Cookie Consent by Free Privacy Policy Generator website Viaggio nel Piccolo Salento Antico

Viaggio nel Piccolo Salento Antico

Parafrasando il romanzo di Antonio Fogazzaro, spesso me ne vado per i campi, alla ricerca delle tracce di una terra vissuta, oggi in parte dimenticata, ma il cui fascino semplice mi porto dentro imperituro dall’infanzia. Tracce di comunità dal vivere laborioso, in armonia con la natura, in una terra a volte arida e aspra, ma che ha sempre ricambiato l’amore dei suoi contadini.

Antiche sapienze, abitudini, usi, riti di un tempo lontano, che legavano gli uomini alla terra, alle sue piante, gli animali, persino gli insetti. Il Salento è una terra “piccola”, eppure al suo interno c’è una straordinaria varietà floreale, che non teme paragoni nell’areale mediterraneo. Questo generò per tanto tempo l’economia legata agli alveari…

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…vi erano moltissimi apiari, in svariate masserie disseminate in tutta la Terra d’Otranto…

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…oggi, quelli “storici” sono ormai abbandonati, se ne trovano ancora negli insediamenti cinquecenteschi, finiti poi dimenticati col secolo scorso…

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…e solo qualche “massaro” illuminato contemporaneo, ne ha conservato la coltivazione.

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Le api hanno sempre trovato, come si diceva, il terreno fertile. Grazie alle foto di Daniela Greco, facciamo un piccolo e prezioso reportage delle orchidee nostrane: il paradiso degli insetti ci viene così svelato!

2 Ophrys-incubacea-Bianca-ex-Tod.

3 Ophrys-lutea-Cav.

4 Orchis-morio-L.

5 Orchis-papilionacea-L.

Sono solo cinque, delle decine e decine di specie di orchidee salentine, l’elenco potrebbe durare molto a lungo! E’ bastato per farci rendere conto della bellezza e la varietà di questo splendido fiore!

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Il rapporto insetto-pianta-coltivatore non è l’unico, però, nella tradizione salentina. Qui sopra vediamo dei gelsi, che ci riportano ad un’altra grande esperienza di questa terra, la produzione dei bachi da seta…

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…qui vediamo il ciclo di questi insetti, ghiottissimi appunto delle foglie di gelso: dalle microscopiche uova, allo schiudersi della farfalla…

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…passando dalle sue varie fasi…

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…fino al bozzolo, creato dall’insetto, la preziosissima seta…

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Al Museo della Civiltà Contadina e delle Tradizioni Popolari del Salento, sito in Tuglie, alcuni appassionati stanno riportando in auge questa coltivazione, ed hanno trovato anche dei documenti, che ne attestano l’utilizzo ancora fino alla fine del XIX secolo…

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Sono gli appassionati, quelli che stanno facendo tornare a vivere le antiche tradizioni agricole di questa terra…

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… come quelli che nelle campagne a nord di Lecce stanno riportando in auge la coltura dello zafferano, un prodotto di cui si stava ormai perdendo la pratica, nonostante il notevole pregio che vanta nelle nostre cucine.

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Il fiore è di una bellezza poetica, e tale è anche la sua raccolta, in quanto frutto di una pazienza dai tempi dilatati, che riporta il contadino a ritmi che non fanno più parte della vita contemporanea. Un valore aggiunto, scaturito da questa impresa, che concorre ad accrescere la soddisfazione di questo antico prodotto oltre ogni dire.

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La pianta non necessita di irrigazione, si accontenta delle magre piogge di Terra d’Otranto, richiede soltanto un aiuto nel diserbare le infestanti che le crescono intorno. E quando, come in questo caso, la coltivazione è fatta in termini completamente biologici, il diserbo avviene del tutto… a mano!

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Ma la soddisfazione è grande, nel vedere il cestino riempirsi…

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…e sopratutto il vasetto rosso fiammante dello zafferano pronto all’uso! Consiglio a tutti gli interessati di seguire questi ragazzi sulla loro pagina Facebook.

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Continuo il mio viaggio rurale! Presenza rara in Salento, perché ostinatamente osteggiata, la cosiddetta spurchia, un termine che si traduce semplicemente con “sfortuna”: una pianta che cresceva quasi come un parassita in mezzo ai legumi, sopratutto le fave, mandando in bestia i contadini perché avrebbe rovinato loro il raccolto…

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…in realtà, è una pianta commestibile, ed ho personalmente incontrato qualcuno che la cucina, fritta, come una leccornia. Ed ho parlato anche con qualcun’altro che mi riferisce pure che nel barese, invece, la spurchia è coltivata, e paradossalmente frutta molto di più dei legumi!

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Da queste parti diciamo che sono più “tradizionalisti”: da sempre, con la mente ed il cuore, alle olive…

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L’oro verde di questa terra, letteralmente sfamata per secoli da questo frutto, che durante i secoli XV-XVI fornì questo prodotto alle corti di mezza Europa, che lo usava come carburante per l’illuminazione. Testimoni di questa lunga storia sono gli olivi giganti del Salento.

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Gallipoli era il porto da cui partivano incessantemente le navi da carico. Per un’amaro contraccolpo della Storia, da Gallipoli arrivò la ricchezza, un tempo, e negli ultimi anni invece è arrivata la rovina degli alberi d’olivo del Salento, attaccati dal batterio xylella…

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…una “guerra” per la sopravvivenza con la quale gli agricoltori stanno gagliardamente combattendo, per fermare il disseccamento che colpisce gli oliveti. E conoscendo questa gente, sono certo che la vittoria gli arriderà.

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All’ombra degli olivi, quante volte vediamo il prato rosso dei papaveri…

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…un fiore da cui le nostre nonne ricavavano infusi per… tenere “tranquilli” i bambini! Una tisana che col tempo è caduta in disuso.

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Questa qui sopra invece è la pianta di cappero. Cresce fra le pietre, arrampicata sulle rocce, è bella ed elegante…

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…il suo fiore è molto bello e appariscente. I capperi non mancavano mai sulla tavola dei salentini.

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Le more, altro frutto selvatico, dal sapore dolciastro, che chiunque frequenti le campagne ha assaggiato, almeno una volta!

pianta di acanto

Questa qui sopra, invece, non la conoscono in molti, ma la sua rappresentazione barocca è un’icona, sopratutto in questa terra: si tratta della pianta di acanto! La chiesa di Santa Croce a Lecce è solo un esempio: tutta la Terra d’Otranto, sui capitelli delle sue chiese, ha le sue foglie di acanto scolpite nella pietra leccese!

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Il cece nero di Zollino è una delle coltivazioni autoctone più caratteristiche…

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…sfruttate secolarmente dalle masserie di questa terra…

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…dove non mancavano mai i melograni…

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…e il grano, sopratutto le varietà antiche, come il “Senatore Cappelli”, oggi quasi soppiantato per stupide ragioni economiche, che mettono avanti alla qualità del cibo il guadagno da realizzare. Per fortuna, qualche coltivatore illuminato è rimasto, anche per questo grano.

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Più raro il granoturco, ma ugualmente apprezzato.

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Nel sottobosco si incontra ogni sorta di specie, alcune a me completamente sconosciute, come questa qui sopra…

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…e poi, funghi, di ogni genere, commestibili e non…

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…gli immancabili fichi, cibo prelibato per i contadini, che lo facevano anche seccare, per poterlo portare in tasca durante la loro pesante giornata di lavoro: la sua carica di energia avrebbe fatto far loro il pieno!

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E poi i fichi d’india, altra prelibata specialità selvatica. Qui sopra condivido una pala dell’amico Luciano Faggiano, che ne ha trovata una da record!

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Che poesia, le ciliegie!

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Meraviglia dolcissima, molto prelibata, usata anche per fare la marmellata…

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…partecipare ad un raccolto di ciliegie è un’esperienza da provare!

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Si ritorna “bambini”, e poi come si dice: una tira l’altra, è proprio vero!

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Per chi ama andare per masserie, quelle che ancora svolgono la loro secolare funzione, una ricreazione creativa lo attende.

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Qui sopra è un fiore a campanella molto diffuso nelle nostre campagne, la ipomoea. Personalmente l’ho piantato nel mio giardino, ma in parte mi sono pentito: è letteralmente infestante, cammina strisciando per metri e metri, ed ogni 20 cm mette nuove radici, cosicché puoi anche estirpare la pianta principale che essa non morirà più. Praticamente immortale! La bellezza ha il suo prezzo, da queste parti…

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Il viaggio rischia di diventare davvero molto lungo…

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…il paesaggio merita un’occhiata approfondita ogni dove!…

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…mi fermo davanti ad una vecchia quercia, in territorio di Campi Salentina. Sicuramente fa parte dell’antica foresta oritana (oggi non più esistente), che partiva dal brindisino per attraversare il nord leccese e finire verso Otranto. Un panorama che rendeva questa terra, da questo punto di vista, simile alla sponda opposta dei Balcani. Ma questa delle querce è un’altra storia! 

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