Machu Picchu (“vecchia montagna”), un nome una leggenda, per storici, archeologi o semplici amanti di natura e avventura! E’ il grande sito archeologico situato in Perù, sopra uno scenografico dosso, posto fra le cime del Machu Picchu e il Wayna Picchu, a strapiombo sulla vertiginosa gola del fiume Urubamba, 400 metri più in basso. Una leggenda sfuggita ai conquistatori spagnoli.
L’ultima città del grande Impero Inca, fu poi abbandonata anche dai suoi abitanti, e dimenticata per centinaia di anni, finché l’archeologo Hiram Bingham vi si imbatté nel 1911 cercando la misteriosa Vilcabamba, dove secondo la tradizione si sarebbero rifugiati gli ultimi indios sfuggiti agli Europei.
Un sogno di molta gente, poter visitare questo luogo incredibile! Che probabilmente nemmeno io potrò coronare di persona. Ma grazie agli amici Moreno Giancane e Pauli Vital che ci sono invece stati, potrò comunque vivere virtualmente insieme al lettore questa grande avventura.
Questa gola si trova esattamente fra le Ande e la foresta amazzonica, e fu popolata sin da tempi antichi da popolazioni provenienti dalle aree di Vilcabamba e della Valle Sacra (Cusco), probabilmente alla ricerca di nuovi territori agricoli. Gli archeologi dicono che, infatti, l’agricoltura era praticata nella zona già dal 760 a.C. Le grandi terrazze che erano coltivate a mais sono visibili ancora oggi!
Probabilmente, la città fu costruita intorno al 1440 d.C. e la sua posizione fu tenuta accuratamente nascosta. Per questo, una volta abbandonata, la sua ubicazione rimase sconosciuta per quattro secoli, creando così la sua leggenda. Alcuni studiosi affermano che non si trattava di una normale città, quanto di una sorta di residenza estiva nobiliare. Si calcola che non più di 750 persone alla volta potessero risiedere a Machu Picchu.
Pauli ci invita a seguirla in questa storia!
Certo, guardarsi attorno da queste cime deve lasciare dentro un bel pò di sensazioni!
Si possono ammirare anche esemplari di fauna autoctona…
…che certamente erano ben familiari agli antichi Inca!
Il suo scopritore, Bingham, compì parecchi altri viaggi quassù, ed eseguì scavi fino al 1915, e solo più tardi si rese conto dell’importanza della sua scoperta e si convinse che Machu Picchu era quella che lui chiamava Vilcabamba. Di ritorno dalle sue ricerche, scrisse parecchi articoli e libri su Machu Picchu: il più conosciuto fu La città perduta degli Inca. Paradossalmente Vilcabamba non era Machu Picchu: l’ultima capitale era a Espíritu Pampa: nascosta nella giungla, a poche centinaia di metri da dove era arrivato lui durante le sue ricerche!
Nei volti degli abitanti attuali della regione non è difficile scorgere i tratti degli antichi costruttori.
La zona archeologica è accessibile sia tramite i sentieri incaici che vi conducono, sia utilizzando la strada Hiram Bingham (che risale il pendio del Machu Picchu dalla stazione ferroviaria di Puente Ruinas, ubicata in fondo alla gola).
Sopra e sotto, alcuni scorci dei vari quartieri della città. Pare fossero divisi per occupazioni. In alcuni si svolgevano importanti produzioni tessili, ed erano coperti da una intelaiatura di legno, su cui era posta una copertura in erba, legata ai pioli litici che spuntavano all’esterno della muratura.
In un altro quartiere sono stati rinvenuti alcuni mortai litici che probabilmente servivano alla preparazione dei pigmenti per la colorazione dei tessuti.
Gli Inca erano sorprendentemente efficaci nella realizzazione dei terrazzamenti, nell’arte di strappare la terra alla montagna, laddove tutto sarebbe obliquo e ripido!
Ma erano anche prodigiosi nello sfruttare la conformazione delle rocce naturali, incastrando ad esse le costruzioni!
Uno degli accessi più belli e perfetti! I blocchi di pietra erano accostati con grande perizia tecnica!
Oltre ai vari quartieri per le produzioni artigianali (fra cui non mancava la ceramica), c’erano anche le strutture sacre, i templi…
Magnifica veduta da una finestra panoramica!
L’Intihuatana, e il suo celebre “osservatorio”. Come tante popolazioni antiche, anche gli Inca tenevano in grande considerazione l’osservazione del cielo, delle stelle, dei fenomeni astronomici.
Qui sopra, vista del complesso 9 o de las Tres Portadas sobre, tre livelli di terrazzamenti, visti dalla piazza principale.
Nella parte alta della città si trovano i monumenti più importanti, fra cui un torrione semicircolare, e un interessante sistema di canalizzazione delle acque, che lascerebbe pensare ad un culto per l’acqua stessa.
Senza fiato, eh? Anche io, sebbene non sia mai giunto qui, a 2430 metri sul livello del mare!
Non posso che ringraziare Moreno e Pauli, per aver condiviso le loro fotografie…
…ed un pensiero va anche allo scopritore, di questo luogo incredibile…
…possiamo solo immaginare la sua meraviglia, quando se lo vide davanti la prima volta!
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