La Città madre dei Messapi.
ENGLISH TEXT AT THE BOTTOM.
Erotodo, il “padre della Storia”, scriveva più di 400 anni prima di Cristo dell’antica Hyria, la città madre dei Messapi, che secondo la leggenda
un gruppo di Cretesi che attraversavano lo Jonio per navigare verso la Sicilia, fondarono, sul promontorio di Leuca, dopo essere stati sbattuti sugli scogli da una tempesta. Secondo diversi studiosi, Hyria sarebbe la città che i Romani chiamavano Veretum, nota in tutta l’antichità per le sue poderose mura, che forse superavano i 4 km di lunghezza, ed il porto, che si affacciava sulla baia di San Gregorio, e di cui oggi si può notare solo poche strutture…
L’antica città sorgeva in una posizione dominante, sfiorando i 150 metri sul livello del mare, e teneva d’occhio tutto il promontorio di Leuca, sorvegliando il mare nel tratto più strategico.
Gli scavi archeologici a Vereto furono condotti tra luglio e dicembre 2005 dagli archeologi di Akra Iapygia per conto della Soprintendenza Archeologica della Puglia. Gli archeologi hanno scavato alle fondamenta una parte del tracciato delle mura cittadine, spesso circa 4 metri, costruito con grossi blocchi monolitici e risalente al IV-III secolo a.C.
Oggi è visibile solo la prima linea di mura, quella che emerge dal suolo. Nel corso dei secoli la grande muraglia è stata letteralmente smontata per costruire la nuova cittadina nel Medioevo, posta giù dalla collina, l’attuale Patù, dove si possono pure riconoscere alcuni di questi blocchi nella “centopietre”… (foto sotto)…
…oppure nella chiesa di San Giovanni (foto sotto)…
…si notano i blocchi nella prima linea di costruzione, partendo da sotto, ma sopratutto dando uno sguardo all’interno della chiesa (foto sotto).
Il tratto delle mura antiche divenne successivamente una sorta di strada, molto usata nella zona, per via del dislivello del suolo che non consentiva una facile viabilità…
I fori che vediamo sui blocchi pare che siano dovuti a semplici meccanismi geologici, e comunque non erano i blocchi di migliore qualità, per questo furono posti alla base.
La bellezza di questa collina silenziosa rapisce il cuore del visitatore. Tuttavia, per cercare altre tracce del passato dell’antica Vereto, dobbiamo entrare a Patù, in casa di Don Liborio Romano, controverso ma genuino personaggio del Risorgimento Italiano, nato qui, e di cui ci occuperemo senz’altro in un prossimo viaggio. Nella sua casa è stato allestito un piccolo Museo con i reperti che provengono da quest’area.
Sopra, un cinturone in lamina di bronzo con tripla coppia di agganci a forma di “cicala”. Vereto, prima metà del IV secolo a.C.
Sopra, tappi d’anfora in argilla, di produzione africana. Località Mariane, Vereto. II-III secolo d. C.
Sopra, nella parte superiore, due frammenti di puntale d’anfora di produzione africana (II-IV secolo d.C.), in basso un frammento di orlo di anfora di tipo tarantino (II-IV secolo d.C.).
Sopra, cippo funerario frammentario per individuo morto all’età di 19 anni (III-IV secolo d.C.).
Sopra e sotto, uno stupendo cratere a campana apulo a figure rosse, datato attorno alla metà del IV secolo a.C.
Sopra, frammenti di superfici pavimentali di età romano-imperiale. Sotto, dei chiodi del II secolo d.C. mentre la chiave risale al XII secolo d.C.
Presto potranno arrivare dal Museo di Taranto altri reperti di Vereto e arricchire così la collezione di questo paese, Patù, che consiglio vivamente ai viaggiatori di venire a conoscere. Un Borgo ricco di storia e bellezza, pace e natura!
I testi dei pannelli descrittivi del parco archeologico e del museo sono di M. Sammarco (Università del Salento), realizzati da Akra Iapygia.
© Questo sito web non ha scopo di lucro, non userà mai banner pubblicitari, si basa solo sul mio impegno personale e su alcuni reportage che mi donano gli amici, tutti i costi vivi sono a mio carico (spostamenti fra le città del territorio salentino e italiano, spese di gestione del sito e del dominio). Se lo avete apprezzato e ritenete di potermi dare una mano a produrre sempre nuovi reportage, mi farà piacere se acquisterete i miei romanzi (trovate i titoli a questa pagina). Tutto ciò che compare sul sito, soprattutto le immagini, non può essere usato in altri contesti che non abbiano altro scopo se non quello gratuito di diffusione di storia, arte e cultura. Come dice la Legge Franceschini, le immagini dei Beni Culturali possono essere divulgate, purché il contenitore non abbia fini commerciali. I diritti dei beni ecclesiastici sono delle varie parrocchie, e le foto presenti in questo sito sono sempre state scattate dopo permesso verbale, e in generale sono tutte marchiate col logo di questo sito unicamente per impedire che esse finiscano scaricate (come da me spesso scoperto) e utilizzate su altri siti o riviste a carattere commerciale. Per quanto riguarda le foto scattate in campagne e masserie abbandonate, se qualche proprietario ne riscontra qualcuna che ritiene di voler cancellare da questo blog (laddove non c’erano cartelli o muri che distinguessero terreno pubblico da quello privato, non ce ne siamo accorti) è pregato (come chiunque altro voglia segnalare rettifiche) di contattarci alla mail info@salentoacolory.it
Alessandro, bravo, a te e Mariangela Sammarco. Proprio in questi giorni, con la dottoressa Sammarco, stiamo riorganizzando il museo archeologico di Patù nel palazzo Romano. Allo stesso tempo, sempre nel palazzo, l’associazione don Liborio Romano sta allestendo uno spazio, con documenti e libri relativi a Liborio Romano, Ministro degli Interni e Prefetto di polizia, a Napoli, 1860 Unità d’Italia. Per chi vuole saperne di più, http://www.donliborioromano.it. Buon lavoro Alessandro.