C’è un Salento perduto, visivamente, che pure storici, viaggiatori, cartografi ed in ultimo i primi fotografi, hanno ben documentato nel loro attraversare la Terra d’Otranto. Sono partito per questo viaggio sulle loro orme, alla ricerca della memoria antica di questa terra consultando i “Bozzetti di viaggio” di Cosimo De Giorgi. Un percorso che certo non finirà qui.
Molto c’è ancora da documentare, perché molto purtroppo non è sopravvissuto all’arrivo della “modernità”, che ha spazzato via autentiche glorie di antichi regni, ma anche segni minori, che certo facevano intima parte della vita in questo territorio.
“Nel marzo del 1878 giunsi a Taranto nelle ore della notte. Avevo lasciato Lecce immersa nel sonno mattutino e giungevo in Taranto dopo dieci ore passate in carrozza, colle costole trebbiate e una fiaccona nelle membra che valse a conciliarmi un sonno profondissimo. Ma non appena i primi bagliori i primi bagliori della concubina di Titone antico penetrarono per le imposte nella mia modesta celletta, balzai dal letto e tirai difilato in città. Rividi la torre di Raimondello Del Balzo Orsini, che si levava su, nereggiante come un gerfalco, all’ingresso della città, di là dal ponte”. Così scrive il De Giorgi, documentando con questo disegno un monumento quattrocentesco purtroppo oggi non più esistente.
Anche Torre Santa Susanna ha cancellato due importantissimi monumenti, che hanno fatto la storia della città: l’antica chiesa dedicata alla santa di cui porta il nome, costruita con grossi blocchi monolitici, e la torre angioina: le vediamo in queste ricostruzioni grafiche di E.A.Maiorano.
“Il nome dato a questo paese non lo giustifica affatto; la torre non esiste più e l’antica cappella è un mucchio di rovine”, scriveva il De Giorgi ai suoi tempi. Oggi, non ci sono più neanche i resti, spazzati via da uno slargo asfaltato in uno degli ingressi della città.
Nei pressi della celebre abbazia di Cerrate, luogo ad alto tasso di frequentazione fino all’epoca rinascimentale, che vide il proliferare di grandi masserie fortificate, c’era una specchia: un enorme cumulo di pietre informi, che in Salento si ritrovano spesso, alzate nei luoghi strategici…
…se si prosegue verso la litoranea una volta si incontrava la più celebre di tutte: Specchia Calone! Le sue pietre furono completamente asportate per riempire gli stagni più a nord e mi dicono anche per fare da fondo alla nuova superstrada Lecce-Brindisi. Un luogo che affascinò la fantasia del De Ferrariis, già sul finire del ‘400, che si interrogava sul suo significato. Ma su questo luogo vi rimando ad un altro reportage (clicca qui).
Proseguendo ancora sulla litoranea, questa è una rarissima foto di Torre San Gennaro, oggi una piccola cittadina balneare, un tempo sede di una torre di avvistamento aragonese. Finì col crollare, e qualche sua pietra si potrebbe ancora trovare in mare.
Quello che vediamo qui sopra invece è la ricostruzione grafica della chiesa di San Lorenzo extra castrum Litianelli sulla base della descrizione che ne fece Cosimo De Giorgi (autore del disegno Piero Pascali)…
Sono andato sul posto, ma oggi è difficile persino rivedere una sola pietra, di questo monumento che al celebre studioso (nativo proprio di Lizzanello) appariva di somma importanza. Distava un chilometro e mezzo dall’attuale centro storico, inserita in un contesto naturale che mi è sembrato molto affascinante, con una sorta di canalone che, chissà in tempi antiche poteva avere anche l’acqua…
Il De Giorgi riporta ancora alcuni affreschi visibili, fra cui quello di San Lorenzo. E la struttura portante delle navate, sorrette da grossi blocchi monolitici…
…la maggior parte di quelle pietre furono trasportate in città per costruire il nuovo tempio, ma in questa zona i muretti a secco contengono anche conci molto più grossi del normale…
Un grande pozzo è rimasto qui, accuratamente messo in sicurezza…
…che dimostra, assieme ad altre fonti, la discreta presenza di acqua nella zona. Che, come riferisce sempre lo studioso, nel piazzale antistante la chiesa ospitava fino al 1690 una grande fiera mercato, nel giorno 10 di agosto.
Il terreno è disseminato di cocci di ceramiche e tegole…
…e strutture contadine, che non saprei dire a quale periodo risalgono, visto che quella qui sopra è rivestita con l’intonaco a “bolo” che si usava nel ‘500.
L’unica traccia di San Lorenzo è rimasta questa edicola votiva che un residente in questa zona ha voluto ricordare per la sua antica devozione…
Le perlustrazioni del De Giorgi hanno censito un numero impressionante di menhir che sono andati distrutti (siamo attorno ai 60-70 monoliti). Uno di questi lo vediamo qui sopra, nella preziosissima raccolta che prende origine dall’infaticabile attività di Giuseppe Palumbo (1889-1959), scrittore e fotografo che per un cinquantennio ha dedicato il suo tempo e le sue energie a documentare la sua terra natale. Fotografie che oggi valgono il peso della Memoria.
Qui sopra siamo nei pressi di Giurdignano, davanti a quello che restava dell’antica abbazia di Centoporte. “Mi recai la prima volta a visitarla nel 1880. L’antica chiesa era di forma basilicale. Le pareti erano intonacate e dipinte a fresco. Il tetto era a due pioventi, come a Cerrate”. E poi riporta le sue enormi misure, per le quali vi rimando ad un altro approfondimento.
In parecchi paesi, negli anni ’50 del secolo scorso si abbatterono persino le chiese cittadine, come qui sopra, era il caso dell’antica chiesa di Santa Sofia, a Corsano, rifatta completamente dalle fondamenta.
“Sulla via che da Casamassella mena a Uggiano, nel fondo Giumentelle, si trova una piccola nicchia scavata in parte nel sabbione tufaceo e ricoperta da dieci grandi lastroni di pietra collocati a doppio piano inclinato, come nella Centopietre di Patù, con la quale ha molta affinità di struttura e di dimensioni. La raccomando all’attenzione degli archeologi, non essendo stata fin qui osservata e descritta da nessuno”. Queste parole mi hanno spinto a cercare questo sito, e credo di averlo individuato in queste foto…
…ma il totale abbandono e l’intrico della vegetazione mi ha permesso di scattare solo questa foto dell’ipogeo, che si trova sotto un enorme albero di fico. Accanto ha il banco tufaceo descritto dallo studioso, e la posizione fra Uggiano e Casamassella sembra quella giusta…
Mi ha dato una mano l’amico Raffaele Santo per elaborare un’ipotesi sul monumento scomparso…
…la parte ipogea della struttura esiste ancora…
…un luogo molto interessante, sul cui utilizzo si può solo fantasticare…
…sulle sue pareti ci sono diverse croci graffite…
…tutti i grossi lastroni citati dal De Giorgi potrebbero essere stati asportati successivamente, lavorati e adattati a copertura di piccoli edifici di uso agricolo… che come si vede dalla localizzazione sopra, non sono molto lontani…
…e li vediamo nelle foto successive.
Comunque, il sito presenta tanti aspetti ancora tutti da esplorare, in questo “abbandono” moderno…
L’aia resta muta e dimenticata anche lei, memore di un tempo in cui una comunità viveva e lavorava con essa. Memorie di un Salento che non vuole morire. E che cercherò presto di continuare a raccontare!
(Il disegno della torre di Taranto è tratto dai “Bozzetto di Viaggio”, Congedo Editore, di cui è anche la foto d’epoca della Centoporte. Le altre foto d’epoca me le hanno date le pro loco della zona, senza indicazioni sulla proprietà. L’ipogeo presso Casamassella è stato fotografato da Raffaele Santo).
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