Un territorio abitato da millenni come il Salento per forza di cose doveva lasciar traccia del passato dei suoi abitanti, anche dei loro riti funerari, che spesso hanno previsto una certosina opera di scavo e costruzione di strutture preposte alla accoglienza del corpo dei defunti. Una pratica che si discosta da quella invece in uso in varie zone del Mediterraneo e che prevedeva la cremazione e la dispersione delle ceneri.
In questa piccola rassegna faremo un giro, specialmente nelle campagne più isolate, alla ricerca di questi luoghi, ultimi testimoni della vita antica di Terra d’Otranto.
Qui siamo presso Cannole, all’interno di un oliveto noto come Puzzu de fore, dove l’archeologo Cristiano Donato Villani ha indagato questa opera in pietre a secco che parrebbe la classica pagghiara di queste campagne, e che invece al suo interno, scavato oltre un metro nel banco roccioso, ospita una sepoltura…
… all’esterno, da una raccolta in superficie, ha rilevato frammenti ceramici datati III-IV secolo d.C.
L’interno mostra, ancora ben visibile, la tomba rettangolare. Cristiano ha raccolto anche la testimonianza del proprietario del fondo, il cui padre, oltre 40 anni fa, nello svuotare l’ipogeo per renderlo fruibile come magazzino, ha inavvertitamente asportato lo scheletro della sepoltura…
Verso Otranto, nelle sue vallate dell’entroterra, si incontrano ambienti ancora più interessanti…
…qui siamo nell’ipogeo Torre Pinta, forse la struttura salentina più complessa del genere, che meriterebbe un analisi molto approfondita (e che prima o poi cercheremo di fare)…
…l’ipotesi più accreditata è che qui dentro si cremassero i defunti… ma gli archeologi non rinvennero mai reperti, di nessun genere. Forse perché quando fu ristrutturata nel XVII secolo ad uso colombaia, fu completamente “ripulita” del suo passato.
Non molto distante è un altro ipogeo, identico al precedente ma in versione più piccola, noto come “Santa Barbara”…
…al cui interno, sulla sinistra si nota ancora la tomba scavata nella roccia (vedi approfondimento).
Simile alla struttura di Cannole, c’è quest’altra “pagghiara”, ricavata sopra un ipogeo scavato nella roccia. Il suo fondo è però pieno di detriti, e servirebbe un’indagine archeologica (vedi in dettaglio).
Qui sopra siamo nei pressi di Specchia, dove fra i rovi e la vegetazione infestante si intravede, dopo aver attraversato un corridoio d’accesso scavato nella roccia, una struttura circolare alla quale è probabilmente crollata la volta: sulla sinistra si apre nel banco roccioso una piccola cella perfettamente circolare.
Qui sopra invece siamo probabilmente all’interno di una grande struttura funeraria della città messapica di Muro Leccese…
L’Ipogeo Palmieri è il grande sepolcro nascosto nel centro storico di Lecce, e che merita una visita approfondita.
Rudiae, la patria di Quinto Ennio, a due passi da Lecce, conserva una struttura simile, ma più piccola…
…mentre le tombe più spettacolari si trovano nella città spartana di Taranto: qui sopra ne vediamo una addirittura a quattro camere!
Anche la città messapica di Egnazia custodisce grandi strutture funerarie, a camera, che meritano una visita per la loro monumentalità.
Qui sopra siamo nelle campagne di Salve, nei pressi di una grande necropoli a tumuli risalente al III millennio a.C. dove le popolazioni eneolitiche costruirono queste strutture come luogo di culto e sepoltura.
Chiudiamo da Taranto, dalla grande necropoli sita in viale Marche (VI-IV secolo a.C.). Qui, oltre alle tombe a sarcofago scavate nella roccia e ricoperte da lastre sono state rinvenute otto tombe a camera, due delle quali costruite interamente da blocchi di carparo. Un’altra testimonianza del grande culto dei morti che fin dall’antichità si perpetuò per secoli in Terra d’Otranto, con varie forme, fino alla nascita dei moderni cimiteri in età Napoleonica.
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