Un viaggio nel tavoliere non può prescindere da una visita a San Pancrazio Salentino. Il suo nome deriva dal nome del santo martire, patrono del paese, a cui era dedicata una chiesetta attorno alla quale sorse il primo casale fra X e XI secolo. L’attributo “Salentino” è stato aggiunto solo in seguito, nel 1862, per distinguere il comune da San Pancrazio Parmese.
La chiesa Matrice, dedicata al patrono e a San Francesco d’Assisi, si trova al centro del paese e risale agli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia.
La statua del Santo spicca su tutto…
…ma vi è anche qualche bella tela.
Il primo nucleo insediativo nel territorio, in assoluto, risale al periodo messapico, come dimostrano i ritrovamenti archeologici e in contrada Li Castelli, a 1,5 km a est dal paese. In quest’ultima area sono stati ritrovati resti di un villaggio di capanne risalente all’VIII secolo a.C., e poi da abitazioni più complesse, verso la fine del VI secolo a.C. Un forte processo di sviluppo urbanistico, alla fine del IV secolo a.C. portò poi alla nascita di un notevole centro fortificato. L’area venne abbandonata verso la fine del I secolo d.C. e utilizzata, con l’arrivo dei Romani, come campo di sosta e avamposto militare.
In queste immagini vediamo il sito, situato in un avvallamento del terreno, soggetto ad allagamenti in caso di forti piogge…
…e che conserva tutto il fascino di una città millenaria, con i suoi resti murari, i perimetri di abitazioni…
…che nel corso della mia visita mi ha fatto pensare all’abitato di un’altra città messapica, quella di Cavallino.
Qui sopra, un pozzo, collegato alla falda, che serviva all’antica città.
La città, come San Pancrazio oggi, era posta in posizione favorevolissima per le vie di comunicazioni sul territorio…
…a testimonianza di ciò resta una grande arteria carraia, sulla via che porta verso Torre Santa Susanna (foto sopra). Una strada che grazie all’opera di tutela svolta dall’archeologo Christian Napolitano non è stata inglobata e cancellata dal sorgere del vicino campo fotovoltaico.
In paese, il monumento più antico è la chiesa di Sant’Antonio di Padova…
…il cui primo nucleo risale all’XI secolo.
Al suo interno si trova uno straordinario affresco che racconta una sanguinosa incursione dei Turchi nel 1547, guidata dal rinnegato salentino Cria, che in un primo momento aveva guidato i predoni a fare saccheggio verso Avetrana, razzia poi deviata proprio qui a San Pancrazio. Gli abitanti furono quasi tutti catturati e deportati come schiavi in Turchia. I superstiti riuscirono a catturare il Cria, che, come si vede nell’affresco, dal vivido potere realistico, fu legato ad un albero e fatto a pezzi. Ma per approfondire questa storia vi rimando ad un apposito reportage.
Nella chiesa vi sono altri affreschi, però molto rimaneggiati. L’unico che ancora si può in gran parte apprezzare (posto sopra un bellissimo fonte battesimale) raffigura la scena in cui viene raffigurata la morte della Vergine e la successiva assunzione in cielo.
Si vedono gli apostoli stretti intorno al corpo della Vergine…
…e forse frammenti dei vangeli apocrifi.
Sulla stessa parete si intuiscono altre scene, ma sono solo frammenti, di cui è molto difficile ricostruire il significato…
…molto intriganti sono questi simboli qui sopra, come un dado, che restituiscono ancora più fascino agli occhi del visitatore.
La chiesa ha pure una piccola sacrestia, con un bel lavabo…
…ed un’iscrizione cinquecentesca.
Fuori città, in località Masseria Torrevecchia, si trova la cosiddetta Grotta dell’Angelo o di Sant’Angelo, a cui si accede mediante sette scalini scavati nella roccia.
L’aula, di forma ovale, è centrata da un poderoso pilastro atto a sostenere la volta, oggi in parte crollata, su cui si possono osservare tracce dell’antico apparato pittorico,che doveva essere di grande suggestione, come testimonia l’affresco raffigurante San Vito martire, sulla parete di sinistra accanto all’ingresso.
La chiesa fu verosimilmente realizzata in epoca alto medioevale, forse sul sito di una più antica tomba a camera. Per sfuggire alle persecuzioni di Leone III l’Isaurico, artefice del famoso decreto contro il culto delle immagini, i monaci abbandonando l’Oriente, raggiunsero la Terra d’Otranto e scavando la morbida roccia tufacea trovarono rifugio e luogo di culto. Col passar del tempo, bonificarono le terre incolte e diffusero il modello delle masserie quale centro agricolo autosufficiente. La presenza della cripta testimonia l’epoca remota di costruzione della antica masseria oggi ristrutturata in agriturismo.
Anche con questi pochi resti, la cripta ha conservato un fascino assoluto!
Proseguiamo nelle campagne di San Pancrazio Salentino!
Il territorio, ricolmo di roccia affiorante, è stato abitato, colonizzato e lavorato per ottenere tutto ciò che serviva alla sopravvivenza, in primo luogo cisterne per la raccolta delle acque piovane.
Si trovano ovunque tombe, che grazie alla loro conformazione possiamo ascrivere al periodo medievale.
Siamo presso Masseria Caragnuli, nell’omonima contrada.
Qui esiste forse la più grande cisterna che ho mai visto in tutti i miei viaggi in Terra d’Otranto… qui sopra l’interno…
…e qui sopra l’esterno, lungo una ventina di metri!
Sorprende vederla così lontana dalla masseria…
…in luogo così isolato.
Avvicinandosi alla masseria, sembra di vedere una grande strada scavata nella roccia…
…tutto il panorama circostante è un paesaggio della pietra, cavato per chissà quanto tempo nei secoli scorsi!
In mezzo alla cava resistono alcuni ambienti ricavati nella roccia.
Ce n’è ovunque…
…e servivano a vari utilizzi per la comunità che qui viveva.
Qui è l’altra zona dedicata a necropoli…
…sempre periodo medievale.
Qui sopra, siamo nei pressi di un altro sito emblematico per la storia di San Pancrazio Salentino: è noto come il molino medievale…
… si tratta di un altro, grande ambiente ricavato nella roccia: forse un frantoio per le olive, forse un molino per macinare farina, molte ipotesi ho sentito su questo luogo, ma credo che meriterebbe uno studio molto approfondito e magari uno scavo archeologico.
Conserva tutte le peculiarità di un insediamento rupestre.
Una croce incisa resta a ricordo dei devoti che lo abitarono.
Forse parte della sua volta crollò, ma non sono riuscito a rintracciare fonti che attestino notizie.
Qui, siamo all’interno della chiesa di Sant’Antonio alla Macchia, situata molto fuori il paese…
…nei cui sotterranei si conserva la sua antica cripta, di cui purtroppo gli affreschi sono ormai quasi del tutto scomparsi.
Le amene campagne del paese sono punteggiate da piccole chiesette rurali…
…che fanno capire, dai tempi delle cripte rupestri, per quanti secoli gli abitanti di San Pancrazio hanno vissuto, amato, combattuto, in questo piccolo centro nel cuore del tavoliere salentino.
(Grazie agli amici Livio Greco e Antonella Fontana, che mi hanno fatto conoscere questa piccola grande realtà di un borgo che merita di essere conosciuto da tutti!)
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