono di apportare modifiche tecnologiche. Verso la fine del XIX secolo i trappeti vennero abbandonati, alcuni trasformati in discariche o cantine e altri, ubicati in campagna, in ovili o stalle. Negli ultimi anni sono stati rivalutati in funzione turistica. Presicce ne contava a decine!

Presicce custodisce un piccolo Museo delle arti e delle tradizioni agricole, che mostra l’indole autentica e antica di questa terra…

…ed una visita in queste sale non può che arricchire il visitatore!

Le numerose case a corte presenti nel borgo antico dell’abitato di Presicce risalgono al Cinquecento. Sono delle umili abitazioni, composte principalmente da un unico vano e dalla cantina, raggruppate attorno ad uno spazio scoperto, la corte. In questo spazio, in cui si svolgevano le principali attività domestiche, è sempre presente il pozzo e la pila, un lavatoio in pietra utilizzato per lavare i panni. Qui ne abbiamo un esempio particolare: due corti collegate da uno stretto vicolo…

…con la pila per lavare il vestiario.

Una passeggiata notturna in questo borgo procura un fascino ancora più grande!

La Casa Turrita, o Torre di San Vincenzo è una costruzione cinquecentesca. La torre rientra nel contesto di protezione territoriale dovuto alle insistenti incursioni turche o piratesche. La costruzione era infatti parte integrante del sistema difensivo dell’abitato di Presicce insieme ad altre due torri che erano posizionate in corrispondenza degli accessi al borgo. Successivamente la torre, perdendo la sua funzione difensiva, venne trasformata in residenza e furono aggiunti nuovi ambienti. Mantiene ancora gli elementi originari come caditoie e feritoie. Caratteristica è la decorazione della parte inferiore, in bugnato a punta di diamante.

Le corti custodiscono ancora antichi affreschi devozionali.

La colonna di Sant’Andrea Apostolo ci ricorda una storia di sangue legata alle origini del termine “Mascarani”, soprannome degli abitanti di Presicce. Narra la tradizione che un tempo nel principato seicentesco era in vigore la legge dello ius primae noctis, ovvero un presunto diritto del feudatario, mai documentato, di passare con le novelle spose la prima notte di nozze. Fino a che una notte, durante il carnevale dell’anno 1655 secondo la leggenda (nella realtà l’episodio avvenne in novembre, durante la festa del santo patrono, sant’Andrea Apostolo), il principe si affacciò da una finestra dell’antico Castello per salutare i festosi cittadini, quando tra la folla apparve un uomo mascherato che sparò un colpo, uccidendo il principe. Proprio da questo episodio scaturisce il soprannome degli abitanti di Presicce, Mascarani. In seguito all’avvenimento delittuoso perpetrato da un abitante del luogo, i dè Liguoro acquistarono il principato approntando una riforma agricola con la redistribuzione dei terreni in enfiteusi ai contadini e installando una serie di frantoi atti alla produzione d’olio d’Oliva.

Il territorio è costellato da chiesette e cappelle, a testimonianza della devozione del territorio…

…questa ne è un esempio, con la classica volta a botte di copertura.

Qui siamo a Spiggiano, un villaggio medievale poi scomparso. Custodisce però interessanti resti, per cui vi rimando ad un approfondimento.

La chiesa del Carmine, con l’annesso convento dedicato a San Giovanni Battista, sorse nella seconda metà del XVI secolo in seguito a una donazione di un cittadino di Presicce, Martino Alfarano, ai Carmelitani di Lecce. I lavori di edificazione del complesso conventuale si protrassero fino al finire del Cinquecento. Il convento ha ospitato i frati sino al 1809, anno in cui fu soppresso definitivamente e incamerato dallo Stato. La chiesa, a unica navata con due arcate per lato ospitanti quattro altari (Sant’Anna e San Gioacchino con Maria BambinaSanta TeresaCrocifissione, e Sant’Angelo Martire con Sant’Eligio), venne consacrata nel 1605. Pregevole è l’altare maggiore finemente scolpito. Al centro è presente l’immagine della Madonna del Carmelo e la statua del Battista.

Anche per la chiesa Santa Maria dell’Addolorata vi rimando ad un approfondimento.

mentre qui, non vi avevo mai accompagnato: siamo in uno dei luoghi che più amo di questa stupenda cittadina, la chiesa e convento di Santa Maria degli Angeli.

Il complesso sorge fuori dal centro urbano, sul luogo dove sorgeva l’abitato medievale di Pozzo Magno (o Pozzomauro) distrutto dai predoni nel XV secolo. L’attuale chiesa è sorta sul sito di un antico edificio sacro databile al XII-XIII secolo. L’edificazione della nuova chiesa è legata secondo la tradizione a due eventi prodigiosi avvenuti nel 1596; alla presenza di un’immagine della Vergine che invita un contadino a farsi portavoce della ricostruzione dell’edificio e alla guarigione di un cieco.

Appena entrati mi coglie subito questa immagine, della calata di predoni sulle nostre coste, l’attacco alle masserie e le chiese…

La chiesa presenta una copertura con volte a crociera riccamente decorate da stucchi settecenteschi. Lungo le pareti della navata sono addossati otto altari dedicati alla Natività, all’Adorazione dei Magi, Sant’Oronzo, San Pasquale Baylon, Deposizione di Gesù, Madonna di Costantinopoli, Crocifisso e san Gerolamo.

Dall’altare maggiore si accede a due porte che conducono al coro e nel quale è possibile vedere le porte murate che mettevano in comunicazione l’edificio sacro con il convento. Al piano terra è il refettorio e le stanze necessarie per le attività dei frati; al piano superiore, lungo il corridoio, si affacciano le celle dei monaci e altri ambienti.

Su queste volte affrescate vi faccio notare fra parentesi quel dettaglio al centro della foto sopra…

…mi sembra si tratti di un luogo reale che il frescante ha voluto riprodurre…

…masseria Tunna, un edificio fortificato di fine Quattrocento che si trova non lontano da qui, verso Ugento, a testimonianza del bisogno di sicurezza che avevano queste campagne (vedi qui approfondimento).

Visitando questi luoghi ho avvertito fortissima l’aura di sacralità nella quale i monaci vivevano qui, fra il silenzio e la preghiera. E’ suggestivo come, a distanza di tanto tempo dalla sua soppressione, questo luogo sia ancora così intriso di questa sensazione.

Gli affreschi più antichi della chiesa sono il segno evidente dei resti dell’antica struttura. Si tratta di opere pittoriche di fattura bizantineggiante databili tra il XII e il XIV secolo e che raffigurano un santo con la barba, una Madonna col Bambino e altre figure di difficile comprensione.

Tra dipinti di epoca seicentesca, vi è l’immagine di un’altra Madonna col Bambino del XV secolo che è l’immagine dell’evento miracoloso.

La chiesa è stata restaurata grazie al gran lavoro profuso da don Francesco Cazzato (non nuovo a queste opere di salvataggio, come dimostra anche il recupero di “Leuca Piccola”), il quale sta cercando anche di salvare il patrimonio artistico del chiostro del convento…

…attorno al quale si sviluppava un complesso enorme.

Il chiostro conserva ancora al suo centro il pozzo…

…ed intorno a questo si concentrano diversi ambienti, che ospitano una cucina…

…un forno ancora intatto, tutti riferibili al XVII secolo.

Qui siamo nel refettorio, le cui pareti imbiancate nascondono ancora gli affreschi del periodo di costruzione…

…alcuni sono perfettamente visibili…

…altre scene sono coperte…

…altre mostrano per metà, attimi di vita quotidiana, come il desinare, che i frati hanno voluto far riprodurre.

Tutti gli accessi alle cellette dei frati hanno sopra essi raffigurato un martire della fede.

Qui siamo al piano superiore, in uno dei corridoi dove si affacciano le celle dei frati.

Le pareti ricordano le grandi battaglie contro i Turchi, dei secoli XVI-XVII, dove spiccano grandi galee con le bandiere spiegate e la croce dipinta…

…e poi guerrieri cristiani e frati che incitano alla lotta. In questo affresco c’è una bella epigrafe ancora discretamente visibile…

“Squillate ungare trombe, uscito in campo un Cattolico Marte ecco s’ammira… abbatte il turco atroce”.

Ancora santi che si incontrano…

…ed altre tavole imbandite…

Altre scene di martirio…

…qui sopra sembrerebbe San Sebastiano…

…mentre qui sopra non riesco a riconoscere il santo fra le fiamme…

…seguono altre scene di battaglie coi turchi.

E’ un luogo veramente straordinario, che mi auguro possa tornare presto ad una rinascita!

Appena fuori, si nota questo muretto a secco con questa particolare disposizione delle pietre per la costruzione: il prof Antonio Costantini, fra i massimi esperti di architettura rurale del territorio, lo colloca fra i più antichi in assoluto.

La chiesa della Madonna di Loreto, meglio conosciuta con l’espressione dialettale di Madonna del Rito o te lu Ritu, è una piccola chiesetta rurale posta sull’altura della Serra di Pozzomauro. La piccola costruzione presenta una facciata a capanna terminante con un piccolo arco, sede di campana rubata nel 1950. L’interno, ad aula rettangolare con volta a botte, presenta un modesto altare sul quale campeggia l’affresco di una Madonna col Bambino fra angeli.

Alle spalle della cappella è situata una cripta bizantina trasformata in seguito in frantoio ipogeo come deducibile dai resti di una macina per la molitura delle olive. L’ipogeo è noto col nome di San Mauro e i dipinti frammentari si possono datare tra il XII ed il XIV secolo. Gli affreschi ancora visibili sono concentrati nella navata di destra; si tratta di sette figure sacre e di una scena dell’Annunciazione.

Purtroppo questo luogo ha subito recentemente un crollo, e non è sicuro visitarla.

Ma le campagne presiccesi custodiscono tante meraviglie rurali… come questo forno, rimasto intatto!

La specchia di Pozzomauro, un grande ammasso di pietre posto in posizione strategica…

…dalla cui cima infatti si controlla il mare e il territorio circostante.

Meraviglia assoluta di questa contrada, il pagliarone!

Una enorme costruzione rurale rimasta intatta almeno da un paio di secoli.

E’ forse l’immagine ideale per chiudere questo viaggio in questo incantevole territorio!

(info tratte da wikipedia)

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Viaggio a Presicce

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