Passeggiando come sempre col naso all’insù, alla ricerca di storie minime rimaste discretamente nascoste sui muri delle case del Salento, vado alla ricerca di immagini che possano trasportarmi qualche attimo fuori da questo mondo, camminando senza fretta fra i sentieri di un tempo, e di usi e costumi lontani, tendendo l’orecchio all’eco del suoni di certi scalpellini…
…quelli che hanno disegnato nella morbida pietra leccese una sterminata serie di piccole storie…
Alcune ve le avevo già raccontate, come quella del bassorilievo della foto qui sopra, a Parabita (vedi qui)…
…o i mostriciattoli della guglia di Soleto…
…oppure l’arco Lucchetti, a Corigliano d’Otranto.
Ci sono alcune storie che si ripetono, molto care agli artisti del Cinquecento. Una di queste è il duello di Davide contro Golia. Qui siamo a Lecce, e la ritroviamo in una bellissima formella attribuita a Gabriele Riccardi, posta all’interno di palazzo Giaconia…
…e qui sopra, poco lontano, sulla facciata della chiesa delle Scalze, in un clima di grande battaglia.
Le imprese militari hanno sempre trovato fortuna nelle raffigurazioni di questo tipo: qui sopra vediamo lo stemma di una casa nobiliare di Matino, del periodo della battaglia di Lepanto. Chissà se il suo proprietario non vi partecipò!…
Qui sopra siamo invece a Soleto, davanti ad un baldanzoso omaccione che ha attirato la mia curiosità. Ho chiesto al caro amico Francesco Manni, che mi ha scritto che ufficialmente l’ipotesi è che si tratti di un bassorilievo che racconta di un importante uomo d’armi di Soleto, che si chiamava Niceta Attanasio. Questi visse nel Cinquecento e combatté nella guerra delle Fiandre. Francesco dubita dell’ipotesi, in quanto se è vero che l’arco catalano-durazzesco sopra cui è posto é cinquecentesco, gli abiti della statua sono seicenteschi. Resta quindi un dubbio persistente, su questa figura…
Restando a Soleto, mi sono incantato davanti a questo camino, anch’esso di quegli anni, che reca una iscrizione che mi ricorda un grande mito dell’epica greca: “Io camino, senza danno alcuno, custodisco il dono di Prometeo”, recita. Proprio lui, il mitico immortale che donò il fuoco agli uomini!
Mi ha ricordato un altro camino, anch’esso per me emozionante, quello di casa di Girolamo Marciano, celebre esploratore del Salento seicentesco. Recitava così: “spesso da una scintilla si accende un grande fuoco”. Evidentemente, era prassi abbastanza comune che gli uomini che si raccoglievano attorno al fuoco nelle fredde sere invernali, sentissero il bisogno di un motto, da condividere e tramandare ai posteri.
Non tutti i segni, e le figure, sono facilmente interpretabili. E’ il caso del “sole radiante” di Castiglione d’Otranto, sopra, una formella in parte perduta, con due angeli seduti in trono, che racconta una storia forse perduta.
Fra gli sconosciuti personaggi seicenteschi che adornano i palazzi di ogni paese, mi ha sempre fatto sorridere l’uomo con gli occhiali. Qui sopra siamo all’interno del Convitto Palmieri, Lecce…
…qui, nell’atrio del palazzo ducale di San Cesario…
…qui sopra, nella piazza di Vernole…
…Santa Maria delle Grazie, a Castrì…
…ed infine a Lecce: una carrellata sorprendente, se si pensa che da non moltissimi anni, credo, furono inventati questi preziosi aiuti degli occhi di tanti uomini!
Il centro storico di Lecce offre una serie di immagini sterminata, di grande effetto, per via della morbidezza della sua pietra. Che certo avrà ispirato i suoi scalpellini a donne reali, nel realizzare meravigliose fanciulle come quella qui sopra. Certamente, una leccese autentica seicentesca!
La facciata laterale della chiesa di Santa Maria degli Angeli mostra una lunga serie di volti scolpiti nella pietra, eseguiti assai realisticamente. Nella parte non accessibile di questo lato, c’è anche il volto del diavolo, che, mi ha raccontato una persona che abitava la casa adiacente che, anni fa, quella testa diabolica si staccò, precipitando al suolo, e colpendo un bambino che giocava di sotto: miracolosamente, il bambino fu salvato e non riportò traumi.
Fra la serie sterminata degli stemmi nobiliari dei palazzi leccesi, mostro questo, in particolare, adornato con una misteriosa scacchiera.
I doccioni sono un elemento di straordinaria fantasia! Servivano a incanalare l’acqua piovana che proveniva dal tetto, essi provvedevano a mandarla giù per strada. Ma con quanta perizia sono sempre stati creati!
Tutti, volti mostruosi, deformati…
…di grande effetto, anche col contrasto di fondo col cielo…
Fantastico questo doccione-diavolo!
Interessante anche perché, pur mostrando figure immaginarie, ci sono dettagli, come ad esempio il taglio della barba, che lasciano intravedere uno scorcio di moda seicentesca!
Una carrellata che ne valeva la pena, vero?
Tra le figure mostruose, si incontrano anche quelle associate ad un’iscrizione latina che tendeva a scongiurare il male, in questo caso: “noli me tangere”, non mi toccare!
Fra gli stemmi curiosi, fenomenale anche questa immagine, con una mano che indica il mare ad un mostro marino…
…o questa, che mi ha fatto pensare a Caino e Abele…
…o ancora quest’altra, che conserva tutto l’amore per il mostruoso, che era tipico del medioevo!
I balconi leccesi sono un tripudio di immagini!
Mostrano la moda leccese, anche nel vestiario…
Ancora stemmi singolari: questa mano con una freccia spezzata…
…addirittura un camaleonte, nel Seicento leccese!
Questo palazzo, noto per essere considerato la casa di Sant’Oronzo, mostra invece altre due figure emblematiche…
…un angelo reggi corona (o qualcos’altro che non riesco proprio a identificare), visto da dietro…
…e la statua proprio del Santo! Una chicca, non molto nota nemmeno ai leccesi di oggi.
Lo splendore delle cariatidi di pietra leccese non viene intaccato dai secoli…
…lo scorrere del tempo mostra lo “scheletro” di queste donne immaginarie… anch’esso dorato, di pietra leccese…
Questo comignolo mostra invece dei simboli massonici, in un quartiere della città già associato a questo “mondo”, a cui erano affiliate diversi nobili del posto…
…chiudo il viaggio a colori di questa occasione, con il piccolo volto incastonato in una via oggi nota per la movida leccese: pare sia legato ad un’antica storia d’amore finita in tragedia, e che sia stato posto lì a memoria dello sfortunato amante rimasto solo. I ragazzi che ci passano di sotto, oggi, non credo se ne accorgeranno più, di storie simili.
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Molto interessante. A Monteroni di Lecce segnalo un doccione antropomorfo presso il palazzo del Seggio in Piazza, un simbolo che si potrebbe forse ricondurre ad una setta di qualche tipo in Via Putignano (portale di una casa a corte adiacente un antico palazzo sul finire del centro storico) e, più avanti, sulla stessa via, dopo la Chiesa dei Santi Medici, lo stemma araldico della nobile famiglia Carretti.
grazie mille per il commento!