Confesso che, pur essendo leccese, non conoscevo la figura di San Bernardino Realino fino a qualche anno fa. Fu un gesuita (Carpi, 1-12-1530 – Lecce, 2-7-1616), giunse a Napoli dopo i trent’anni, e lì maturò la vocazione di entrare nella Compagnia di Gesù, arrivando poi a Lecce, dove svolse il suo magistero che lo rese un faro per gli abitanti di questa città.
Poi incontrai un gesuita contemporaneo, padre Mario Marafioti, per me il suo ideale prosecutore (anche grazie all’attività con la fondamentale Comunità Emmanuel), attraverso cui si accesero i miei innati sensori della curiosità per la conoscenza, e così cominciai ad osservare meglio anche la chiesa, dove visse e operò San Bernardino.
Una chiesa sorta di fronte a Santa Croce, e per contrapposizione pare mostrare una facciata povera e semplice: la chiesa del Gesù.
Varcato il simbolo della Compagnia di Gesù, l’interno è spazioso, luminoso, ed anche fastosamente barocco, in qualche altare.
Questa fu la casa del Santo, che giunse a Lecce nel 1574, organizzando la costruzione della chiesa e poi occupando le piccole stanze sulla sinistra dell’altare maggiore….
…in cui posso entrare, grazie a padre Mario, per scattare qualche foto degli ambienti in cui visse, vedere la cappella privata e molti oggetti che gli appartennero.
San Bernardino fu un ragazzo buono e onesto, convinto che nella vita si potesse riuscire solo con l’impegno e l’onestà, grazie al padre poté studiare, e contemporaneamente frequentare una ragazza, che lui chiama Cloride. Un amore cavalleresco, pulito, fatto di attesa, nel frattempo che il ragazzo diventasse uomo e si fosse riuscito ad aprire una strada nella vita. Tuttavia, malgrado le sue eccellenti qualità, che gli fecero ottenere incarichi politico-amministrativi, e svolgere la professione di avvocato, non riuscì mai a “realizzarsi”…
Cloride morì a 28 anni, e tutti i suoi sogni andarono in fumo. Era anche per lei e il suo incoraggiamento che accettò di vivere e lavorare lontano da ella… ma la vita, quella vera, gli dimostrava quanto vane potessero essere le speranze da riporre in essa.
Qui sopra la sua famosa canna, a cui si appoggiava per camminare negli anni della vecchiaia, che tanti miracoli e prodigiose guarigioni (tutte documentate dalle fonti dell’epoca) ripetutamente fece accadere al suo tocco…
A Lecce, la popolazione, da lui definita “cortesissima”, gli si strinse attorno sin da subito. Non mancano gli episodi che i biografi hanno annotato. Come di quando vide passare un carretto, con sopra un condannato a morte. E’ un delinquente comune, un peccatore ostinato che ha rifiutato tutti i sacramenti. Pure non esita a saltare sul carretto per parlare a quell’uomo… che si vede controllare le ferite delle torture, e trattato umanamente, tanto che accetterà di confessarsi e di morire nella pace del Signore.
Epigrafi dell’epoca, e sotto, la sua veste.
Bernardino era austero con se stesso e generoso con gli altri, perciò chiedeva sempre ai fratelli se avessero bisogno di qualche cosa. Uno gli chiese un gilè di fustagno; si era in inverno e Bernardino disse: “E perché non di lana?”. L’altro rispose che gli sembrava costoso, al che Bernardino riprese: “Questo non è un problema vostro ma del superiore. Voi dovete solo dire ciò di cui avete bisogno”.
Questa è la cella dove, nel suo lettino, morì.
Il suo confessionale era sempre affollato: andavano piccoli e grandi, ricchi e poveri, nobili e gente del popolo, chierici e religiosi, leccesi e forestieri. Al fratello scriveva: “Qui ogni domenica pare una mezza Pasqua, tanta è la frequenza di uomini, donne e giovani ai sacramenti”.
Egli sa di avere una cultura universitaria, ma non la usa se non in modo marginale, per far vedere che ci sono motivi razionali che appoggiano le affermazioni della fede. Quando incontrava gente in difficoltà spirituale, egli applicò quella che era una profonda “tecnica” dei Gesuiti, quella di assegnare degli “esercizi spirituali”, delle meditazioni, che aiutassero la persona ad uscire dai lamenti del suo cuore.
Simpatico l’episodio del bambino di 5 anni “colpevole” di aver fatto la comunione: si era intrufolato fra i grandi, e il sacerdote, senza badare, aveva dato l’Eucaristia pure a lui. La mamma lo porta tutta preoccupata da Bernardino e gli racconta il fatto senza sapere che cosa fare; ma il nostro, tutto sorridente, la tranquillizza con queste disarmanti parole: “Potesse Bernardino comunicarsi così degnamente come ha fatto questo bambino!”.
Moltissimo si dedicò a sanare le famiglie leccesi, sia al loro interno, che quelle in rivalità da decenni. Capitò spesso che rappresentanti di opposte famiglie si scontravano (una volta proprio davanti alla chiesa del Gesù) in singolar tenzone, e subito si precipitava a porvi la pace. Fra i leccesi fece prosperare la pace e la serenità, con infaticabile costanza.
Quando era ormai in punto di morte, colpito da ictus e ormai incapacitato a parlare, i cittadini leccesi, col sindaco in testa, si recarono da lui due giorni di fila, per chiedergli se avesse accettato di continuare a proteggere la città, dopo la sua dipartita.
Alcuni scorci, dei fregi barocchi della sua chiesa…
Lo splendido altare della Madonna, di cui tante apparizioni ebbe in vita, secondo diverse fonti.
Lo splendido soffitto ligneo della chiesa e, sotto, il pellicano che sovrasta la facciata, l’uccello che si squarcia il petto per dar da mangiare ai suoi cuccioli (simbolo di Gesù).
Il 2016 ha celebrato l’anniversario numero 400 dalla morte di questo santo, e padre Mario Marafioti ne ha promosso il ricordo alla cittadinanza…
…un ricordo che, a dire la verità, non avverto “sentito” nei miei concittadini. Ma questo non importa, sono certo che l’umile sacerdote si sarebbe schernito…
…come recita il motto dei gesuiti… AD MAIOREM DEI GLORIAM… ciò che si fa in vita, dovrebbe essere soltanto «per la maggior gloria di Dio». Così concludo anch’io con questa frase, che si trova pure nella Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi, e cercherò di ricordarla a me stesso: “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio”.
Questo è un documentario che ripercorre l’arrivo a Lecce del futuro Santo nel 1574.
(grazie di cuore a padre Mario Marafioti, per la forza d’animo, la fede che ha infuso in me, e grazie anche a suo fratello Domenico, anche lui Gesuita, dal cui bellissimo libro sulla storia del Santo ho tratto gli aneddoti della sua biografia)
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