E’ uno dei monumenti più importanti, pregni di storia, ed insieme più dimenticati di tutta Terra d’Otranto, il convento di Santa Maria di Casole a Copertino. Posto fuori le mura, attorno alla chiesa restano ancora vistose tracce del convento che la circondavano, e che faceva parte del casale medievale noto appunto col nome di Casole. Le prime tracce scritte che citano questo casale ci riportano al 1274.
Oggi, dopo tanti secoli, incursioni turche ed infine abbandono, molto resta ancora di questo luogo, che merita una visita approfondita, e sopratutto l’attenzione di qualcuno che lo possa salvare dal decadimento.
Non è facile reperire dei libri che illustrino la storia di Casole, che abbraccia 1500 anni di vita, ma chi giunge a Copertino può rivolgersi a chi da sempre ha a cuore questo luogo, l’Associazione “Fra Silvestro da Copertino”, che ha portato alle stampe il lavoro di Cosimo Franco, che in una sintesi completa e appassionata ne ha fissato i tratti, i dati, e la poesia.
Il testo propone, fra le altre ricostruzioni, anche gli originali prospetti e le planimetrie del luogo, che è molto complesso ed esteso…
Allora usiamo proprio l’attacco di questo libro, per introdurci in questo viaggio nel cuore dell’arte, e della fede, come scopriremo più avanti…
Terra di boschi infiniti, di ulivi e di monumenti alla fede, di silenzi profondi e di rivoluzioni dell’anima. Questa vallata di Casole e della vicina Copertino alle origini parlava il linguaggio della meditazione e del raccoglimento. Qui vincevano i colori, dominavano le atmosfere, erano e sono tuttora le sacre distese di olivi che parlano e ci abbracciano a cui non è possibile resistere. E’ quasi commovente e naturale provare emozioni senza capire da dove provengano, comunicando senza proferir parola e sentirsi ricchi come non mai. I monaci di Casole lo compresero bene, prendendosi cura degli olivi e dell’ambiente circostante, stabilendo la regola fondamentale: chiunque avesse tagliato una pianta avrebbe subito una punizione divina…
La mancanza di documentazione circa le origini può essere supplita da altre inconfutabili prove: monete, vasi e reperti archeologici. Casole, come centro rurale, nacque nel III secolo. Nel 400 d.C. arrivò un gruppo di monaci bizantini, che qui si stanziò. Il toponimo di Casole (parola greca che significa casupole) era assai diffuso fra i monaci greci.
La chiesa originaria fu eretta fra 700 e 800 d.C. e si trovava dove oggi c’è il coro. Era il rifugio di monaci dediti alla trascrizione e alla traduzione di testi sacri e profani, e alla pittura di immagini sacre, le icone della tradizione bizantina.
Forse risale a quel periodo l’immagine (sopra) di cui oggi esiste solo una riproduzione, che un tempo era qui, sui muri dell’antica chiesetta.
Dopo la presa di Otranto del 1480, anche questo convento dovette subire l’assalto, ed essere danneggiato e abbandonato. A conferma di ciò, durante l’episcopato di Ludovico de Pennis, nell’inventario dei beni ecclesiastici della diocesi di Nardò, viene riportata una nota dove è scritto: “Bona Ecclesiae Sanctae Maria aeque est in Cassali Casularum“, come se volesse ricordare che il feudo di Casole era passato, dopo l’abbandono dei monaci sotto il diretto controllo dei vescovi di Nardò, che lo diedero ai Benedettini, i quali per più anni vi dimorarono, come si evince da alcune pitture di immagini ancora visibili ma rovinate del tutto nel lato nord del chiostro.
Per un certo periodo, la regola di San Benedetto, “ora et labora” (prega e lavora) portò un periodo di benessere e prosperità nel casale. Ma verso la fine del 1400 la Terra d’Otranto fu scossa dall’invasione dei Veneziani…
A ricordare l’evento è Angelo Tafuri, che così annota: “Quando si rinfrescarono li soldati ordinao lo signore Generali che andassero saccheggiando e mettendo sotto sopra tutti quelli luoghi vicini. Et così andarono alla Terra di Convertino, lontana da questa cettate miglia sette, et subito la pigliarono, et saccheggiarono tutte le case. Che quella povera gente andava fuggendo di qua et là pe la paura, che era na grande compassione vederli in campagna colli figli dormire allo scoverto, et mangiare per la fame erbe“. E il Muratori aggiunge: “…continuarono a fare tanta rovina tutto lo giorno et la notte senza niuna compassione, che gli Turchi et gli Saraceni non havriano havuto questo animo di fare tanto danno“.
Dopo l’abbandono, il convento fu occupato dai Francescani, e agli inizi del 1500 assunse la forma che vediamo attualmente. L’interno è spazioso, luminoso, con due navate laterali sormontate da bellissime volte affrescate. Purtroppo, molti di questi cicli pittorici sono in parte rovinati…
La fattura di queste pitture era veramente interessante…
Questo luogo è legato indissolubilmente alla figura di Frate Silvestro, per molti il padre spirituale di San Giuseppe da Copertino, che qui visse, operando miracoli che restarono a lungo nella memoria dei contemporanei e chi venne dopo. Sopra, lo vediamo in quello che era il suo prodigio ricorrente: spezzare il pane, mentre da esso fluiva il sangue che Silvestro lamentava fosse dei “poveri, e oppressi sfruttati”.
Il suo vero nome era Giovanni Paolo Calia (1581-1621). A 23 anni entrò nel convento dei Riformati di Casole, col nome di Silvestro. Il miracolo del pane accompagnò la sua breve esistenza. A Giuliano, ospite del notabile Pietro Panzera, riappacificò la madre di questi con una cugina, mentre spezzava questo pane. Il governatore di Castellaneta, uomo bruto e violento, vide anch’egli questo prodigio. Nei pressi di Napoli accadde di nuovo, mentre era ospite di un cavaliere amico del feudatario del posto: al rifiuto di mangiare del loro pane, rispose che era pieno del sangue dei poveri, e mentre diceva queste parole, prese uno di questi pani e stringendolo ne uscì tanto sangue da riempire un piatto.
Fra Silvestro aveva anche il dono della profezia, come dimostrò alla marchesa Dè Monti, che mentre ella era in fin di vita, il frate le disse che sarebbe guarita se avesse accettato in tutto e per tutto la volontà di Dio. La donna guarì veramente. Oppure come quando ammonì il governatore di Castellaneta di non tradire più la moglie con altre donne: alla risata del signorotto seguì a breve il colpo di pistola di Giovan Matteo Monaco di Montalbano, un mese dopo. I contemporanei di fra Silvestro raccontano delle sue capacità di bilocazione, della sua destrezza a placare gli animali. E lo stesso convento di Casole, era il luogo dove la Vergine Maria appariva a lui.
La chiesa è anche un “parco archeologico” da gustare in ogni angolo…
…stemmi nobiliari, ed altri reperti, si trovano riposti al suo interno.
Una meridiana…
Come detto, ogni angolo delle pareti, quasi, è intonacato e affrescato…
Sopra vediamo una delle immagini più rappresentative della vita di San Francesco d’Assisi, che fu visto in sogno dal Papa, con addosso alle sue spalle l’intero peso della Chiesa…
Fra le altre scene, altri momenti della sua vita, ma anche di quella di altri santi francescani…
Molti di questi affreschi, mi dicevano, potrebbero ancora essere recuperati, con un’auspicata opera di salvataggio.
Non poteva mancare Sant’Antonio da Padova…
E qui sopra arriviamo ad uno degli affreschi, secondo me, più meravigliosi della chiesa. Si trova dopo l’ingresso, sulla destra: una meravigliosa Madonna allattante…
Ma sono tante le opere di pregevole fattura…
Qui sopra si nota, infatti, un intervento di restauro in corso: i colori originari, mi dicevano appunto, si possono riportare alla luce in molte di queste opere.
Se per la chiesa la situazione è ancora recuperabile, molto si dovrebbe fare per i ruderi del convento, il suo chiostro, gli ambienti secondari, che sono rimasti quasi tutti senza la copertura…
Un lato di questa struttura conserva ancora, per quanto sembri incredibile, allo scoperto, molti affreschi!
Lo studioso d’arte Stefano Tanisi ha individuato l’autore di questi affreschi: Bernardino Greco (1648-1723), un pittore di Copertino.
Qui sopra vediamo il luogo dove avvenivano le apparizioni della Vergine, a frate Silvestro…
Fra gli altri angoli diruti, anche un simbolo graffito, quello della “triplice cinta”…
…un simbolo che spesso si associa ai Templari. Ma sul quale non ci può essere una spiegazione certa e definitiva.
Sul lato opposto della chiesa, la fiancata presenta alcuni particolari tipici dell’architettura romanica…
…e sopratutto, altri affreschi, anche questi posti allo scoperto, che andrebbero subito salvaguardati.
Da questo lato si intravede persino, siamo sempre all’esterno, un tratto del pavimento originale, dal gusto delicato, ed assai interessante…
Di fronte al complesso di Casole c’è in piedi ancora una cappella, nota come “Cappella della Crocifissione”, o “del Moro”…
L’affresco ormai è in via di distruzione. Sotto il Crocifisso, c’erano, oltre alla Madonna e a San Giovanni, due personaggi che potrebbero essere stati il committente ed il costruttore. Ed uno di questi era scuro, in volto, da qui il secondo nome.
Le ossa di Fra Silvestro erano ancora sepolte a Casole, finché nel 2003 furono trasportate nella Basilica di Santa Maria ad Nives, a Copertino (sopra)…
…ma il suo spirito dimora certamente ancora fra queste pietre, certamente pregando perché la sua antica dimora di orazioni e prodigi possa essere riportata ai tempi che visse, nella fede e nel lavoro, nell’armonia della natura circostante, con la speranza che essa poi possa coltivare altri figli di questa terra.
(che ringrazia gli amici dell’Associazione Fra Silvestro da Copertino, Cosimo Franco, ed il loro impegno per questo luogo di memoria storica, arte e fede)
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